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Posts Tagged ‘bello’

Lui era tutto.
Si, era importante D&D, erano importanti i libri,  la musica ecc..
Ma lui, lui è stato sempre il collante fondamentale, quello che teneva insieme il gruppo.
Il gioco più giocato, più invocato,  discusso, divertente, citato e mitologico che si sia mai fatto tra di noi.
Lui era un’idea geniale; di quelle che fanno gridare al miracolo. Quel misto di ironia e genio che allarga un sorriso e fa sbavare al solo pensiero.
Football americano con le creature Fantasy!
Io non so cosa Jervis Johnson avesse fumato quel giorno, ma era roba sicuramente ottima.
Ci ha regalato anni di  estremo divertimento, il buon JJ.
Anni di bestemmie fulminanti sui dadi da blocco che mostravano due teschi, sui giocatori scivolati sulla linea di meta avversaria all’ultimo sprint, della famosissima frase che regge l’universo intero : "uno, reroll,UNO!".
Anni di aggiornamenti di regole, di gigioni (i big guys) stupidi rincoglioniti a centrocampo, di blocker senza l’abilità block, di gutter-runner in meta al primo turno, di goblin con dauntless che rovesciavano i death-roller, di palle fatte con la creta, lo stucco ed il gesso (perchè quelle originali si perdevano in dieci secondi)…
Tempi di Coca ghiacciata, pasta al pomodoro, torso nudo, giardino, dadi, bestemmie e mete.
Un gioco che è sempre stato evocativo automaticamente, con pochissime regole in fondo, autoconclusivo e autoreferenziale.
Facile, veloce, bello. Idealmente violento ed ironico quanto basti.
Ed ora, dopo averlo segretamente sognato un pò tutti… è arrivato sui nostri computer!
Poter vedere le miniature muoversi, picchiarsi, correre, "dodgiare" in un campo gremito di spettatori urlanti diventa un piccolo sogno caduto nella realtà.
Il problema adesso è staccarsi….
Dopo le prime quarantotto ore ininterrotte le mie cornee stavano crepandosi, ma la mano non si staccava dal mouse……
Giocare anche se si è in casa da soli… sogno di tutti sogni….
L’intelligenza artifciale contro cui urlare e sfogarsi. Non un amico, persona che solitamente stimi ed ami quindi non degna dello sfogo della furenza ludica, o uno sconosciuto… il quale rischia la morte… ricordo leggende urbane di tornei sospesi in Toscana per "rissa generale con tavolate e seggiolate"…..
Mancano ancora alcune squadre "topiche", è vero (io dei non-morti sento la grave mancanza, essendo la mia seconda squadra ufficiale…), ma il livello tecnico è superbo, è qualcosa che mancava nella vita stessa; come il primo che abbia assaggiato la Nutella mi sono chiesto: "ma prima di questo… come si poteva esistere?".
Sempre il migliore.
Good Game in Blood Bowl!
GG&BB.
JJ.

E un immenso grazie al Mago per questo regalo di compleanno!
 

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lasolfaNon par vero farne parte.
Non par vero vedere realizzato quello che forse era il mio sogno musicale più ambito e proibito.
Eppure sono il basso (ovviamente buffo) de "La Solfa".
Così oltre a ringraziare per la fiducia datami dopo anni di inattività polifonica, devo anche inchinarmi al piacere infinito che è diventato con il tempo trovarsi per cantare insieme.
Non più solo quattro cantori, ma quattro amici.
Ben affiatati nello sforzo musicale ma sopratutto nelle pantagrueliche mangiate e nei contrappunti di risate.
Oggi come oggi la mia fatica musicale più gradita, una delle poche cose in cui il risultato superi di gran lungo lo sforzo.
E poi, con tali bellezze contrapposte a tali facce da matti l’alchimia diviene magica.

filaE pensare che ci fanno anche cantare… io ed il Tenore credevamo di fare già abbastanza show solo con la faccia….

animaletti

Nel boschetto della mia fantasia c’è un fottìo di animaletti un pò matti….

belleSono belle, sono brave, sono NOSTRE! Giù le mani!

NikolettoOvviamente tutto questo madrigaleggiare anche in costume non fa che acuire i miei già preoccupanti delirii di melomane dilettante……

In effetti è difficile trovare qualcosa che entusiasmi, che riesca e al contempo diverta immensamente.
Anzi è difficilissimo.
Quindi cercherò di fare il massimo per sfruttare la botta di culo.
Senza valleità da cantante, ma almeno da buon cantore.

