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Ventisette anni di spoiler.
“Brace d’inverno
i capelli tuoi
dove il mio cuore
brucia.”
1990.
Sull’onda del successo letterario esce, come film TV in due puntate, la trasposizione paracinematografica del libro “IT”.
La mia generazione aveva allora esattamente l’età dei protagonisti… o comunque era in zona.
Tengo a precisare di essere scarsamente entusiasta del lavoro di Stephen King in quanto scrittore. Sono sempre convinto che Clive Barker lo asfalti completamente pur muovendosi in un campo simile, eppure devo ammettere che con “IT” l’autore abbia centrato alcuni punti geniali della psiche e dell’immaginario umano, almeno del mondo occidentale.
Quindi ero, allora, tra l’incudine ed il martello.
Da pochi anni non passavo le notti in bianco nel terrore incontrollato di chissà-quale-mostro-presenza-mistero-minaccia-incombente.
La paura l’avevo cucita, anzi tatuata, sulla pelle rosea di bambino fin dalla più tenera infanzia.
Ancora oggi non saprei dire se alcune cose io le abbia viste e sentite davvero o siano state solo strane suggestioni infantili. Eppure quel terrore me lo ricordo.
Una paralizzante (stanno stretti…) impotenza e la certezza di una minaccia alla quale nessuno avrebbe creduto, tra gli adulti.
L’inquietante pagliaccio Pennywyse (che tutti gli illetterati dell’originale cartaceo scambieranno per la vera forma del “mostro”, ma col cazzo…) era un pò la materializzazione di questo terrore riservato solo ai più giovani.
Nella versione televisiva venne interpretato da un sempre immenso Tim Curry.
Un mostro molto sopra le righe, più invasivo e tormentoso che realmente sinistro. Magistralmente caratterizzato dall’attore, ma in definitiva… io ero molto più terrorizzato dall’esame di terza media.
Non mi faceva alcuna paura, quel clown; al massimo mi spingeva (..sotto i letti..) ad una certa simpatia tra mostri, con quel suo modo grottesco di sbeffeggiare le vittime per mortificarle in vita, prima di cibarsene.
Ma fin da subito adorai l’approccio Kinghiano all’amicizia tra adolescenti, uno dei suoi temi più ricorrenti e forse il più immenso tra quelli trattati, già conosciuto in altra trasposizione cinematografica, seria e ottimamente realizzata: “Stand By me”.
In effetti la prima parte di quella trasposizione funzionava proprio grazie ai ragazzi ed al loro rapporto con la paura. La paura dell’ignoto e del sovrannaturale, ma soprattuto la paura del mondo che li circondava, quello reale. Un mondo di violenze, falsità, crudeltà e grigiore che gareggiava anzichè opporsi ai mostri dell’immaginario e delle dimensioni confinanti.
Non avevo ancora letto il libro all’epoca. Non sapevo quanto monumentale e prolissa (..sette spettri..) fosse la fonte primaria di quella storia, non sapevo ancora chi o cosa fosse IT e quanto l’autore si potesse essere spinto in territori scabrosi per descrivere quell’estate degli ’50.
Se non avessi letto, in seguito, il libro non l’avrei saputo, perchè la trasposizione televisiva non restituiva questi elementi. Però avevo tra i tredici ed i quattordici anni ed ero indubitabilmente un perdente. Avevo già anche altri amici perdenti, come me, anche se in maniera differente, ed almeno con uno di essi andavo allegramente a caccia di fantasmi, demoni e sapienze esoteriche.
C’ero dentro fino al collo. Ero Ben Hanscom (…a denti stretti.).
Ora sembra tutto molto lontano. No non sono dimagrito e diventato figo come Ben, nemmeno un pò.
Ma grazie ad IT avrei trovato la mia Beverly, qualche anno più tardi.
Galeotto fu il libro e chi lo scrisse, per noi. Per anni continuammo ad inviaci lettere infuocate firmando come Ben e Bev.
Lei bella e maschiaccia, io grasso e poetico.
Quel libro, in qualche modo, non fu importante nella mia adolescenza: fu FONDAMENTALE.
Ma un mostro molto più insidioso ed imbattibile di noi alla fine ci prese anche l’amore.
Era la quotidianità. Eravamo cresciuti.
L’unica arma che avevano i ragazzini del romanzo era il loro spirito candido in grado di concretizzare tanto le paure quanto i poteri difensivi. Era lo spirito di gruppo e quello strano ed insondabile incantesimo che si crea solo in quell’età di esplorazioni e mutamenti, che faceva dei perdenti una forza di opposizione capace di bloccare persino gli appetiti di una semidivinità famelica.
