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Posts Tagged ‘fantasy’

Intro: questo articolo è pieno di bestemmie e draghi. Se l’una o l’altra cosa vi offendono andate tornate pure nella cassa da morto cerebrale in cui avete sempre vissuto.

Tacchinosaurus Handicappatis

Peter Jackson ce l’ha fatta.
HA SBAGLIATO SMAUG.
Il mio amico e tanto amato ciccione neozelandese è riuscito a farsi convincere dalla più grande bufala della storia del fantastico: la credibilità scientifica e strutturale di una creatura inesistente.
Ma andiamo per gradi, perché sarà una lunga dissertazione non priva di bestemmie, quindi chiunque sia legato ai santi è invitato smettere di leggere ORA.
Prima di tutto devo spiegare quale sia la MIA personale visione del drago, che è un’impresa piuttosto complicata e non credo mi riuscirà in toto….
Non so bene come e perché, e forse neppure quando, tutto ciò sia cominciato. Sarà stato Eliott il drago invisibile o qualche illustrazione vista chissà dove, sarà stato il mio sempre vivo amore per i rettili e i dinosauri; ormai non posso più dire di sapere bene quale sia stata la genesi di un legame così intenso, ma mi avvio ai quarant’anni senza che una sola delle mie pulsazioni cardiache non inneggi ancora al fascino di queste creature.
Il drago, per me, non è mai stato un mostro. Non è mai stata una bestia.
Anche nelle sue incarnazioni più minacciose e crudeli il drago era sempre il centro della storia, potevo comprare un libro intero solo per una singola illustrazione.
Il drago non è il babau. Il drago è forza, è resistenza, è libertà ed è meraviglia.
E’ il sogno incarnato, o meglio, il simbolo supremo del nostro potenziale onirico ed immaginifico.
Abbiamo immaginato una creatura così meravigliosa che Dio stesso si è fatto scappare l’occasione di crearla. Quindi deve possedere una grazia minacciosa, un’ eleganza statuaria, deve essere una creatura di design e terrore, deve fondere l’estetica e l’orrore in maniera così alchemicamente perfetta da essere “altro” rispetto a quanto conosciamo.
Per questi motivi un drago non può muoversi come un handicappato!
Un drago con sei arti, come vuole la tradizione occidentale intendendo il “drago puro”, è un essere capace di muoversi come un felino e di volare come un uccello. Solo in questi termini è sia potenza che libertà.
Perché se viene deturpato delle zampe anteriori non è più un essere mirabile, è di nuovo niente più che una bestia ed un mostro.
Tecnicamente è una Viverna, una creatura di ferocia, ignoranza e puro istinto.
E’ più simile ad un drago di quanto lo sia una foca, su questo siamo tutti d’accordo, ma non è un cazzo di DRAGO!
Non voglio fare una digressione storica o filologica perché non me ne frega un cazzo. Se i Draghi vengono dalla tradizione è anche vero che ciò che li ha portati alla popolarità sono stati i racconti fantasy e i giochi di ruolo. Ed in essi il drago ha sempre avuto le sue fottute quattro zampe e due ali.
A noi dovevate chiedere cos’è un DRAGO.
Ci avete accusato di leggere il fantasy attraverso Dungeons&Dragons, ed avevate ragione.
Perchè siamo noi sognatori Nerd che ci siamo occupati di draghi in questi trent’anni, dalle vostre seghe su Edwige Fenech a quelle sulle veline. Se i draghi sono rimasti vivi è stato grazie al nostro sangue di inchiostro, versato sulle schede unte ed accartocciate dei nostri alter-ego fantastici.
E adesso baciatemi il cazzo se non sapete la differenza tra draghi e viverne, bimbiminchia.
Io non prendo lezioni di dragologia da poppanti cresciuti con Crash Bandicoot e Twilight.
Noi popolo dei dadi e delle dragonlance abbiamo non solo voce in capitolo, abbiamo l’UNICA voce in capitolo sui draghi.
A noi doveva essere chiesto come è fatto un drago, noi che abbiamo sudato freddo e abbiamo seppellito decine di personaggi sotto i suoi artigli e zanne. Che abbiamo volato sulle sue ali tra le brezze di un Master generoso. Che abbiamo animato le superbe opere di Larry Elmore con la pura forza motrice della nostra fantasia.
Ed ora voi venite a dire a NOI cosa è o non è un drago?
Io non so come sia accaduto e perché…. A chi sia venuta questa geniale idea di togliere le zampe anteriori ai draghi.
So solo di aver aspettato pregando per quasi vent’anni che la tecnologia ci fornisse un miracolo per poter visualizzare un drago cinematografico credibile. Dopo aver visto Jurassik Park uscii dal cinema con centinaia di draghi futuri già vorticanti nella mente. Dopo Dragonheart ero al settimo cielo. Avevo visto un drago perfetto, in grado di muoversi, volare, sputare fuoco e persino parlare. Era la quintessenza di ciò che per me doveva essere un drago… e quanto pare lo rimarrà.
La famosa frase di Draco :” Io sono l’ultimo rimasto!” non poteva essere più profetica.
Non solo per lunghi anni a nessuno venne più in mente di cacciare un drago in qualche storia, peggio ancora….. iniziarono a fare draghi che non erano draghi.
Prima la serie di Harry Potter, poi Il regno del fuoco, poi iniziarono addirittura i videogiochi come ad esempio in Skyrim….
Tutti pollosauri. Mezzi uccelli e mezzi rettili che arrancano sull’articolazione dell’ala con manine da uno o due dita, trascinandosi dietro le rimanenti articolazioni digitali, sproporzionatamente lunghe impastoiate nella membrana alare…..
Ali da pipistrello che li fanno sembrare a terra ciò che a terra sarebbe un pipistrello: un miserevole disabile.
Tutto questo al grido di : “Nessuna creatura terrestre che non sia un insetto possiede più di quattro arti”.
E STI CAZZI, PORCODDIO?
Che il drago è una creatura terrestre? Ne avete mai visti voi?
Dobbiamo andare a rompere le palle scientificamente anche alle creature della fantasia?
Allora perché i ciclopi non sbattono la testa conto gli alberi perché con un occhio solo non posso percepire la profondità?
Perché i vampiri dovrebbero nutrirsi di sangue ed essere inceneriti dalla luce del sole?
Perché i lupi mannari potrebbero mutare le articolazioni e la peluria corporea?
Perché ippogrifi, threstral, gargoyle, balrog, grifoni, pegasi, demoni e addirittura SCIMMIE ALATE (Puttana Dio) possono avere sei arti?
Chi glie lo va a dire ad Angelo degli x-man che le sue ali non sono regolamentari?
No, solo ai Draghi va fatto il cazzo di processo sul numero degli arti.
Nessun o si è mai preoccupato del fatto che sputino fuoco. Eh, no capisco, quello è naturale, è ovvio.
E’ pieno sulla terra di creature che sputano fuoco. Sicuramente una c’è, sono io quando sento la gente fare questi discorsi del cazzo appigliandosi alla logica per spiegare ciò che assolutamente è illogico.
Il drago è così perché ci piaceva così e l’unica ragione per cui doveva essere così era piacere a chi lo immaginasse, PUTTANA DI QUELLA MADONNA!
Non ce ne frega una cazzo della credibilità di una creatura immaginaria!
C’è troppo pelo sui Wookie? Può essere costruita una spada laser? Si può fare una macchina del tempo con una Delorean? Willy l’orbo ha davvero nascosto la sua nave in una grotta? L’arca dell’alleanza è stata davvero nascosta in un magazzino del governo americano? Come fanno i maghi maschi a non schiacciarsi le palle volando su di una scopa???
Perché non ci chiediamo anche tute queste cose prima di deturpare il simbolo del fantasy???
C’è chi sostiene che il drago senza zampe anteriori abbia un fascino più sinistro e crudele.
De gustibus, in effetti una merda di Viverna sembra più cattiva di un drago, però NON ME LA FARE PARLARE!
Allora se devi fare una bestia fai una bestia.
Un drago senza zampe anteriori cosa ci sta a fare su un tesoro immenso che nemmeno può manipolare?
Ci si gratta le enormi e scagliose palle non avendo mani per arrivarci?
E’ per questo che Smaug ha conquistato Erebor? Per avere un grattapalle dorato???
Inoltre stavolta andavo più tranquillo del solito: Tolkien non lo aveva solo descritto, ma lo aveva anche DISEGNATO con quattro zampe e le ali. Togliamo il fatto che il drago disegnato dal maestro facesse un po’ tristezza (non era un disegnatore), ma qui non ci si può appigliare alla famosa motivazione “tolkien non lo ha descritto accuratamente per cui possiamo fare il cazzo che ci pare”.
Fosse per quello i mannari e le aquile avrebbero dovuto parlare…. Ma anche li facciamo il cazzo che ci pare…
Addirittura sulla mappa di Erebor NEL FILM il drago è disegnato con quattro zampe, nel manifesto internazionale del FILM il drago formato dal fumo della pipa di Gandalf aveva QUATTRO zampe.
Nella scena della caduta di Erebor il drago schiacciava nani con le zampe anteriori…. E pur di fare gli stronzi quella scena è stata sostituita nella versione estesa per rimpiazzare quelle enormi zampe anteriori con le solite ali-braccia del cazzo.
Andavo al cinema con la morte nel cuore essendomi interessato alla faccenda fin dall’uscita dei primi trailer che ho analizzato frame per frame. Lavoro inutile tra l’altro perché le carte in tavola cambiavano continuamente…..
Poi quando l’ho visto ho provato: NIENTE.
Niente.
Superbamente animato?
Minaccioso e spaventoso?
Maestoso e terribile?
No, lo Smaug di Peter Jackson è una macchietta. Si muove come un cartone animato di Don Bluth degli anni ’80. Esagerato, caricaturale ed esasperato in ogni singolo atteggiamento.
Bastava guardare il supremo Scar de “il re leone” per avere idea di come si dovesse comportare una creature tanto crudele quanto intelligente.
Ci vuole classe per essere un perfetto villain, non basta essere lunghi trenta metri, sputare fuoco e muoversi come delle scimmie con le stampelle.
Classe non ne ha quella creatura.
E’ alieno, e salta subito all’occhio che con l’ambientazione che ci è stata finora offerta non c’entra nulla.
Provate ad immaginarlo in mezzo alla battaglia sui campi del Pelennor. Sembrerebbe un cartone animato tra creature reali.
Ed è sgraziato.
Per quale motivo un drago dovrebbe usare le ali come braccia?
Principalmente la prima cura di un drago dovrebbe essere la protezione della membrana alare, in assoluto il punto più delicato della sua intera fisicità. Ed una membrana alare strappata sarebbe un casino inenarrabile per un essere fatto SOLO ed unicamente per volare.
Perché un essere con ali per zampe anteriori DEVE volare. Non può strisciare in caverne anguste, costruite da razze lillipuziane per la sua stazza per andare a fottergli i tesori.
Un drago concepito in questa maniera può vivere su picchi montuosi, scogliere marine, deserti rocciosi.
Non certo in un sotterraneo, perché in un sotterraneo sarebbe in difficoltà. Inoltre nessuna creatura alata usa le ali per arrancare, nemmeno i cazzo di PINGUINI! Si muove come un pipistrello??? ah si??
Sapete cosa fa un pipistrello caduta a terra….?
Non cammina, non saltella, non sputa fuoco, non si arrampica…..fa una sola cosa: MUORE!
Secondariamente, signori, fermiamoci su un punto fondamentale: i DRAGHI NON VOLANO GRAZIE ALLE ALI.
Un drago come lo Smaug che ci hanno propinato peserebbe all’incirca 10-20 tonnellate.
Se provasse a sbattere le ali il massimo che otterrebbe sarebbe di sclavicolarsi le spalle, fare esplodere i muscoli e raccogliersi le braccia da terra.
Visto che facciamo gli scienziati dell’esobiologia inventata o i criptozoologi della mutua, perché non ci soffermiamo a pensare che fisicamente un drago non volerebbe mai??
E’ la famosa teoria di Superman: è vero che superman può sollevare un treno con una mano, ma per le leggi della fisica, anche se possedesse tale forza, non si solleverebbe il treno…. Sarebbe Superman a piantarsi nella terra come un piolo!
Il drago è una creatura magica e vola perché è magica, PORCA MADONNA!
Non c’è alcuna credibilità fisico-biologica da ricercare in tutto questo.
Quindi Peter Jackson , come un pecorone belante e decerebrato, ci ha dato quello che ci stanno dando tutti, dal cinema ai videogiochi ai fumetti: una creatura NON CREDIBILE realisticamente e per di più BRUTTA da far schifo!
Almeno salvate la bellezza cazzo!
Le ali dei draghi sono puro orpello decorativo di completezza. Volerebbero anche senza.
Perché non vi siete spremuti a chiedervi come evolvere la piegatura dell’ala quando i draghi camminano?
Perché non fossero strutture in mezzo alle palle sia nell’estetica che nella pratica?
QUELLO sarebbe stato un modo intelligente di evolvere il drago. Non mutilarlo con la mannaia e dirsi che bel che bel guarda quanto è fico il mio tacchinosauro!
Ma qui tutti a mangiare merda e chiamarla cioccolata.
Nessuno che si ponga mai una domanda fottuta che sia una, nessuno che si chieda più nemmeno QUALI SIANO I SUOI GUSTI.
Ci viene dato qualcosa, ci viene detto che è bello e tutti ad applaudire festanti come scimmie.
Bel lavoro cazzo.
Stupidi persino nella fantasia. PRIGIONIERI persino nella fantasia.
Aspetto solo che i nuovi manuali di Dungeons and Dragons riportino draghi senza zampe anteriori.
Vi manca solo quello, poi avrete vinto.
Ma me e i miei draghi nobili non ci avrete mai vivi.
Inneggiate pure a quella patetica mostruosità e convincetevi che sia il meglio che si potesse avere.
E’ per questo che fate una vita di merda OGNI SANTO GIORNO.
Perché vi siete convinti che sia il meglio che possiate avere.
E non vi siete nemmeno convinti voi: lo ha fatto qualcun altro.