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Sono passati più di due mesi dal giorno che ha cambiato tutti i giorni.
Sembra niente sulla carta, eppure ora veramente la mia vita di un tempo sembra scivolata via del tutto, e mi trovo in quel posto lontano di cui parlavo in una poesia autunnale.
Vivo sensazioni antiche e nuove, di cui ringrazio gli Dei, in quanto non mi sarei mai aspettato di viverle nuovamente. Perchè in questa occasione somigliano incredibilmente alla prima volta.
E non credevo possibile  che un’anima ormai coperta di fango potesse vivere una seconda fase di verginità emotiva.
Eppure accade, e non mi pongo limiti o quesiti, dato che porli non ha mai evitato alcuna spiacevole sorpresa in fondo, attendo le problematiche senza timore, e se dovessero non arrivare mai strizzerei un occhio alla costellazione del Drago e me ne andrei fischiettando allegro.
Ho poca fiducia che possa accadere, ma ne ho rinnovata speranza.
Ed è proprio questo nuovo vigore che un pò mi perplime.
Questa energia positiva mi spinge a fare alcune cose che da tempo languivano, come aggiungere qualche riga al libro-che-non-scriverò-mai o iniziare a impiastricciare un nuovo disegno con Photoshop.
Ciò che è strano è la mia reazione.
Normalmente a stimolo positivo rispondo con intorpidimento e frenata, mi siedo sull’alloro e cado in una indolente fase di autocompiacimento senza bisogni.
Stavolta, chissà per quale motivo… no.
In realtà ho sempre avuto persone ad incoraggiarmi, anche parter, ma solo questa volta sento questa ribollente reazione interna che spinge all’attività.
Sono passati due mesi, ho studiato la faccenda in lungo ed in largo e non riesco a codificare il motivo per cui sia tutto già visto eppure tutto stranamente nuovo….
Non uso la logica, ovviamente, non l’ho mai fatto. Di solito però sono abbastanza capace di imbrigliare una sensazione e descriverla, ma devo ammettere il mio fallimento.
Ovviamente trovo più saggio godermela che cercare di capirla, e visto che anche le sue conseguenze sono positive, tanto meglio.
Ora che il mago l’abbiamo maritato e la stagione dei concerti comincia a diradarsi avrei una gran voglia di tornare a far rotolare dadi intorno ad un tavolo con i miei vecchi amici, inventando nuove storie per loro ed assistendo ai loro irresistibili siparietti in gioco.
Si, giocare di nuovo al nostro buon Sotterranei&Dragoni serie 4.0, una delle mie attività caduta anch’essa in disuso negli utlimi due mesi, anche perchè la percentuale di sposini nel gruppo era ormai preoccupante, ma sopratutto perchè io stesso non avevo tempo.
Però non è che non ne avessi più voglia.
Già abbiamo cestinato la palestra, e la linea del girovita ha ripreso ad espandersi IMMEDIATAMENTE, senza ritengo ne pietà.
Però tutto tutto non si può fare, è ovvio.
Ma il fantasy in questo momento sta tornando a galla, come un tortellone pronto per essere scolato.
Era andato a fondo nell’ultimo anno, preso com’ero dalla realtà, e dato che scrivo e disegno solo di Fantasy era ovvio che le mie passioni creative seguissero la medesima sorte.
Ora non so dire se sia perchè mi sembra di camminare in un sogno, o perchè il mondo si sia allontanato dai miei pensieri, ma la mia mente vola molto al di sopra delle nuvole.
Anche lei, che di fantasy non sa nulla di nulla, puzza di altro mondo.
Forse i suoi occhi li ho già visti mille volte nei disegni di Larry Elmore, forse la sua statura e prestanza fisica mi ricordano le donne guerriere delle mie favole, forse è il suo nanico carattere cresciuto sulla roccia e inamovibile come le montagne o il suo sorriso cristallino come un canto elfico…..
Forse la sua semplicità, che non sa di raffinatezze moderne, ma ha un aroma di verace dignità antica, dove la semplicità potrebbe essere un valore luminoso ed umano contrapposto alla bieca complicazione di un mondo di immagini finte.
E’ una strana energia questa, che scalda più del sole d’estate, ma è incredibilmente ciò che mi serviva.
Spero di non deluderla.
Confido di non rimanerne deluso.

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Prima era sera.
Uscivo dal temporale di vento e pioggia che incombeva sulle mie terre felsinee come un lampo blu diretto a Nord.
Ad Ovest il sole radente mostrava la sua faccia vespertina tagliando la bassa sonnecchiante con una lama di luce gialla e calda.
Andavo, e io non ho mai avuto una mente fatta per andare.
Il viaggio, di per se stesso attraente, aveva sempre causato uno scompenso psicologico paranoide all’interno.