L’unica arma che tutti siamo destinati a perdere, convinti di svilupparne di migliori.
Ma il mostro ha pazienza. Può attendere che tu cresca. Può rintanarsi e osservarti silenziosamente.
Non sospettavo certo che esattamente ventisette anni dopo IT sarebbe tornato….
Come nel libro. Da brividi.
2017
Il tempo è passato inesorabile e senza alcuna concessione o digressione memorabile, nei ventisette anni in cui i mostri avrebbero dovuto andare in letargo e regalarci una pausa.
Io e la mia Bev condividemmo dodici di quei ventisette anni.
Anche se il vero mostro che alla fine la portò via era invisibile e impalpabile riuscì a manipolare la realtà con ferocia manifesta, la spaccò in due: un prima ed un dopo.
Alla fine ci lasciammo per incongruenze progettuali, se così si può dire….
Non certo perchè non fossimo più attratti l’uno dall’altra, non perchè quella brace d’inverno si fosse esaurita.
O almeno da parte mia era così.
Dalla sua rimarrà un mistero avvolto tra la nebbia di bugie che le donne dicono a se stesse e presentano agli altri come verità; per convincere loro stesse, ovviamente.
Ma su quel letto di ospedale, dopo dieci mesi di silenzio totale, le mie labbra toccarono la sua mano e …per un attimo, un eterno attimo… fummo di nuovo Ben e Bev.
L’ultimo attimo concessoci.
Ma anche questo succedeva molto tempo fa e tra le tante storie che si sono raccontate su noi due credo che il nostro libro galeotto e l’identificazione con quei personaggi sia rimasto un segreto solo nostro. Una di quelle cose che non si raccontano, sapendo già in partenza che gli altri non sarebbero in grado di comprenderle.
Ed è giusto così.
Anche lasciandone una breve traccia su questo supporto etereo non se ne snatura l’oscuro palpito (i pozzi neri) e l’ignaro lettore fruirà di una sensazione sgradevole quanto passeggera, che si autoconsola dell’estraneità alla faccenda, come di fronte ad un brano di cronaca nera.
O più probabilmente non sarà scintilla per alcun tipo di fiamma in nessun altro.
Ma i ventisette anni sono passati e il mostro si è risvegliato.
E si è risvegliato bene, ma non benissimo.
Io, primo tra tutti, godo come un maiale sfacciato nel vedere sfrondato il lavoro di King.
King è il più monumentale allungatore di brodo partorito dalla letteratura pop.
King ha idee geniali (e anche geniali furti ad altri autori, ma nell’arte è consueto) ed è bravo nel costruire la tensione, generalmente.
Ma il suo trucco è semplice: distrarre il lettore per poi sorprenderlo.
Non sono quelle 50 pagine di sorpresa che mi pesano, sono le altre 900 che servono a distrarmi, che alla lunga… rompono i coglioni.
Un pò il vero motivo per cui ho piantato a metà la saga della Torre Nera e nei famosi 27 anni…non ho mai più riprovato a rileggere il famoso tomo.
Barker ne scrive quasi mille nel suo “Imagica”, Tolkien più di mille contando solo “il Signore degli anelli”… e li ho riletti più e più volte.
Quindi, era possibile fare un film tratto da un racconto tanto complesso quanto prolisso?
Mhhh si.
In effetti è quasi tutto perfetto. Il Clown è ovviamente abusato (come manifestazione tangibile di un orrore onnipresente ma elusivo), se ben ricordo nel libro non è mai così presente come “forma-più-o-meno-definitiva” di It. Però è veramente, veramente, inquietante.
Rende proprio l’idea di un qualcosa di “alieno” che tenti di mascherarsi forzatamente da qualcosa di invitante ed innocuo. Fallendo totalmente.
Se il pagliaccio di Curry era tormentoso ma non così minaccioso (sembrava più un presentatore Tv stalker che uno psicopatico) questo è veramente scostante.
Repelle. Ed è quello che deve fare, secondo me.
I ragazzi sono semplicemente spettacolari.
Ritchie su tutti (sulle spalle dell’ottimo interprete grava un pò tutta la parte fruibile a livello immediato, l’appeal iniziale) che incarna lo scanzonato, sboccato e cianciante spirito del cameratismo adolescenziale. E lo fa in maniera eccelsa.
Ben è un vero ciccione, stavolta. Ma un ciccione di una dolcezza sublime.
Ancora ci chiediamo perchè la parte dello “storico-studioso” del gruppo sia passata a lui, quando sarebbe stata di Mike, ma il personaggio è comunque adorabile ( e forse mi ricorda ancora più me stessoa quell’età: solitario e cacciatore di conoscenza).