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ruins
Per la prima volta su questi schermi un’immagine autentica delle rovine.
"Vision of my ruins" Pancaldi Niki – Matita su carta, penna bic, pennarello mezzo secco e photoshop.
Febbraio 2010

Il chierico sedeva appoggiato ad una delle colonne di un piccolo edifico.
Probabilmente si era trattato di una fontana; molto, molto tempo addietro.
Da una testa di leone scolpita nel muro usciva un piccolo tubo di ferro arrugginito, dal quale gocciolava, ad intervalli epocali, un’ acqua fresca e limpida.
La vasca posta sotto il leone era colma, e l’acqua correva a rivoli lungo la superficie di marmo.
Ma non per molto, pensò il chierico. L’inverno stringeva la morsa, come testimoniavano le sue nuvolette di fiato, e il sole radente avrebbe lasciato spazio ad una nuova notte di gelo e tenebra. Qua e la, tra le colonne e le mura spezzate era possibile scorgere ancora piccole spruzzate di neve. Gli alberi spogli e scuri, contro il cielo giallastro, sembravano mani grifange intente a ghermire nuvole sfuggenti.
Il grande Drago d’argento sedeva a pochi passi dal chierico, silenzioso e statuario.
Non perdeva di vista l’umano, ma nemmeno si perdeva in comversazioni.
La luce calda del tramonto sembrava parlare a sufficienza, scaldando di colore le pietre dimenticate delle rovine. L’atmosfera era tinta di una malinconia opprimente, ma non maligna. Mura decadute e gli ultimi raggi del sole morente…
Ce n’era abbastanza per rigurgitare i ricordi di varie vite, non di una sola, riflettè il chierico.
"Dovresti bere alla fontana" disse il drago con un filo di voce.
Il chierico si voltò verso la poderosa creatura, abbassando il cappuccio del mantello.
"Ma..non ho molta sete…" prostesò.
Il Drago sorrise: "Non è detto che la cosa debba giovare alla tua pancia…."
Il chierico sbuffò, alzandosi, ed entrò nel piccolo portico che ospitava la vasca.
Ormai aveva smesso di fare domande ad un essere che avrebbe risposto ad un enigma con un enigma più complesso. Era il tempo della fede, a quanto pareva…
Si avvicinò alla superfice dell’acqua immobile, la quale rifletteva la sua immagine come un purissimo specchio.
Si avvicinò all’acqua, guardando negli occhi il proprio riflesso, e si scostò un ciuffo ribelle dalla fronte.
Solo allora si accorse che l’immagine nell’acqua non aveva mosso un muscolo.
Rimase chinato sulla vasca, con la bocca aperta.
"Ma che ca…" balbettò…
"..zzo è ‘sta storia?" concluse la sua immagine nella vasca con un sorrisetto di scherno.
Il chierico si ritrasse un salto.
"Ma porc… non è normale!" vociò in direzione del Drago, il quale si limitò a roteare le pupille luminose.
Considerando che dal Drago non avrebbe avuto ulteriori spiegazioni, si sporse cautamente verso la superficie dell’acqua. La sua immagine lo fissava leggermente spazientita, a braccia incrociate.
"Dai gioia! Che c’è d’aver paura? Bello non ti sei mai considerato, ma questa mi pare una reazione eccessiva!" disse.
"Beh, solitamente non mi rispondo da solo…." ribattè il chierico.
"Ah, ne sei così sicuro?" disse l’immagine.
"Si, parlo da solo molto spesso.. e se vuoi puoi darmi del matto, ma almeno controllo la conversazione. In questo caso mi sento un tantino defraudato di potere…. di solito la mia immagine fa ciò che penso io!" rispose il chierico.
"Ah davvero? Bella questa! Così tu avresti il controllo totale di te stesso?! Se fosse vero, non credo che staremmo facendo questa bella chiacchierata!" lo canzonò l’immagine.
"Nel senso che sto parlando da solo…ma anche no?" chiese il chierico.
"Beh potremmo metterla in questi termini." disse l’immagine " fai conto che io sia una parte di te, diciamo… scomoda. O almeno che tu consideri tale al momento. Non ti chiedi mai perchè spesso ciò che fai e ciò che vorresti si trovano in essato contrasto?"
Il chierico si grattò la fronte.
"Si, spesso. Ma non vorrai dirmi che siamo alla solita scenetta del "me buono" contro "me cattivo". Anche per il fantasy, ormai, è un pò un clichè…"
L’immagine appoggiò le mani sui fianchi con decisione.
"Non vorrai ridurre tutto questo a "buoni" e "cattivi", spero! Il fatto che siamo in contrasto non involve forzosamente che uno abbia ragione e l’altro torto! Il problema è che siamo due forze opposte nella stessa persona. In questo caso, ne converrai, diventa un problema!"
"In effetti…. ma, se facciamo le presentazioni forse ce la sbrighiamo prima. Tu che roba sei?"
"Sono un riflesso sull’acqua. E ho vita breve, alla prossima goccia andrò in frantumi. Quindi tagliamo corto. Ti dico solo che io voglio stare con qualcuno, ho bisogno di prendermi cura di qualcuno e che questo qualcuno lo faccia con me. Quindi piantala di fare il verme solitario in mezzo a questo casino di città in macerie!"
Il chierico si grattò la barba pensieroso.
"Conciso. Ben esposto. Quindi io sarei quello che vuole stare da solo…."
L’immagine annuì.
"Quindi quando poi sono solo… sei tu che mi tormenti sempre, che mi par di star sui chiodi!" concluse il chierico.
"Ah tu credi che sia più facile far finta che io non ci sia….combatto come posso, ma tanto ci sono, fai pure come credi."disse l’immagine.
"Io non sono tanto convinto. Guarda che mica sono più capace! E poi mica si può prendere la prima cosa che capiti sotto mano, è un bel casino!"
L’immagine sorrise.
"Infatti con questo giochetto :"le-prendo-tutte-non-ne-prendo-neanche-una", cerchi di dare un colpo al cerchio ed uno alla botte. Ma… eccoci qui! Secondo me te la fai sotto…"
Il chierico si chiese quando sarebbe arrivata la prossima goccia dal tubo. Non bastavano draghi, demoni. passanti e lui stesso a prendersi peril culo. Anche le immagini riflesse cominciavano ad aver voglia di far le spiritose!
" Senti, tu alla prossima goccia ti dissolvi, per me saranno ancora cazzi da cagare per molte e molte goccie. Quindi evitiamo di far gli spiritosi e dammi un suggerimento, se ce l’hai."
L’immagine fece spallucce.
"Piantala di cagarti addosso! E’ così semplice…. mi pare che tu utilizzi spesso il senso di responsabilità come scappatoia. Così ti eviti ogni complicazione. Ma sai benissimo quanto non vi sia alcuna conquista senza sforzo. Se lo so io…lo sai per forza anche tu!
O è il mese di Febbraio che ti fa tremar le gonnelle? Brutta carnevalata l’anno scorso, lo ammetto. Ma non vorrai fare come quelli a cui muore il cane e giurano di non affezionarsi mai più ad un animale!".
Il chierico sbuffò.
"Si, l’ho sempre considerato un discorso idiota. Ma la mia situazione è un pelo più rognosa di quella dei padroni di cani. E bisogna ammettere che cambiare è un trauma per me, tanto che in realtà non ho più idea se sia paura del cambiamento, o le cose mi stiano bene così…. cioè.. ci avrei anche provato…"
L’immagine sbuffò "Se continui a far confronti non andremo da nessuna parte. Certo, mica tutti i soggetti hanno voglia di rovine, con questo ci dovrai fare i conti. Però, uomo, un pò di elasticità! Il tuo discorso manicheo "o-così-o-crepa" non è molto clericale. Un tempo eri assai più diplomatico. E ne hai passati già tanti e tanti di cambiamenti, per mantere in piedi ciò che aveiv costruito. Solo che non te lo ricordi. Il tempo è un bastardo, tu ne hai troppo…e io troppo poco." 
"Cacchio! Certo che sono convincente…..però mica del tutto. Infatti alla zampata finale spesso ho visto grossi ripensamenti nell’utenza…. 
Diciamo che valuterò la questione. Tempo ne avrò, a differenza di te…"
Gli occhi dell’immagine si incrociarono sulla goccia in caduta.
"Non ti cagare addos…."
Plick.
Il chierico guardò le increspature allargarsi, dissolvendo l’immagine.
"Allora? E’ stato… dissetante?" chiese il Drago.
"Mica troppo" rispose il chierico "però ho ricevuto un consiglio ed ora ho una certezza."
"Quale?"
"Se mi dovessi cagare addosso…" disse il chierico fissando la vasca "… so già di preciso dove mi farò il bidet."