Eppure andavo. Un lampo blu ed ammaccato sulla pianura.
Cercando una laguna.
Mentre il Grande Fiume mi scorreva sotto le chiappe pensavo a quanto fosse assurdo che l’autostrada non fosse una perenne carneficina.
Pensavo al viaggio come ad un’odissea di pericoli forse taciuti ma ben presenti.
Vita e morte appese al volante, come pallottole sul nastro d’asfalto.
Probabilmente è il pericolo stesso a dar tanto buon senso all’essere umano.
Quel buon senso che spesso lacuna quando sia al sicuro.
Un pò teso forse, del tutto disabituato ad una trasferta solitaria feriale.
Una pazzia che poco mi si addiceva fino a poco tempo fa.
Lo sguardo del Mago sbigottito  mi chiedeva se veramente io fossi io.
Probabilmente non io sono più quel me stesso da un pò….
Quel me stesso non avrebbe fatto 100 km dopo un giorno di lavoro nemmeno per andare a cavalcare un drago.
Ieri lo faceva per incrociare di nuovo uno sguardo di miele.
E andavo.
Con le chitarre miagolanti e i cori vichinghi dei Nightwish che rombavano nell’abitacolo, sotto un cielo scuro di nuvole minacciose che rendevano ancora più irreali gli squarci illuminati dal sole….

Non facevo un favore a nessuno se non a me stesso.
Cantavo la lode della fortuna, la lode della mia vita ritrovata, dopo profondi abissi tartarei.
La mi attendevano le stesse sensazioni alle quali non trovo spiegazione o giustificazione.
Il grande senso di pace e calore, un abbraccio di appartenenza, un desiderio finalmente sfogabile, una voce cristallina che mi sussurri all’orecchio, una bolla di paradiso, una parentesi isolata dal mondo…..
Poi era mattina.
E sfrecciavo verso il punto di partenza urlando a squarciagola insieme a Donna Summer, mentre il sole sorgeva sulle pianure brumose.

Stranamente vivo quando avrei dovuto essere morto.
In quell’alba, in quest’epoca atroce di lutti , crisi e regime.
Vivo e rido mentre dovrei piangere.
Lecco il favo finchè vi sarà un’ultima goccia di miele.
Vedo di nuovo il mondo a colori, e sfreccio solitario sull’autostrada……
Non mi manca il mio vecchio me stesso, nemmeno un pò.
Ed ora mi è chiara la linea di confine tra la fatica ed il gusto….

Molti dicono che io lo meriti, tutto questo.
Ma trovo la cosa altamente discutibile.
Molti lo meriterebbero e anche più di me.
Se riesco, se avrò fortuna, se non farò cazzate…
…il massimo che io possa fare sarà guadagnarlo

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Tu-Tuuum Tu-Tum.
Tu-Tuuum Tu-Tum.
Tu-Tuuum Tu-Tum.
Tu-Tuuum Tu-Tum.