Eddie finalmente non sembra Gollum. Sembra un ragazzino gracilino seppur normale, pedante ma che sa tirar fuori anche le palle quando serve.
Bev. Ho detto tutto. Hanno scelto alla perfezione l’attrice ed il ruolo finalmente è come deve essere. La bimbetta (bruttarella) piagnucolosa con le treccine della trasposizione anni ’90 viene sostituita da una guastatrice che si ribella, fuma, ruba, si taglia i capelli a forbiciate rabbiose e che in qualche modo fa innamorare di se al primo sguardo.
Ecco cazzo: QUESTA E’ BEVERLY. Questa è la Bev di cui mi sono innamorato nel libro e nella vita (quella nella vita non aveva i capelli rossi, ma non sono mai stato a questionare) non quella specie di Laura Ingalls senza prateria!
Bill purtroppo non spicca più di tanto, sebbene rimanga il motore di tutta la banda. Non credo sia sbagliata la scelta dell’attore in se, dopotutto.
Il problema è che di fianco a due mostri di carisma come Bev e Ritchie la sua parte di “pseudoprotagonista” risulta piuttosto ridimensionata.
Stan ha anche più spazio di quello che gli avrei riservato, dopotutto è sempre il membro più “border line” del gruppo. Strano quanto la produzione abbia deciso di insistere sul suo essere ebreo e su quanto invece poco traspaia il suo lato iper-razionale e la sua mania di catalogazione. In sintesi, benchè l’attore abbia la giusta faccia da pignoletto cagacazzi… credo che sia uno dei personaggi un pò più sfiorati ma non colpiti appieno.
Mike. Bovero Negro. Gli hanno tolto tutto, compresi i genitori. E il suo essere in qualche modo il vero custode e ricercatore del gruppo è assolutamente rimosso.
In realtà Mike entra nel gruppo un pò tardi e perde un pò di coesione. Non sembra un grande amicone come dovrebbe essere, sembra uno che si accodi ad una processione perchè in fondo stava camminando in un mare di merda…e delle due: la meno peggio.
Inoltre a Mike viene affidata l’arma dello scontro finale… che è una sparachiodi da macello.
Why?
Perchè una sparachiodi?
Perchè non la vecchia fionda?
E la faccenda dell’inalatore di Eddie, che grazie alla furia del ragazzino sortisce lo stesso effetto di uno spray all’acido?
Era fondamentale quella scena. Fondamentale per far capire allo spettatore quanto il potere di It sia la sua stessa debolezza. L’immaginazione del fanciullo come potenza creatrice/distruttrice, arma a doppio taglio per il ragazzo ma anche per il mostro.
E ovviamente tanti saluti al rito del Chud…
La battaglia finale si risolve un pò miseramente a legnate ed insulti (si la sparachiodi è scarica ma ferisce lo stesso… si, ma è tutto un pò troppo veloce e confuso), mentre nel libro è un trip psicologico pazzesco.
Dice “eh ma il pubblico non capirebbe, è troppo mistico, troppo astratto”.
Intanto mi raccomando: Manteniamo sempre l’utenza al livello minimo di funzione cerebrale, non esortiamola mai ad accende per un secondo zone del cervello ormai desuete.
Secondo, ma non meno importante: cosa cazzo ci voleva?
Sono fresco della seconda serie di Stranger Things (CAPOLAVORO). Cosa ci voleva a fare a fare la stessa cosa in It?
Quando Undici parte per i suoi viaggi extrasensoriali, interdimensionali, quando trascende lo spazio tempo e va in quel fottuto posto che sarebbe perfetto per rappresentare I POZZI NERI…. ma cazzo ma lo avete visto??!
Ma quelli che guardano Stranger Things sono tutti geni della metafisica per capire una cosa così semplice?
Bastava fare la stessa cosa, paro paro.
E forse giocare un pò meno con il pagliaccio e un pelo di più con l’orrore cosmico.
Dai ragazzi, un pò di coraggio, cinematografari del cazzo. Dobbiamo sempre sfiorare il capolavoro, ma mai rischiare un pelo per arrivarci!
Però in definitiva, siamo soddisfatti.
Vedremo cosa ci riserverà la seconda parte. Sperando che recuperino una parte delle occasioni perdute e che azzecchino il cast degli adulti con la stessa precisione.
E datecelo il ragnazzo!
Dai.
Ma soprattutto: Che fine ha fatto Henry Bowers in quel cazzo di film????!!!
No, perchè avrebbe un seguito….
A me Stephen King piace. Ciao
Niki