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Land of sand


La speranza offusca l’osservazione. (Reverenda Madre Gaius H. Mohiam, Ed. Nord, p. 11)


Sarà stato leggere, in qualche oscuro sito di rumor cinematografici, che qualcuno si stia di nuovo interessando al pianeta Arrakis a riaccendere il mio interesse. Sarebbe ora di rifarne un bel film, senza snaturarlo ovviamente.
Impresa difficile.
Lynch aveva fatto, a mio avviso, un discreto lavoro, per i suoi tempi.
I personaggi sono ancora belli, i dialoghi ben adattati. Certo gli effetti speciali, ora come ora, fanno solo specialmente schifo. Non discuto su alcune scelte stilistiche o libertà prese dal regista (come la malattia della pelle del Barone….).
Ma, nel complesso, funziona ancora.
Il merito è ovviamente del personaggio che nel film non compare: Frank Herbert.
Documentandomi meglio scopro che è veramente un fantagenio costui. Certo nella vita ha fatto praticamente solo "DUNE", ma bisogna ammettere che è sempre meglio fare una sola cosa bene che tante mediocremente (eccola, la mia condanna..).
Frank non scrive niente di madornale, a livello di trama. Sembra un grande giochino politico-sociale molto simile ad alcune trame classiche, con i soliti innamoramenti, tradimenti, assassinii e lotte per il potere.
Ma ciò che fa di Dune qualcosa di completamente diverso è l’impianto scenico.
Herbert crea un universo credibile. Addirittura futuribile, più che fantascientifico.
La sua conoscenza dell’umanità sembra veramente sconfinata. Per assurdo, forse, in lui risiedeva l’essenza stessa del "
Kwisatz Haderach",  l’essere supremo, la cui conoscenza della razza umana è sconfinata.
Non è cosa succeda, a fare la differenza, è l’universo in cui lo faccia.
L’immagine di quel futuro lontanissimo, aderente a schemi feudali antichi, è assolutamente affascinante. Come se l’autore volesse quasi suggerire che non vi è differenza nel macrocosmo, perchè non vi è differenza negli esseri che lo abiteranno. I pianeti stessi diventano simili a province medievali o rinascimentali, creando uno scacchiere di forze in lotta per la supremazia, attorno ad un unico punto focale, il pianeta Arrakis. Dune.
Un pianeta di sabbia e aridità, un niente nell’universo, se non fosse l’unica fonte di una "droga suprema", il Melange.
Anche l’idea di una droga suprema, di una sostanza reperibile in un unico punto verso il quale tutti finiranno per azzuffarsi, è diabolica. Una risorsa è un genere di bene spietato. Noi, siamo abituati al denaro, il quale è un valore simbolico applicato, quindi ogni oggetto è in se, più o meno, denaro potenziale. Il denaro stesso cambia forma, si sposta, è virtuale, è promesso o dovuto.
Una risorsa reperebile in un unico punto dell’universo no.
Occorre andare a prenderla li.
Questo incastra genialmente tutto il quadro. Se l’oro (motivo per il quale si sono azzuffati tutti per millenni) fosse stato rinvenuto in un unica miniera, sarebbe stata quella miniera, il centro del mondo.
Apllicabile (arditamente) al petrolio, ai giorni nostri.
A nessuna potenza fregherebbe assolutamente nulla del medio oriente se non vi fosse il petrolio più facile da estrarre ed in maggiore quantità.
Anche li c’è il deserto….per puro caso…
Herbert ha allegorizzato, ma dava un suggerimento preciso. Ed aveva visto giusto su molte cose.
Anche la stessa 
Jihad Butleriana, di cui si narra nel romanzo, sarà un punto nodale della fantascienza moderna.
La lotta tra l’intelligenza artificiale e quella umana, la quale darà vita a cicli quali Terminator o Matrix.
Il mondo retrò di Herbert, quindi, rinnega il computer (l’umano si para il culo, prima di creare qualcosa migliore di se stesso..) e sviluppa le capacità mentali.
I Mentant, computer umani, avranno la logica come fine ultimo. Le Bene Gesserit, lo studio dell’animo e della fisiologia umana.
Un pò… ai maschi il cervello, alle femmine l’anima.
Ai signori la strategia militare e l’assasinio tattico, alle signore la trama politica e psicologica dell’universo.
Parti che solo l’essere supremo saprà riunire in se.
Tutto questo poggia ovviamente su di un substrato impregnato misticismo fanatico e fervente. La religione non poteva essere estromessa da un tale conoscitore dell’umanità.
Ma senza alcuna base trascendentale. E’ una religiosità sempre manifestamente applicata allo scopo.
Lo stesso fondamento della Jihad Butleriana si chiamerà Bibbia non a caso. Paul Atreides, non a caso verrà chiamato Messia.
Un pò fa pensare ad un palistenese ben conosciuto. E lo fa ripensare, quasi, come capo di un movimento indipendentista piuttosto severo e psicocratico.
Come dice giustamente Tulsa-Doom in Conan "La spada non è nulla, la forza sta nella mano che la brandisce".
In effetti Paul stesso ha grandi poteri, ma sopratutto strenui fedeli.
Il fanatismo religioso-politico ne emerge alla fine come la forza suprema dell’universo. Più forte della stessa risorsa che gli darà vita, la droga.
E’ quindi una specie di droga assoluta, la religione, forse la droga totale, il perfetto meccanismo di controllo.
I Fremen, infatti, non sono tanto sperduti in chissà quale pianeta… sono tra noi.
Herbert sottolinea marcatamente quanto i popoli abituati alle condizioni più proibitive e alle privazioni più dure risultino i più forti e tenaci.
Mi viene in mente gente con gli occhi a mandorla, o gente con il turbante. Anche senza andare su Arrakis…
Ovviamente su uno sfondo del genere può essere raccontata qualunque storia. Ne sono prova la devozione di Asimov, Spielberg, Lucas, King o Cameron.
Nessuno può creare ambientazioni senza aver reso omaggio al grande creatore di mondi. Nessuno può fruire di nulla che sia stato creato in seguito senza vederne l’impronta originale.
Sul pilastro, insieme a lui metto senza ripensamenti Tolkien, l’unico altro scrittore che abbia creato un impianto scenico così vitale, credibile e dettagliato da sembrare più convincente della realtà stessa.
Sono molto devoto anche a personaggi come la Rowling, certamente. Ma il mondo di Potter è fedele a se stesso, e basta. I mondi Tolkeniani ed Herbertiani sono fedeli all’idea stessa di ambientazione, sono archetipi di strutturazione e ricchezza.
Non si può, credo, creare nulla del genere senza essere grandi osservatori, grandi conoscitori dell’animo umano e senza avere all’interno di se uno speciale spirito, inquieto e tumultuoso.
Io sarò sempre devoto a queste menti geniali, le quali non risolvono nemmeno enigmi….sono addirittura in grado di crearne….
Il buffo è che mi sembra di possedere (in varia misura) tutte queste qualità.
Ma dalla mia penna non esce niente.
Nemmeno un granello di sabbia. Dovrei mangiare un pò di spezia…forse….

La grandezza è un’esperienza transitoria. Ed è inconsistente, legata com’è all’immaginazione umana che crea i miti. La persona che sperimenta la grandezza deve percepire il mito che la circonda. Deve pensare a quanto è proiettato su di lei, e mostrarsi fortemente incline all’ironia. Questo le impedirà di credere anch’essa a quello che pretende di essere. L’ironia le consentirà di agire indipendentemente da se stessa. Se invece non possiede questa qualità, anche una grandezza occasionale può distruggerla. (dalla «Raccolta dei detti di Muad’Dib», della Principessa Irulan)(Ed. Nord, p. 118)

Molto di ciò che finora è andato sotto il nome di religione conteneva in sé un atteggiamento d’inconscia ostilità verso la vita. La vera religione deve insegnare che la vita è colma di gioie che rallegrano l’occhio di Dio, e che la conoscenza senza l’azione è vuota. Ciascuno deve accorgersi che l’insegnamento di una religione solo per mezzo di regole ed esempi altrui è un imbroglio. Un insegnamento giusto e corretto si riconosce facilmente. S’intuisce subito, perché risveglia in te una sensazione di qualcosa che hai sempre conosciuto. (Appendice 2, La Religione di Dune, Ed. Sperling&Kupfer, p. 464)

La paura uccide la mente. La paura è la piccola morte che porta con sé l’ annullamento totale. Guarderò in faccia la mia paura. Permetterò che mi calpesti e mi attraversi, e quando sarà passata non ci sarà più nulla, soltanto io ci sarò. (Litania Bene Gesserit).

