A volte capita, nel marasma interno che un animo come il mio è costretto a sopportare giornalmente, un momento di inspiegabile quiete. Il lungo ponte di Ognissanti passato in compagnia di tanti amici, a fantasticare di fare videogiochi, a giocare a giochi da Nerd e parlare di geopolitico si è dissolto nel docciaschiuma. Il rientro è sempre stato così, fin dalle uscite scout.Come se un universo corale e vibrante, fatto di mille voci, fughe e controcanti, si fosse zittito di colpo. Rimango solo io, dopo una doccia in un appartamento vuoto e due gatti che mi fanno le fusa. Belli i gatti, a parte la tonnellata di merda che tocca spalare dopo qualche giorno di assenza….
E poi pure cassa integrazione. Una settimana intera di limbo solingo. Dovrei essere piuttosto preoccupato, incazzato e depresso. La mia vita va in pezzi da anni, nessuna sfiga si è mai astenuta dall'accadermi e in buona sintesi ho sbagliato qualunque decisione presa. Sto annaspando in un mare di merda e l'unica cosa che mi salvi è la mia capacità di trattenere il respiro quando gli eventi decidono di fare l'onda. Dovrei veramente essere a pezzi. Invece ho messo il walkman e sono uscito di casa. Perchè mi sentivo un prigioniero di me stesso. Fuori non c'è niente per me, lo so, ma anche qua dentro a volte c'è troppo….
L'aria autunnale non punge poi troppo, la mia versatile giacchetta gessata regge bene. Mi avvio nell'impero oscuro dell'ora solare, esco a pomeriggio inoltrato ed è già il primo round di tenebra vs lampioni. C'è un'atmosfera leggera, rarefatta. Non ho una meta. Mi sono messo al collo il drago ed ho il walkman che mi inietta melodia ne timpani. Sapranno loro dove devo andare. Io a me non chiedo più nulla, ne voglio sentirmi rispondere. Guardo le cose, come se le vedessi per la prima o l'ultima volta. La strana poesia delle facce viste solo per un attimo mentre corrono via con l'autobus, o il contrasto tra la penombra caotica della strada e l'opulenza luminosa delle vetrine dei negozi.
Guardo le persone che incrocio. Le guardo e le vedo. Poveri diavoli tutti. A qualcuna toccherei volentieri il culo, altri fanno paura, altri ancora mi sembrano molto più sconfitti di me, girano con la testa incassata nelle spalle, come schiacciati dal grande peso di vivere e di vivere in un mondo che sta crollando.
Il libraio è sempre li, sono vent'anni che non vedo nessuno in quel negozio, ma lui è sempre li. Adesso sta di fronte ad un portatile e probabilmente chatterà con qualcuno. Forse morirà di fame, ma non credo sia un lavoro così fatico il suo. In un epoca dove si muore di fame e anche parecchio sudati…lo considero un eletto.
A volte lo sbuffo di spezie di un kebabbaro indiano mi ricorda che l'asia è arrivata fin qui, a cercare un gemellaggio di tortellini al curry forse, o forse è un'invasione silenziosa e pacifica, o una sostituzione lenta. La mia razza si estingue e fa di tutto per accelerare il processo.
C'è un negozio di magia e cartelloni pubblicitari dopo il torresotto della cerchia del mille. Ci andavo con il mago, da piccolo a studiar magia. Chissà se ci raccontava delle gran palle o in fondo era una brava persona? Ci dette come esercizio spirituale da guardare "Stand by me" insieme. Non credo ci fosse nulla di più giusto. Chi lo sa, forse voleva che rimanessimo amici anche invecchiando?
In quel caso sarebbe orgoglioso di noi, il Maestro. Adesso è più canuto, ma sempre uguale. Assomiglia un pò a un incrocio tra Richard Dreyfuss e Marco Paolini. Ma erano bei tempi, avevamo dodici anni e fare gli acchiappafantasmi era l'unica cosa interessante e l'unico vero problema.
Ci sono così tanti tavolini sotto i portici, ed un sacco di gente che fa aperitivo. Ora mettono queste strane fiaccole dalla fiamma allungata come riscaldatori, prima c'erano quei cosi fatti a fungo. Ma queste strane fiaccole spandono un flavour più medievale, sono come un rintocco armonico di appartenenza quelle lucci tremolanti sulle mura medievali della mia città.
Sono così tanti li a fare aperitivo. Sembrano felici, alcuni ostentano una tanto agognata corona d'alloro. Nuovi disoccupati festeggiano.
E' pieno di ragazze carine. Per un attimo ho un moto di stizza che viene superato da una nota maestosa di consapevolezza. Vorrei essere li, per poi non volere essere li. Alla fine non vedo l'ora di andarmene quando sono in contesti simili.
Mi piacerebbe sempre che succedesse qualcosa di un pò cinematografico o teatrale, ma poi quando succede mi impanico. Perchè alcune cose sono da sognare, altre da vivere. Non si può far troppo casino.
Poi ti accorgi di aver guardato cos' tanto tempo ad altezza gnocca da non accorgerti che la facciata del palazzo di Feltrinelli ha un pultpito ed un timpano merlato. Ed è bellissimo. Sempre stato li. Mai visto.
Mi sento leggero come una piuma, come un uomo senza nulla. Come uno spirito della città svegliatosi dopo un lungo sonno. Un inacconsiscendente entità biologica che cammina leggero su un mondo che si spacca e viene ingoiato dal nulla. Vedo tutto bellissimo, scatto qualche foto con il cellulare di fronte a Santo Stefano, perchè la tristezza dell'obiettivo dell'arnese spamamna le luci esattamente come vorrei.
Mi siedo ed accendo una sigaretta. Guardo le facciate dei palazzi e mi accorgo che le finestre sono state fatte su altre finestre. Enormi alcove archivoltate. Le piccole finestrelle della nostra epoca potrebbero stare tre o quattro volte in quella sagoma, e sono piazzate a cazzo, probabilmente seguendo una logica interna e lasciando l'esterno scostantemente asimmetrico. Nemmeno di questo mi ero mai accorto.
Allora non so più quale sia il mio bacino percettivo. Cosa vedo o non vedo di continuo? le cose probabilmente sono come le penso, per me, ma non come in realtà siano veramente. Forse anche le sbarre della mia gabbia sono in larga misura autoimposte.
Fondamentalmente non dovrei sentirmi così a mio agio. Sono in cassa integrazione. Il mio paese è allo sbando, la mia vita è allo sbando. Ho più debiti che mutande e nemmeno la gioia dei poveracci a risollevarmi il morale, un pò d'amore.
Sempre senza meta, tra i vicoli ed i lampioni mi allontano verso la birra con gli amici, l'unica vera gioia che sia rimasta sempre costante. Sono uno spirito leggero, una fata di un quintale. Oggi il mio corpo non ha peso, muovo le gambe per spingermi, ma non per sostenermi.
E' un piccolo regalo, che capita e non può essere costretto a capitare. Devo goderlo finchè dura. Devo riuscire a godere le cose quando siano tra le mie mani. Domani sarà svanito. E non potrò farci un accidenti di niente…..