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Il chierico seguiva da qualche tempo un canto piuttosto singolare.
Un timbro scuro, seppur femminile, rimbalzava da tempo tra le mura sbrecciate del suo mondo di rovine.
Era un canto melodioso, a tratti triste, a tratti euforico. Sembrava che la cantrice stessa non avesse ben chiaro cosa stesse cantando eppure, nella sua altalenante costituzione, quella melodia risultava pericolosamente attraente alle orecchie del chierico.
Ricordava un’altra melodia. Una melodia perduta per sempre….
Non riusciva mai a trovarne la vera fonte, però.
A volte coglieva un fugace movimento di capelli scuri dietro ad una siepe, a volte un lampo di velluto scuro, forse l’ampia manica di un abito. Ma ogni volta che stava per afferrare la visione della cantrice, si trovava di fronte ad una statua di marmo.
Effettivamente non ricordava che nelle sue rovine vi fossero così tante statue femminili…..
Aveva provato anche ad ignorare il fatto. Tappandosi le orecchie, canticchiando tutt’altre melodie egli stesso, allontanandosi dalla fonte del suono…
Ma, quel canto, possedeva indubbiamente una magia potente. Una malìa sottile e più leggera dell’aria stessa, che scivolava sotto la sua pelle, ancor più che sui timpani. Un incantesimo sciamanico, dal vago retrogusto elfico….
Il chierico sedeva appoggiato ad un moncone di muro crollato, con le gambe stese di fronte a sè. Contemplava una piazzetta al cui centro campeggiava una fontana senza acqua, circondata da siepi geometriche.
Stava appunto concentrandosi sulla fontana.
Non che fosse un esempio mirabile di architettura, ma lo aiutava a concentrarsi su altro. Il canto non solo serpeggiava ancora tra le rovine, ma si avvicinava a lui.
Si costrinse a restare fermo, trattenendo inconsciamente il respiro; l’unica cosa saggia che poteva immaginarsi di fare era non fare assolutamente nulla. Cessare di esistere e percepire.
Il canto si fece ancor più vicino, passò alle sue spalle, dietro il moncone di muro, sentì le pietre vibrare leggermente, ondeggiare, come se l’intera realtà seguisse il flusso dell’onda sonora.
Un vento improvviso attenuò il canto, ma il chierico venne accecato per un attimo da un turbinìò di polvere e foglie morte.
Quando riaprì gli occhi, vide la cantrice di fronte a se.
Aveva un sorriso incantevole, e i lunghi capelli neri e lisci incorniciavano il lungo viso nobile in una corona di ciocche corvine. La figura era esile, quasi senza peso, sembrava  che la lunga veste di velluto scuro fosse il sostengo di quel corpo filiforme, piuttosto che il contrario.
La mani della donna erano mani fatte per incantesimi. Lunghe e affilate, con le ultime falangi leggermente ricurve, simili a bacchette incantate cariche di prodigi e misteri.
"Salve chierico, che ci fai qui?" disse.
Il chierico ammiccò sorpreso "Che ci faccio io qui? Veramente vorrei sapere che ci fai tu qui! Queste sono le MIE rovine…"
"Beh, se vuoi tenere fuori le cose allora dovresti chiudere meglio gli accessi alle tue proprietà…" rispose la cantrice con aria di sufficienza.
"Discorso opinabile" ribattè il chierico " per la quantità di visitatori che ricevo solitamente, potrei ipotizzare che sarebbe più grande la fatica per sigillare ogni accesso, piuttosto che sbatterne fuori a calci la maggior parte….."
"Mi vuoi sbattere fuori a calci?" chiese lei.
"Beh, diciamo che non ho ancora preso una decisione in proposito. Ma trovo il tuo cinguettare piuttosto decocentrante. Piacevole, certo, ma deconcentrante…." disse il chierico.
"Andiamo, chissà cosa avevi da fare di così importante!? Le solite cose, scommetto: girovagare su e giù per le tue straduzze diroccate, piangere su qualche lapide, pregare un Dio, combattere un demone….masturbarti…."
Il chierico alzò un sopracciglio " Potrei accusarti di supponenza… se solo non avesti ragione. Ciò non toglie che io possa avere accettato queste attività come ciò che mi rimane da fare. O ciò che spontaneamente farei comunque. Sai, sono attività autoreferenziali, è abbastanza comodo….Insomma, se ti sento cantare…"
"Non riesci più a masturbarti?" lo interruppe lei.
"..eh no.." riprese il chierico " quello mi viene anche meglio, ma..come dire… mi viene voglia di duettare. E’ che quelli come me, hanno sempre un sogno polifonico nell’anima. Duettare con un’aggraziata dama elfica è da sempre, per me, la soddisfazione più grande nella vita.".
"Così come la voce anche il corpo, immagino…" sentenziò la cantrice con un sorriso in tralice.
"Sono specchi della stessa essenza" si affrettò a spiegare lui "Così come il mio corpo, la mia voce è possente, corposa, sgraziata e trabordante. Così anche l’anima…. a ben pensarci…. è tutto correlato. E unendo il mio canto ad un aggraziato canto femminile potrei completare con un accordo le parti della mia anima che io non accetti. Anima, corpo e voce….non c’è differenza, in fondo, tutto è melodia se l’accordo è giusto!"
La cantrice appoggiò una mano sul fianco minuto offrendo all’interlocutore la candida spalla nuda " E chi ti dice che le nostre voci potrebbero formare un accordo funzionante e blablabla… tutto il resto dei tuoi sbrodolamenti, di conseguenza? Tu mi accusi di supponenza, quando tu stesso sei schiavo delle tue stesse proiezioni…"
Il chierico si grattò la testa "Può essere, ma non ne sai nemmeno tu più di me, suppongo. Avrai cantato con altri, ma con me no….. Hai mai assaggiato il gusto agroafrofrizzoso di un Likachaka?"
"Un CHE?" chiese lei accigliata.
"Un Likachaka! E’ un frutto dodecaedrico dal color rubino-smeraldo che cresce tra i tralci degli alberi di Chup nel profondo della jungla degli gnomi Ulabala. Dicono sia il gusto più frastornante del regno dell’immaginazione. Mozart scrisse "Il flauto magico" dopo averne mangiati tre…." spiegò lui.
"No, non l’ho mai assaggiato…." rispose la cantrice.
"E allora non sai che gusto possa avere! Poche storie!" Gridò il chierico.
"Uffa! Che carattere… ma stai calmo! Dovrei cantare con uno che sbraita come un bue ubriaco?!"
"Oh, povera piccola dama delicata…il grosso orco peloso e sbavante ti ha spaventato?" la canzonò lui " Allora perchè vieni a cantare qui? Proprio qui? In questo posto del cazzo che fa tristezza a vederlo dipinto? C’è qualcosa che ti attira, anche se ti fa schifo o paura ammetterlo… forse uno di quegli orrori così inconcepibili da risultare addirittura attraenti…."
La dama tacque, limitandosi a fissare il chierico con aria di sufficienza.
Il chierico sostenne per un pò lo sguardo, poi si voltò verso il muro diroccato alle sue spalle, appoggiandovisi con un braccio.
"La verità è, dama cantrice, che da tanto tempo tra queste rovine non sentivo una melodia simile. Non è vero che qui regni il silenzio. Qui vengono ad urlare, vengono a sussurrare, vengono a suonare, vengono a recitare…. ma pochi vengono a cantare. E meno ancora sono le melodie alle quali vorrei unire la mia voce….
E’ sempre così difficile, per me, attaccare il primo suono. E’ come un’invasione dell’anima altrui, nella quale non riesco ad indulgere. Senza mai sapere se l’accordo potrà reggere, se l’altro cantore accetterà la mia nota. La mia nota che sento così sgraziata, così difettata… da sembrarmi un ciottolo di ghiaia apoggiato su un anello finemente cesellato. Voi, dama, avete mai paura che la vostra nota non sia la nota giusta? Che forse non lo sarà mai… che non lo sia mai stata… o non lo sarà più?"
Il chierico si voltò.
Di fronte a lui c’era solo una statua di marmo candido, una donna dalle fattezze filiformi con le mani appoggiate sui fianchi, ed il mento alto.
"Ecco qui.." disse il chierico " Tanto per cambiare, stavo di nuovo parlando da solo….".
"Io ti ascolto, stavi andando bene…" tuonò una voce cavernosa sulla testa del chierico.
Egli alzò lo sguardo e vide la lunga testa argentea del Drago che lo fissava sorridente.
"Me ne compiaccio, mio Signore. Ma alla fine parlo sempre e solo con te…" disse il chierico allungando una mano per sfiorare i barbigli d’argento della creatura.
"Me ne compiaccio anche io, di ascoltarti, altrimenti non ti avrei scelto…" disse il drago. " Comunque quei cacchio di frutti di Likachaka te li sei inventati!"
Il chierico sorrise "Ovviamente…"
E si rimise a fare la cosa più saggia che potesse concepire: NIENTE.

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Il chierico girò l’ultimo angolo con espressione assente.
Il labirinto era sempre uguale, sempre identico. Corridoi a cielo aperto di mura gremite di muschi, mattoni bruni e polvere.
Un infinito dedalo di svolte e spirali, senza alcun senso apparente.
Dietro l’ultimo angolo, lo attendeva il Demone.
Stava seduto a gambe incrociate, con le grandi ali ripegate dietro la schiena. Dietro di esse un ennesimo muro, che sengava lapidario l’arrivo ad un ennesimo vicolo cieco.
Il chierico lo guardò senza sorpresa, ma istintivamente portò una mano al simbolo del Drago che portava al collo.
Il Demone alzò la fiera testa cornuta e sorrise compiaciuto.
" Finalmente ci rivediamo, bamboccio. Sapevo che ti avrei trovato, o meglio, che mi avresti trovato….." disse.
"Sono mesi che sento il tuo fetore arrivare ad ogni folata di vento. Non sono molto sorpreso. Se vuoi veramente sorprendermi, allora comincia a lavarti!" rispose il chierico.
Il demone sbuffò una nuvoletta di fumo azzurrato.
"Sei veramente impagabile. Anche di fronte all’ennesima sconfitta, trovi la forza di fare ironia bieca. Ti ammiro, chierico!
Molti sarebbero già disperati al tuo posto. Ma tu, sei troppo pieno di te stesso per uscire dal  personaggio.
Strano modo di vivere. Ma, per quanto mi riguarda, sei una vittima divertente…."
"Beh" rispose il chierico " Stavolta devi ammettere che io abbia lavorato quasi più per te che per me…"
Gli occhi luminosi del demone si strinsero mentre sorrideva con innumerevoli file di denti.
"Ah! Si, hai superato te stesso, questa volta. Conosco poche persone così dedite a ficcarsi in situazioni senza alcuna via di uscita piacevole. Tu sei un architetto del tormento, con un talento naturale…. potrei parlare con chi di dovere per farti assumere, ci servirebbero persone come te."
Il chierico abbassò il capo, fissando il terreno polveroso.
"Cosa avrei dovuto fare? Aspettare di morire? Attendere ogni giorno il tramonto, consolandomi unicamente di avere un tramonto in meno da dover sopportare? Ho agito impulsivamente, è vero. Ma non credevo che sarei arrivato così in profondità nel labirinto. Credevo… che la situazione sarebbe svanita da sola. Di solito succede…"
Il demone si guardò intorno, con una leggera aria di ammirazione per la struttura stessa al cui interno ora si trovavano entrambi.
"Gran bel labirinto, comunque. Gran bel casino, uomo. La paura della noia ti porterà ad ucciderti prima o poi, ne inventi sempre una più complicata della precedente, ogni volta. Ma questa volta non te la caverai con qualche preghiera. Ono, no,no,no. Le parti che stai tirando in causa sono tutte legate a te. Oh, questa volta si che ci rimetterai qualcosa di importante, oltre al tuo ego sconsiderato. Fallirai davanti ad una bella folla festante, saranno tutti li a consolarti. Che bello eh? E’ questo che vuoi dopotutto…"disse.
"Si, ogni volta che seguo l’istinto finisce più o meno così." rispose il chierico " Ma non sarebbe proprio ciò che vorrei…"
Lo sguardo del demone si fece pungente, il sorriso abbandonò il suo volto animalesco.
"Balle. Tu godi nell’intorbidire l’acqua per poi lamentarti di non vedere più il fondo. E’ tutta la vita che sputi su ciò che hai ed insegui ciò che non puoi avere. In questo, bamboccio, sei più noioso e ripetitivo di una compagnia di nani ubriachi. Ammettilo, almeno. Ti sei scelto una nuova meta che non puoi raggiungere, e lo sai benissimo, lo sa ogni fibra del tuo essere"
"Ma…" lo interruppe il chierico.
"Ma un cazzo, prete! Lo sai; e sono qui perchè ti sia ben chiaro! Infilarti le piume nel culo non fa di te una gallina. Puoi anche farti la toletta migliore, ma rimani ciò che sei: un bamboccio sul quintale con la grazia di un masso smussato! Credi veramente che basti fare due mosse da cavaliere e le dame scenderanno correndo dalle torri, singhiozzando commosse un "grazie di esistere"? No, perchè, se credi questo allora ti regalo una bella scatola di pongo e un bel libro da colorare….
Vuoi anche l’audiocassetta che ti racconti le favole o la incidi direttamente tu, con tutte queste stronzate che hai in testa?"
Il chierico fissò il demone con occhi di ghiaccio.
"Io scelgo ciò che voglio, bestia! Decidessi anche di sembrare un burattino manovrato da una grande mano infilata nel culo, questi sarebbero problemi scarsamente tuoi. Ho forse detto di avere speranze di vittoria? Non mi pare di avere evocato una commissione di giudizio sulle mie scelte discutibili. Ho fatto ciò che sono portato a fare, ciò che mi corrisponde. Verrò abbatutto? Sai che novità… ma verrò abbattuto io, non qualche maschera. Cadrò a viso scoperto, e la Vittoria piangerà di avermi perso." concluse.
"Sai il fatto tuo. A parole. Ma queste fanno parte del personaggio." riprese il demone
"In realtà per quanto ci si possa preparare al dolore, alla fine si finisce sempre per urlare come maiali sgozzati. Ed è quello che farai tu, te lo assicuro.
Sai bene che metà di tutto questo casino è solo un parto della tua epica fantasia malata. I fatti sono ben più asciutti e molto meno romantici: sei andato a cercare qualcosa, hai trovato ciò che cercavi, non riuscirai ad ottenerlo e con tutta probabilità sarai anche presente quando qualcuno lo reclamerà per se. Tu cerchi cose che scelgono da sole a chi appartenere. Puoi anche baciarti il buco del culo mentre salti all’indietro, ma questo non le convincerà a cambiare opinione.
Ne tu, ne il tuo Drago. Come tutti i preti, guerrieri o meno, quando le cose vanno di merda ti appelli all’imperscrutabilità del disegno divino. Perchè non ammettete che il vostro Dio non vi caga per niente? La speranza non ha mai piegato un filo d’erba nella storia dell’universo. Il potere si. E tu, di potere, in questo puttanaio, non ne hai."
Il chierico non rispose. Aveva l’aria di un uomo che stesse esplodendo dall’interno.
Il demone notò la difficoltà dell’avversario con piacere voluttuoso.
"Sarebbe buffo pensare che tu sia riuscito ad arrivare impreparato ad un momento cruciale. E pensare che nemmeno tu pensavi vi sarebbero state conseguenze, è quello che hai detto. Pensavi di muovere due sassolini e tutto sarebbe finito li. Ora che tutto il fianco della montagna sta rotolando a valle cosa ne pensi? Sei contento della tua opera, o ti sorge forse il dubbio di star facendo una cazzata immane? No, perchè, veramente, mi piacerebbe sapere se c’è un ragionamento dietro alle tue azioni…."
Il chierico continuò a tacere. Sembrava fissasse più il muro alle spalle del demone che il demone stesso.
"Non ti va di parlarne? O non sai nemmeno cosa rispondere?
Facciamo così, oggi mi sento meno cattivo del solito, ti faccio un pronostico.
Non sto a dirti che la tua finalità ultima te la puoi scordare tranquillamente, questo concetto mi pare tu lo stia già afferrando. Sono le modalità che mi investono di brividi di piacere. Sarà veramente un momento di grande commedia. Vedrai ruoli ribaltarsi, vedrai alleati scagliarsi l’uno contro l’altro, vedrai te stesso, come è già successo, al centro di una storia creata da te ma assolutamente non tua. Vedrai il pubblico in visibilio."
Il chierico sospirò.
"Forse è proprio questa la funzione di un chierico. Io tesso inconsapevolmente le trame del fato, sono io stesso la trama, ma la storia non mi tocca. Io sono fuori dalla storia, sono uno spettatore ed un regista senza copione. Sono uno strumento degli Dei, a cui gli Dei non devono alcuna spiegazione. Sono un’utensile, come un martello. Nessun fabbro si chiede mai quanto dolore sopporti il martello ad ogni colpo. La visione del creatore è sull’oggetto, non sullo strumento. Sarà quel che deve essere, ovviamente. Io posso solo essere il più vicino possibile a ciò che considero nobile. Fino alla fine di questa storia, che non sarà la mia storia."
Il demone fissò il chierico impassibile: " Concetto interessante. Roba da fondare un sindacato dei preti, ma dubito che le vostre richieste saranno mai vagliate con attenzione. Lanciala sul fatalismo, ti conviene. Con la badilata sulle gengive che stai per prendere ti sarà utile scaricare un pò di responsabilità ad un’entità sfuggente quanto il fato. Farà male lo stesso raccolgiere gli incisivi da terra, ma almeno sarai un pò meno arrabbiato. Ora che mi sono sfogato, bamboccio, ti saluto, torno nella mia dimensione subliminale. Ma prima ti svelo un segreto…"
Si alzò da terra e sferrò un possente pugno al muro che aveva alle spalle, il muro del vicolo cieco.
Il pungo lo attraversò.
"E’ illusoria bamboccio, questa parete del cazzo! Puoi passarci attraverso. Un classico, a te piace stare sul classico…." sogghignò.
" E dall’altra parte cosa troverò?" chiese il chierico.
"Dolore, ovviamente. Bello distillato, raffinato e invecchiato come il migliore aceto balsamico. Proprio come piace a te." rispose il demone, e con un passo all’indietro svanì attraverso la parete.
"beh…almeno è blasamico…" sussurrò il chierico.

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Io e il Mago durante la turbolenza massiva psicocinetica in via Regnoli, 1989


Quando ero piccolo (tutti mi scherzavano…ma anche adesso..), prima, quindi, di diventare uno stronzo, ero uno spiritista.
Spiritista convinto.
Sarà stato crescere negli anni ’80 a braccetto con i ghostbusters, sarà stata quella repulsione-attrazione incontrollabile nei confronti della paura…ma, andare a caccia di fantasmi, era il mio hobby preferito.
Ed è durato un bel pò.
Io ed il Mago non avevamo dubbi. L’investigazione paranormale era la priorità assoluta.
E non ci siamo fatti troppo distrarre dalle crisi ormonali, dalle nuove passioni, dagli impegni contingenti. A dodici anni andavamo dal mago a farci spiegare l’esoterismo, a venti eravamo ancora in giro per i cimiteri dell’appennino, nel cuore della notte, a cercar presenze.
Poi….anche i migliori crollano. Le contingenze sono divenute così affilate, così crudeli, così tormentose, da riportarmi a terra. E addio spiriti (e spiritosaggini).
In realtà, non mi ha mai abbandonato del tutto, la cosa. Passo ore a navigare sulla rete, in tutti i siti sul paranormale possibili tra italiano ed inglese.
Ora, io ho un senso dell’umorismo piuttosto sviluppato, e sono un giocherellone… ma la quantità di stronzate che trovo scritta in rete è esagerata anche per la mia psiche instabile.
Non aiutano quindi molto, le informazioni telematiche.
Aiuterebbe di più stare in casa al buio ed in silenzio, sotto questo punto di vista, dato che in casa mia succedono cose strane di continuo. Dormirci non è facile.
C’è gente terrorizzata al solo pensiero.
E’ un pò un maniero stregato, in effetti. Ne ha l’aria.
Ma quando vedi una porta, chiusa, ballare sui cardini da sola… capisci che non è solo l’aria….
Quel cazzo di posto è infestato!
Il problema è: da cosa?
Le conclusioni potrebbero essere molteplici. Di morti che abbiano vissuto in quella casa, nel corso di cento anni, ce ne sono a cariolate (alcuni freschi, freschi, tra l’altro)… vai a trovare proprio quello che sia incazzato e sospeso tra due dimensioni!
Senza contare che, non si capisce come mai, gli incazzati rimangano a rompere i coglioni mentre gli amorevoli, che aiuterebbero anche, se ne vadano per altri lidi e cazzi dei vivi.
Ma, visti gli onori della cronaca, in casa mia, penso di ricadere nell’ipotesi originale.
C’è qualcuno o qualcosa. Invisibile, intangibile, inverificabile… ma stronzo come la morte!
C’è un un concetto, che accomuna molte delle correnti spiritiste, il quale mi ha colpito sin da piccolo: la Larva.
Dicesi larva, in senso astrale, un guscio di energia pischica (o eterica, o astrale, o spirituale, o turbominchia, o cioccolato e praline..ognuno la chiami come vuole..) non del tutto senziente ma perniciosamente parassitario, generato per lo più dalle ossessioni e dalle stesse passioni violente degli umani. A volte anche li ci mettono il morto incazzato (perchè a noi vivi piace sentirci in colpa dopo, quindi prima spariamo, poi abbiamo paura che al morto girino le palle… visto che fondamentalmente sappiamo quanto abbia ragione lui..), ma nella maggior parte dei casi, la Larva è un prodotto della vibrazione emozionale umana.
Più forte è l’emozione, il pensiero ossessivo, più la larva generata sarà potente ed affamata. Essa continuerà a riportare la situazione dell’ infestato allo stato che l’ha generata, nutrendosi della stessa vibrazione emozionale che l’abbia creata, in una atto di vampirismo energetico a ciclo continuo. Io ti partorisco, e tu mi mangi…
In realtà qualche riscontro reale io l’avrei. Infatti in alcuni campi specifici della vita (come quello economico, ad esempio) la situazione sembra tornare ad un punto particolare  a prescindere dai miei sforzi in un senso o nell’altro. Nessun piagnisteo, benintesi. Non parlo di frustrazione non riuscendo a toccare una nuova vetta, parlo di impossibilità persino di arrivare all’abisso. Nemmeno cercando di autodistruggermi riesco a spostarmi. Tutto rimane nella situazione specifica in cui mi giri il cazzo. Probabilmente aumentando così la vibrazione di cui si nutra la Larva.
Non è che sia un concetto così slegato dall’idea del Karma o dei demoni personali. E’ una specie di pudding tra psicologia, spiritualità e fantasy.
Insomma, la mia religione ideale.
Ma, nel caso assurdo che sia vero questo concetto (pur nelle insondabili ed invisibili regioni delle energie sottili) io sarei assolutamente ed irrimediabilmente FOTTUTO!
Io ho emozioni profondissime. Le mie ire, i miei strali, ma anche i miei slanci, le mie fluttuazioni amorose, così come i parti della mia immaginazione, sono così potenti che a volte tutto il piano fisico del mio essere ne viene scosso.
In pratica, per le ipotetiche Larve, io sarei un ristorante a cinque stelle ad orario continuato, con sala lap dance gratuita.
Non che vi sia mai vissuta gente molto calma dal punto di vista emotivo in quella casa….
Anche mia madre, che si da un pò un’aria da iceberg inattaccabile, sotto sotto bolle come un vulcano silenzioso, ma le sue esplosioni sono terribili. E alle ipotetiche larve fregherebbe poco, ma molto poco, della facciata esterna. Esse andrebbero a suggere alla fonte, l’energia di cui fossero affamate….
In pratica, un delirio. Se poco poco mi girassero le palle per essere stato rifiutato, o avere fallito, o avere avuto una sfiga, correrei anche il rischio di generarmi una scimmia drogata di quella emozione che mi si accamperebbe sulla spalla, con il caparbio intento di farmi rimanere in quello stato. Insomma, stronzi interdimensionali. Non ne avevamo già abbastanza in una dimensione sola!??
Inoltre, vista la mia tendenza al dramma e alla negatività… potrei quasi affermare che quella casa l’ho infestata io.
Che è piena delle mie supporazioni cerebrali, di schiume dei miei ribollimenti interni, di Larve della mia demoniaca nidiata.
Se vuoi sapere chi muova i mobili mentre cerchi di dormire, in pratica, basta guardarti allo specchio.
Sei la mamma dei demoni.
E’ da quando avevo dodici anni che ci penso, a questo concetto. Non si capisce come mai le emozioni negative, o quantomeno perverse in senso ossessivo (comunque roba poco buona), abbiano il potere di creare queste cose meravigliosamente terribili. Allora perchè non ho mai (e dico mai) sentito parlare di una controparte positiva?
Io amo da morire mia sorella, mia madre e la mia casa.
Questo però non genera un putto etereo che ci protegga e ci difenda…..
Insomma, se sei bravo e buono non ottieni un cazzo, se sei negativo e distruttivo il piano etereo è un vivaio a tua disposizione per creare mostruosità.
Allora, ho pensato:
cerchiamo una difesa.
E qui, si sprecano le risate.

Un rito tipo: "prendi una bacinella di acqua benedetta, lasciala esposta alla luce della terza luna della seconda decade in trigono con Venere. Spargi l’acqua nella casa bruciando incenso aromatico di mirra Giordana, non raffinata, in un bracere di ottone dodecaedrico che sia appartenuto al cugino più prossimo di un santo vissuto entro tre isolati da casa tua…ecc, ecc."
Eh?? Prego?? Il fatto che io non ci abbia capito un cazzo penso sia normale….quello che non dovrebbe essere normale è il soggetto che inventi questi riti….

Preghiera o incantesimo tipo: "Oh Santa Vergine Maria, madre del Salvatore dolce, Signore nostro gesù Cristo. Bocciolo di rosa pura aspergi col tuo candore questa abitazione e scaccia… bla bla bla…"
Del tipo: il nemico del mio nemico è mio amico.
Io ancora devo trovare come proteggermi dal cristianesimo!

Esercizio tipo: "Esci dal tuo corpo, vai sul piano astrale, e fagli il culo".
Beh, si. Viaggiare in astrale è una favoletta, cosa ci vuole??? Avrò fatto si e no tre sogni lucidi in vita mia, e come faccio a rilassarmi fino ad andare in sonno vigile MENTRE LA CAZZO DI CASA SI MUOVE E FA CASINO???

Allora non ti masturbare!
Oh, questa c’è in ogni cultura spirituale. Mi rompono le palle da quando avevo dodici anni. Non ti masturbare che le Larve si nutrono delle tue perversioni!
Oh, ragazzi… che vi devo dire? BUON APPETITO!
Mi torna in mente Amarcord, e il ragazzo che guarda il Santo pensando: "Piangi, piangi,tanto io mi tocco lo stesso!".
Ragazzi, masturbiamoci e miriamogli in faccia. Che palle!

Quindi, in sintesi, se ci sono me le tengo.
E credo ci siano. Credo vivano dentro i mattoni del maniero, che ascoltino, che si divertano. Magari c’è anche il morto incazzato, così, tanto per fare da generale delle truppe…
Non fuggo le mie responsabilità dando la colpa a loro, ma non essendo io Vulcaniano, non posso non avere emozioni perchè qualcuno me le divora….
Certo, ciò che si trova scritto è semplificato, molto elementare, molto stupidotto in un certo senso.
Parlare in maniera empirica dell’irrilevabile è come scoreggiare nello spazio siderale. Non si può mai dire che sia realmente avvenuto (a meno che uno non la faccia nella tuta..).
Resta il fatto che qualcosa in me è ancora acceso.
Qualcosa che non ignora i rumori provenienti da una camera vuota, non ignora il terrore assolutamente immotivato che prende in certi momenti. Quella pelle d’oca improvvisa, la sensazione di essere osservati e braccati di colpo.
Non sono un ateo e un pragmatico. Io amo, anzi, adoro il paranormale.
Sono disilluso. Un tempo avevo paura di vedere un fantasma, oggi ho paura che la sveglia stia già suonando, il fantasma è una bazzecola.
Eppure, se non mi cagassi addosso, sono sicuro che avrei molti più canali sensoriali aperti. Forse quelli che ha il gatto quando soffia e rizza il pelo guardando una parete bianca…..
Io, quando guardo una parete bianca, penso che sia ora di dare una mano di vernice, al massimo….
E questo vivere arido, da adulti con la testa sulle spalle, non mi è mai piaciuto. Penso ogni giorno, con malinconia, a quei due ragazzetti che giocavano con talismani e pendolini. Che avevano teorie sconclusionate, ma nemmeno troppo, ora che vedo quelle altrui.
Che un pò giocavano, un pò sognavano e un pò forse combattevano su un piano dell’essere più sottile.
Ora ho la testa sulle spalle, forse.
Ma era tanto bello appoggiarla un pò sul comodino….
 

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Era una notte abbastanza piccola, cieca, e volava ingoiando insetti. Una nottola.
Il buio faceva un odore rancido di olio stantio. Buio fritto.
Ma tutto questo a Scardella non importava, anche perché lui si occupava delle esportazioni. Aveva fatto la tratta Ginevra-New York ben due volte e senza nave, quindi aveva un male alle spalle che lo vedeva. Nonostante il buio, lo vedeva. Quello che non vedeva era l’ora di andarsene. 
Da circa cinque ore si girava i pollici, quindi era abbastanza sicuro che le articolazioni carpali fossero irrecuperabili, ma scrutinava nel buio, perché ormai si era votato a quella vita. All’ottava (che è anche un salto facile musicalmente parlando)  ora dimenticò l’alba per l’Albana, e benché fosse una situazione sinistra (quindi trombata d’ufficio alle elezioni), dopo mezza bottiglia non glie ne fregava più un tappo.
D’improvviso un grosso canide selvatico spuntò dai cespugli chiedendogli dove fosse la fabbrica di birra più vicina. Doveva trattarsi del Luppolo.
Era questi un animale singolare (anche perché sennò avrei detto : D’improvviso ALCUNI grossi CANIDI SELVATICI…scc.), che si aggirava con la bocca schiumante per la foresta. Tutti credevano fosse rabbia, ma era solo spuma di birra. Infatti per essere ligio ai proverbi era completamente glabro ma si ubriacava con frequenza regolare. Quindi era un tempo da lupi, e la vita del lupo è difficile, essendo così proverbiale.
Scardella non ne fu affatto intimorito, però aveva paura che a quel punto le favole fossero colpite da malattie degenerative autoimmuni (lupus in fabula). Così non fu, ma la rabbia, il Luppolo, quella notte l’aveva sul serio. Essendo finita la birra era incazzato come un bestia. Ed essendo lui stesso una bestia la cosa si elevava alla Potenza, e molti cittadini della Basilicata furono svegliati nel cuore della notte da un ululato ( una delle facce di un ulupoligono..) agghiacciante (verbo granitico)  e una tremenda voglia di birra (cosa che succede).
Nella stessa città, i ladri di biciclette avevano acceso i fanali (da non confondersi con i Fa Anali: Note molto gravi ottenuti dalla digestione di legumi musicali, i Fa gioli) e si inerpicavano sulle alture cercando di scacciare le curve. Ma essendo queste tornanti, alla fine i ciclisti  desistettero (si reso conto di essere troppo attillati e dai colori improponibili), e le cime della provincia vennero invase da importanti chiese in cui venivano incoronati i re. Venne dunque  basilicata, tranne quei pochi che emigrarono perché preferivano l’origano.
Ma Scardella era ben lontano da quelle contrade, non lo aveva mai viste, mai conosciute… mai incontrade insomma. In realtà era vicino ad una macchia di alberi (quindi era una natura abbastanza impressionista) che non gli facevano far nulla, gli proibivano ogni cosa, doveva essere il limitare della foresta. Di fronte a lui, la sponda del Mar Motta offriva una stupenda vista di onde di cioccolato al latte dal quale affioravano scogli di pandoro (urside bicolore in via di estinzione interamente placcato a 18 karati).
Un vecchietto con un lume fioco stava sparando grossi pallettoni nel cioccolato da un buco che gli si apriva nel petto. La sua valvola mitralica funzionava alla perfezione. Ma pesci, nel cioccolato, non ne nuotano, se non a Pasqua (con chi vuoi, si, con chi vuoi), e i tempi stavano cambiando. I minuti erano stanchi di essere piccoli, i secondi che qualcuno arrivasse sempre prima di loro, e le Ore, pur avendo insegnato l’educazione sessuale ad almeno due generazioni, non stavano più in nessuna edicola.
Scardella raccolse una manciata di sabbia zuppa di cioccolato e la ficcò in bocca. Capì subito che la fangocitosi non era poi una cattiva idea, su un mare di cioccolata. Vide in lontananza un gruppo dei ragazzi della via PAL combattere contro un gruppo di ragazzi della via NTSC, per questioni di formato più che di territorio, e la cosa non gli piacque. Si iniziava così da piccoli giocando, poi ci si trovava come lui, in una notte senza l’una (quindi dopo mezzanotte erano subito le due) a guardare un mare scuro come cioccolata Fon Dente (nobile tedesco specializzato in odontoiatria, che dette il nome alla cioccolata in omaggio al lavoro che gli aveva procurato) senza avere un piano d’azione. Nemmeno un piano inclinato. Nemmeno un piano di quelli che entusiasmino: un Piano Forte!.
Se lo avesse avuto, un piano del genere, la musica sarebbe cambiata. Avrebbe anche diviso quel mare di delizie, lo avrebbe… spartito. Per un momento pensò di entrare nella musica dalla cantina, perché aveva ancora una chiave di basso.Ma le note dolenti avevano già preso un sacco di botte, e anche mettersi a far musica fino a tirare mattino, da bravo notambulo, non avrebbe Giovato. Infatti il vecchio Dio Greco si era ritirato a vita privata; ormai era lontani i tempi in cui qualcuno suonava al campanello, lui dava il tiro e : Apriti Cielo!
Ma ormai i danni peggiori erano fatti (quindi drogati a puntino); era una situazione tragica, compromessa, ma ricordava tempi migliori, tempi lontani. Era una situazione d’annata insomma.
In fatti con un odore sul fureo (cioè, non proprio fureo…ma gli assomigliava parecchio) ecco apparire Lucifero in persona, con un impermeabile chiuso addosso. Scardella non credeva ai suoi occhi. Infatti non avevano prove a sufficienza e chiunque potrebbe osservare un minuto di silenzio, in fondo. Basta star zitti e non staccare gli occhi dall’orologio.
Ma Satana aprì il cappotto e sotto era completamente nudo, con i genitali in bella mostra ( mh..si ma pensavo meglio…e il biglietto costava troppo…). Scardella rimase di stucco, quindi divenne tutto friabile sulle parti più sottili e a toccarlo troppo si sbriciolava. Non voleva passare pene dell’inferno (anche se era li a portata di mano) e chiese al Demonio quanti cazzo di nomi avesse.
Belzebù rimase frastornato (monaco momentaneamente inebetito) dalla domanda, e colto da una crisi di personalità ritornò dove doveva stare, allo stadio, a fare del tifo indiavolato (malattia epidemica molto frequente tra gli amanti dello sport).
 A quel punto tutti acclamarono Scardella. I pesci di cioccolato, i ragazzi dai formati nemici, il lupo della birra, i pirati dei sette amari (che non navigavano mai ma erano sempre ubriachi), le coccole aulenti ( D’annunzio è morto senza spiegarci che cazzo fossero…ma suonano così bene…) e molti abitanti della Basilicata. Ma egli era convinto che si fosse trattato di un errore. Quindi un libro di spiegazioni enorme per descrivere uno sbaglio. E capì proprio in quel momento che il maschio della torta non avrebbe mai avuto ragione in vita sua. Questo dimostrava che la parità dei sessi era una chimera,  era una manovra di Martin l’Utero per sconvolgere di nuovo i ruoli nel mondo. In altre parole c’erano significati diversi, quindi non è che si potesse usarle poi alla gonade di canide.
Così Scardella decise di erigere (verbo alquanto penoso) una casa di mattoni cotti due volte (biscotti) in riva al mare di cioccolata. Nel caso avesse avuto ospiti, avrebbe potuto offrire loro alcuni piccoli elementi della copertura del tetto:  i tegolini, da inzuppare nel mare.
Ma decise di restare solo. Cioè non avrebbe fatto nient’altro che restare.
Perché il Diavolo aveva molti nomi, e questo poteva rappresentare un problema specialmente durante la firma di molte cambiali, ma Scardella era proprio un nome del cazzo.
Così nella sua solitudine ed isolamento scrisse un libro destinato a salire in vetta alle classifiche:”Corto circuìto”. La storia di un Sardo che era stato turlupinato.
Anche turlupimorto, disse chi aveva finito il libro.
 
Questa fantastica storia successa per davvero vi è stata offerta dal caccia-pesca: "Pum-Pluf", e vi ricorda le sue canne con lenti correttive per non vedenti: CANNOCCHIALI.
E le sue armi da fuoco sotto forma di scodelle sporche di sugo piccante: FU CHILI!


 

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Alla porta era affissa una targhetta di ottone recante la scritta: "Ufficio Personale".

Tutto intorno era solo il vuoto. Nemmeno nero, nemmeno informe, proprio… vuoto.

La porta era sospesa (..o appesa; o distesa..o..) nel nulla immobile.

Niki girò la maniglia, la porta si aprì ed un fascio di luce calda si proiettò all’infinito nella vacuità immensa alle sue spalle.

All’interno della porta c’era una stanza curiosamente arredata ed occupata.

Esattamente di fronte all’entrata era posta un’ enorme scrivania lucida, laccata in un materiale plastico arancione acceso in stile Bauhaus. La moquette impolverata si stendeva sul pavimento come un immobile mare marroncino-verdastro di peluria, dall’odore piuttosto stantio. Le pareti erano uno stridente spettacolo di carta da parati invecchiata e quadri abominevoli di pagliacci e Pierrot, piangenti o ridenti, con fissi occhi vitrei.

Dalla mobilia nera ed essenziale uno squadrone di facce ceramiche, appartenente a bambole impaludate di pizzi opulenti, lo osservavano inespressive e spietate.

Alla scrivania sedeva una donna dalla bellezza sconvolgente.

Erano forse le lunghe gambe caprine (tuttavia ben rasate e strette in calze di buona fattura), accavallate in una posa conturbante a donarle un’aria di irresisitibile fascino esotico, o forse le piccole corna ritorte confuse tra i boccoli ramati, ma di una cosa Niki fu certo.
Era bella, ma bella davvero.

"..Si, in via dei matti numero zero.." disse la donna schiudendo le roride labbra carnose.

"Prego?" domandò Niki.

"Una motivetto terribile, lo so. Abbiamo anche questo qui, in attesa che il buon D’Alessio venga finalmente convocato." disse la donna mentre piegava il capo scartabellando con alcuni fogli sparsi sulla scrivania.

"Lei è il Sig. Pancaldi, dico bene?" chiese.

"ehm… si…" rispose Niki con aria interrogativa. Non gli era molto chiaro dove si trovasse, e a ben pensarci, nemmeno come avesse fatto ad arrivarvi.

"Molto bene Sig. Pancaldi" continuò la donna alzandosi. Aveva un fisico mozzafiato, ed il vestito di pelle bianca che indossava aderiva alle forme scultoree con provocante sensualità. Persino il tacco naturale, di zoccolo, aveva una classe tutta particolare. Si sporse verso di lui, allungando una mano dalle unghie smaltate di rosso accesso, ed esibì un sorriso incantevole.

"Le diamo il benvenuto all’Inferno!"

Niki rimase perplesso. Allungò la mano e strinse quella della donna, senza mai staccare lo sguardo dagli occhi penetranti che lo osservavano. Avevano sfumature scarlatte de il tocco della mano era di un calore pungente.

"Vuol…dire.. che sono morto?" chiese.

"Beh, di solito questa è una condizione necessaria. Anche se spesso la Vita sulla Terra supera di gran lunga le nostre più sfrenate fantasie di eccellenza tecnica. Qualcuno inoltre è convinto che l’Inferno sia una condizione spirituale o psicologica, insomma.. un gran casino. Ma ciò che importa è il fatto che lei sia stato notato dal principale." rispose la donna sedendosi di nuovo. Sfilò una sigaretta da un portasigarette argentato, se la portò alle labbra, la toccò con una delle unghie smaltate e questa si accese.

Soffiò una nuvola di fumo azzurrato e riportò lo sguardo sull’interlocutore, il quale sembrava rimasto impietrito. Anche la gestualità con la sigaretta accentuava l’inno erotico della sua presenza. Niki avvampò, sporgendosi sulla scrivania arancione.

" Per principale intende forse…." azzardò lui, divorandola con lo sguardo.

"Oh, si. LUI.

E’ un talent scout di indubbio talento. A quanto ci risulta lei ha contestato più o meno l’intero impianto della vita mortale in ogni sua forma ed espressione, non è mai stato pienamente soddisfatto di nulla, se non per periodi ridicolamente brevi, ed è sempre stato presuntuosamente convinto di poter fare di meglio.." fece una pausa aspirando avidamente dalla sigaretta, gesto le che disegnò amabili fossette sulle guance rosate.

"Di conseguenza sono condannato…. e quindi era tutto vero! Era figlio di Dio e dopo tre giorni è risorto!" disse enfaticamente Niki.

"Beh, adesso non galoppiamo troppo con l’immaginazione, Sig. Pancaldi! E’ sempre stata una sua peculiarità lo scarso autocontrollo in questo senso, ci risulta…" rispose la donna appoggiando i gomiti sulla scrivania.
Niki si portò le mani alle tempie, fissando il pavimento. Era visibilmente sconvolto.
“Vuole che le mostri un seno?” chiese lei rassicurante.
“No, mai a stomaco vuoto.” Rispose Niki senza scomporsi.
“Allora gradisce qualcosa da mangiare?” Incalzò la donna.
“Mh… non so, cosa avete qui?”
“Pasta con i broccoli, pomodori crudi e capperi.”
“Porca troia…”
“che c’è Sig. Pancaldi?”
“Minchia… è L’inferno DAVVERO!”
Sul viso della donna si dipinse un sorriso sardonico, ma non ribattè. Scrollò la cenere con noncuranza e recuperò un foglio dal piano della scrivania.
“Come dicevo, lei è fortunato. La proposta del principale è che lei si unisca ad uno dei cori infernali e assuma la carica di Torturatore. Ovviamente è una collaborazione, lei non è esentato dalla pena, ma godrà di alcuni provilegi non concessi ai Suppliziati.” Concluse.
“Non capisco…” disse Niki “ Devo cantare mentre frusto qualcuno?”
La donna rise.
“No, non proprio. Abbiamo molti rapper e cantanti pop condannati a centinaia di anni di ascolto ininterrotto di polifonia rinascimentale. Vedrà che si troverà a suo agio, dai dati  a nostra disposizione risulta che, in vita, lei abbia avuto una carriera musicale tanto attiva quanto mediocre, dovrebbe essere abituato…”.
Niki si grattò una tempia, con fare interrogativo.
“Vuol dire che Dante aveva in un certo senso ragione, le pene inflitte sono il contrappasso dei peccati commessi! Se le cose stanno così, mi dica, avete sicuramente un certo Berlusconi qui, potrei torturare un po’ anche lui? Magari con la frusta, quello….”
“Lei sta scherzando?!” Gridò la donna avvampando “Il nostro migliore direttore dle Marketing da migliaia di anni?
Il principale lo adora, anzi, credo che in segreto lo ammiri molto. Lo abbiamo qui da non molto tempo, ma possiede già una villa sul Flegetonte che è l’invidia di molti Demoni Maggiori!”.
“Non sapevo esistessero demoni di tale e rara bellezza…” svicolò Niki.
La donna aspirò dalla sigaretta, si accarezzò con fare voluttuoso i capelli ricciuti e sorrise.
“In realtà non abbiamo propriamente un sesso, come gli angeli del resto. Per lei è stata scelta questa forma solo per torturarla un po’. Un piccolo benvenuto diciamo…giusto per presentarci.” Disse.
“Ehm… visto che dovrò stare in eterno qui… non si potrebbe… un’ultima volta…come dire..io e lei… tanto qui siamo fuori dalla giurisdizione, qualche porcheria dovrebbe essere ben accetta….” Balbettò Niki, arrossendo, ma con sguardo predatorio.
“Signor Pancaldi! Le prove del coro inizieranno tra cinque minuti e non esiste che io faccia sesso con lei!”
“ci sono anche le prove????” sbottò Niki.
“Ma… allora non le è chiaro. E’ all’inferno!”.
La donna gli porse un foglio e gli intimò di firmarlo con il proprio sangue.
“Ora lei è a tutti gli effetti un nostro impiegato. Rispetterà gli orarii di lavoro e sarà a nostra disposizione.”
“Già, a quanto pare la vita sulla terra insegna molto, su questo posto…” disse Niki alzandosi ed incamminandosi verso la porta dalla quale era entrato.
“In effetti, Sig. Pancaldi, ultimamente il principale sta considerando un’ipotesi di fusione. Ma su una cosa lei, o meglio tutti voi, sbagliate. Non starete qui in eterno…”
Niki si bloccò.
“Ah no? E poi che succede?” chiese
“Vi sono molte vite,e molti mondi.” Disse lei “Non vorrà che ci teniamo gente come Valeria Marini o Taormina in eterno?! Questo è l’Inferno, non una casa di cura per malati mentali!”.
“Ma, per curiosità… per andare in paradiso… cosa bisognava fare?” chiese Niki aprendo la porta.
“Ubbidire.” tagliò corto la donna.
“Allora ci rivedremo…….”

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Finalmente l’ho finito.
La più lenta ed agonizzante lettura di un libro interessante della mia vita.
Credo di averci impiegato sei mesi, e non perchè il libro non fosse meritevole, leggendo a spizzichi e bocconcelli nei pochi momenti rimasti prima di crollare sbavando sul cuscino.
Per fortuna il week end sulle alture del Bardo mi ha dato modo di calare seriamente sulle ultime cento pagine.
Wayne Barlowe è un genio.
Prima di ogni altra cosa è un pittore, un artista concetuttale cui dobbiamo ad esempio le mirabili creature di Hellboy (la sua visualizzazione della Morte nel secondo film mi ha commosso) e buona parte dello stile dei film di Harry Potter (Il fatto che collabori con Mignola, Lee, Howe e Del Toro alla realizzazione de "Lo Hobbit" non può farmi fare altro che preparare lo spumante in ghiaccio)…
Poi a forza di dipingere scorci d’inferno decide di scrivere un libro sulla sua abissale visione.
Un libro meraviglioso nel suo insieme e di primo impatto stridentemente  ostico.
Ostico sia a livello di visualizzazione che concettualizzazione.
Fortunatamente l’autore ha anche disegnato mirabilmente ciò che si immaginava e dopo i primi capitoli sono subito andato a cercare una finestra telematica per vedere cosa avesse in testa quell’uomo.
Ciò che aveva in testa è allo stesso tempo rivoltante e sublime, come pochi artisti possono riuscire a fare, e tra i quali a mio avviso spiccano sicuramente Clive Barker e H.R. Giger.
Uomini che, semplicemente, sono capaci di distorcere la forma e la realtà rompendo lo schema mentale che tutti ci imbriglia, fino a diventare demoniaci (o divini) plasmatori della materia stessa, modellatori della carne e dell’osso, scultori organici dell’arte immaginativa.
Il dipinto che Barlowe fa dell’inferno è possente, inquietante e più di ogni altro assolutamente convincente.
L’idea forse più rivoluzionaria all’interno della sua visione è il ruolo delle anime punite con la permanenza nell’abisso infernale, che Barlowe non mette più in un posto di rilievo (seppur nel supplizio), ma addirittura  relega al ruolo di puro utensile nelle mani dei demoni che popolano e dominano le lande del castigo.
Nell’inferno Dantesco in qualche misura sono comunque i demoni a servire le anime, seppure come torturatori ed aguzzini, ma sembrano comunque fare parte della dimensione tormentata del castigo unicamente per il ruolo che ricoprono, IN FUNZIONE delle anime umane.
Nell’inferno di Barlowe questo non avviene. Le anime (almeno durante la prima parte della storia) sono assolutamente ininfluenti, sono schiavi, sono materia prima, sono poco più che elementi del paesaggio, mentre i demoni vivono una vita tridimensionale metaforicamente molto vicina a quella degli umani, fatta di lotte, di intrighi, di  potere e contrasti.
In questo esiste per l’uomo un castigo forse anche più tedioso della tortura, una schiavità totale e perenne, sotto il giogo di esseri superiori per lignaggio e potere e totalmente incuranti del destino delle anime.
I demoni regnano.
Gli angeli caduti su cui ruota tutta la storia sono ovviamente sempre i più meritevoli della mia attenzione, specialmente nel caso del protagonista; figura di dannato che assolutamente non cede a rassegnarsi al suo stato e che, anzi, lotta disperatamente per riconquistare il famoso "paradiso perduto".
Ma se di Milton c’è l’impronta il senso generale è completamente ribaltato rispetto al suo poema.
La filosofia è proprio quella di non accontentarsi di regnare sulla merda, perchè per quanto sia sempre merda rimane, e di combattere senza altro appiglio che la speranza… cosa che poi è, in fondo, la vera essenza della fede.
Nel suo percorso per la redenzione il Gran Demone ci accompagna in una maestosa panoramica nella dimensione infernale, fatta di tempeste di cenere, di paesaggi organici di pelle e roccia, di architetture megalitiche e forme improbabili.
Inafferrabili fin dai primi momenti la struttura delle cose, le sembianze dei personaggi i quali sembrano più idee incarnate che esseri viventi, quindi continuamente in stato mutazione per umore o contingenza.
Benchè io non sia proprio l’ultimo dei pezzenti a livello di fantasia e capacità di visualizzazione ho fatto davvero fatica a capire cosa intendesse, per questo i suoi dipinti risultano quasi più indispensabili che utili, perchè evidentemente pur essendo la sua penna ben capace di spiegare la maggior parte degli elementi alcuni di essi potevano essere espressi chiaramente sono con l’arte fondamentale dall’autore esercitata, l’arte visiva.

Spiegare un essere di cui a fatica si possa capire da che parte inizi e finisca, coperto di glifi luminescenti in un contesto alieno è una sfida un pò ardua per il lettore medio, suppongo….
Ma in questo, come in ogni cosa così particolare da non essere capita dai più, risiede la grandezza della sua visione.
Non solo lo crea maledettamente alieno nella forma questo suo mondo, lo crea agghiacciantemente simile nella sostanza!
Così come quella carne distorta e plasmata a ditate rappresenta un’ideale anima autoscoscente incarnata così lo scacchiere infernale ci mostra un gioco di potere e libero arbitrio paragonabile alla nostra vita.
Ognuno di noi può regnare sull’inferno,
ma il vero slancio trasformerebbe l’inferno in un paradiso, perchè il paradiso si perde e si riconquista con proposito ed azione, quindi chi paradiso fa paradiso ottiene e di conseguenza anche l’inferno.
Molti potenti terrestri sono assimilabili al principe reggente delineato da Barlowe per il s
uo inferno..
Non per niente Belzebù è la "somma mosca", quindi vero imperatore della merda e imp
egnato a mantenere la merda tale, essendo suo stesso sollazzo, fonte di potere e nutrimento.
Niente di nuovo anche al’inferno quindi?
Non è detto, perchè forse è proprio la presenza della speranza dove speranza non dovrebbe esistere la vera nota di fondo dell’intera opera, quindi anche il famoso cartello di benvenuto di dantesca memoria sembra più una pubblicità ad effetto che un destino inesorabile.
In fondo si cade per tornare a sollevarsi e forse l’elemento più interessante  e confortante della nostra epoca è proprio la ridiscussione di tutto, anche del giudizio divino, da sempre considerato eterno ed immutabile.
Ne consiglio la lettura a tutti i fantasysti, deliranti, onirici, gotici, apocalittici, macabri e sognatori visionari della mia schiatta.

Che siate angeli o demoni poco importa, in fondo sono parti della stessa essenza e come anche la mia vita mi ha dimostrato… si può passare dall’uno all’altro.
Con fatica.
Molta, molta, molta, molta fatica.
Ma è possibile.

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Lui era tutto.
Si, era importante D&D, erano importanti i libri,  la musica ecc..
Ma lui, lui è stato sempre il collante fondamentale, quello che teneva insieme il gruppo.
Il gioco più giocato, più invocato,  discusso, divertente, citato e mitologico che si sia mai fatto tra di noi.
Lui era un’idea geniale; di quelle che fanno gridare al miracolo. Quel misto di ironia e genio che allarga un sorriso e fa sbavare al solo pensiero.
Football americano con le creature Fantasy!
Io non so cosa Jervis Johnson avesse fumato quel giorno, ma era roba sicuramente ottima.
Ci ha regalato anni di  estremo divertimento, il buon JJ.
Anni di bestemmie fulminanti sui dadi da blocco che mostravano due teschi, sui giocatori scivolati sulla linea di meta avversaria all’ultimo sprint, della famosissima frase che regge l’universo intero : "uno, reroll,UNO!".
Anni di aggiornamenti di regole, di gigioni (i big guys) stupidi rincoglioniti a centrocampo, di blocker senza l’abilità block, di gutter-runner in meta al primo turno, di goblin con dauntless che rovesciavano i death-roller, di palle fatte con la creta, lo stucco ed il gesso (perchè quelle originali si perdevano in dieci secondi)…
Tempi di Coca ghiacciata, pasta al pomodoro, torso nudo, giardino, dadi, bestemmie e mete.
Un gioco che è sempre stato evocativo automaticamente, con pochissime regole in fondo, autoconclusivo e autoreferenziale.
Facile, veloce, bello. Idealmente violento ed ironico quanto basti.
Ed ora, dopo averlo segretamente sognato un pò tutti… è arrivato sui nostri computer!
Poter vedere le miniature muoversi, picchiarsi, correre, "dodgiare" in un campo gremito di spettatori urlanti diventa un piccolo sogno caduto nella realtà.
Il problema adesso è staccarsi….
Dopo le prime quarantotto ore ininterrotte le mie cornee stavano crepandosi, ma la mano non si staccava dal mouse……
Giocare anche se si è in casa da soli… sogno di tutti sogni….
L’intelligenza artifciale contro cui urlare e sfogarsi. Non un amico, persona che solitamente stimi ed ami quindi non degna dello sfogo della furenza ludica, o uno sconosciuto… il quale rischia la morte… ricordo leggende urbane di tornei sospesi in Toscana per "rissa generale con tavolate e seggiolate"…..
Mancano ancora alcune squadre "topiche", è vero (io dei non-morti sento la grave mancanza, essendo la mia seconda squadra ufficiale…), ma il livello tecnico è superbo, è qualcosa che mancava nella vita stessa; come il primo che abbia assaggiato la Nutella mi sono chiesto: "ma prima di questo… come si poteva esistere?".
Sempre il migliore.
Good Game in Blood Bowl!
GG&BB.
JJ.

E un immenso grazie al Mago per questo regalo di compleanno!
 

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