Strana similitudine quella tra il rumore del treno ed il suono del cuore umano….
Ho pochissima confidenza con i treni.
Non li utilizzo mai e, pigro come sono sempre stato, non ho mai avuto velleità di cacciatore in città più o meno lontane.
Ovviamente il destino, essendo il più raffinato dei burloni, cerca sempre di metterti tra le mani ciò che non capivi o deridevi e ti fa ritrovare nella stessa situazione che per tanto tempo hai giudicato pazzesca.
Non avevo mai vissuto uno struggente addio o incontro in una stazione.
Che è anche una gran bella immagine archetipica, dopotutto.
In un mercoledì di primavera mi sono trovato così su di una pensilina, circondato dall’africa nera, dall’Albania in trasferta e dall’Italia poliglotta, immerso in mille accenti e lingue diverse comunicanti con invisibili personaggi lontani attraverso i piccoli telefoni luminosi…
Ero nel nucleo del mondo che si spostava.
Io, il più fermo dei massi, il più statico dei blocchi.
Una scena da canzone di Baglioni.
Attendere un treno, attendere un viso, attendere un abbraccio al quale si è pensato per giorni, gustando l’eccitazione mista all’ansia tipica di ogni inizio.
Un treno.
Come ogni viaggio, ogni storia inizia con l’entusiasmo della partenza, l’aspettativa del viaggio stesso, l’esperienza che verrà vissuta freme e ribolle nel calderone delle possibilità.
Poi chissà dove porterà…. L’unica cosa certa è che nel momento in cui il viaggio avrà fine ci ritroveremo in un luogo diverso, forse sconosciuto.
Può incutere paura o entusiasmo, ma comunque sarà ben diverso dal punto in cui il viaggio abbia avuto inizio.
Le figure che attraversano la nostra vita partono e tornano.
Siamo più spesso di quanto crediamo in attesa su di una pensilina, anche senza trovarsi in una vera e propria stazione. Guardiamo il tabellone degli arrivi e partenze aggrottando la fronte, sperando che vada tutto come abbiamo sperato.
Che qualcuno arrivi o.. ritorni.
Questo anno iniziato da pochissimo mi ha già messo alla prova su partenze assolutamente definitive e arrivi totalmente inaspettati.
Vedevo partire e arrivare persone tutto intorno, ma non mi aspettavo che stesse arrivando qualcuno per me….
Eppure eccomi li.
In una sera di primavera alla stazione.
Un abbraccio da far esplodere i polmoni, da far scricchiolare le costole. Un bacio da copertina, uno scatto per Cartier Bresson.
Un singulto da lento pop, l’unico guizzo di immortalità del popolino, la curiosa ricchezza che rimane ai miserabili, quella dell’amore….
Uno strano sogno, questo mio sogno retrò.
Un sogno da adolescente che apre i proprii petali al centro dell’età adulta.
Non importa dove porti questo treno. Io lo prendo.
Ho capito che i treni portano lontano, ma che da ogni stazione si può di nuovo ripartire.
Non si deve aver paura dello spostamento. Ogni pensilina potrebbe essere quella che stavamo cercando, quella in cui qualcuno ci avvicinerà e ci chiederà di prendere il suo stesso treno.. per avere un pò di compagnia.
La meta è totalmente ininfluente.
Il viaggio, unicamente un mezzo.
Le stazioni, mere necessità.
E’ la compagnia il vero significato.
Tu-Tuuum Tu-Tum.
Tu-Tuuum Tu-Tum.
Tu-Tuuum Tu-Tum.
Tu-Tuuum Tu-Tum.


.."E andasti ad aspettarla con il cuore in gola
e dentro un’emozione antica ti bruciò…
Sciamavano ragazze fuori dalla scuola
riempiendo quella strada che s’illuminò

di voci, risa, grida, gioventù e richiami,
ma la sua voce chiara il nome tuo chiamò:
ti corse incontro accesa, ti afferrò le mani,
vi guardaste silenziosi e poi forte ti abbracciò…

E credevate che
sarebbe stato eterno quell’amore,
quel fiore non avrebbe mai visto l’inverno,
quel giorno non sarebbe mai mutato in sera,
per voi sarebbe stata sempre, sempre primavera…"
F. Guccini
Primavera ’59

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Non sono un tipo da farfalle nello stomaco. Quantomeno non lo ero più.
O almeno così credevo. Mi aggiravo come un mastino affamato in cerca di un osso da sbranare.
Ma ero ben lungi dal pensare ad una succulenta bistecca fresca.
No, non sono un tipo da farfalle nello stomaco.
In realtà cerco di essere sempre sincero, cavalleresco, di mettere a proprio agio le persone e di renderle felici come mi sia possibile.
Ma questo è un fattore di indole. Una parte di spirito samaritano e un pò di autocompiacimento ed attitudine a recitare la parte dell’angelo.
Disinteressatamente, per carità.
In realtà, come qualsiasi cosa si faccia, lo facevo più per me stesso che per l’utenza.
Certo, da qualche parte dell’animo grufola sempre il sogno proibito di un grande sconvolgimento, di un grande coinvolgimento e di qualche stravolgimento.
Ma non è che pensassi alle farfalle nello stomaco…..
Pensavo di avere superato la fase, che la cosa capitasse a tutti ad un certo punto della vita, che si dovesse abbandonare quel brivido adolescenziale ed un pò patinato da teen-movie per cose più concrete e, nella mia personale opinione, più secche e tristi.
Pensavo.
Poi ad un certo punto non pensavo più.
Perchè tutto questo è razionale, un iter di pensieri ben preciso, filtrato dalle esperienze, arricchito dalle conoscenze, ma comunque ben strutturato e di senso compiuto, per quanto confutabile.
Ma ho dovuto fare i conti con la realtà, o meglio con qualcosa che di reale non ha nulla mai che nella realtà esiste.
Le farfalle nello stomaco sono venute anche a me.
E grosse come tordi…
Probabilmente spaccarmi la testa sui come ed i perchè non serve a nulla.
Ho cercato di rigirare la situazione sotto ogni punto di vista, smontarla e rimontarla per vedere come funzionasse, ho tentato di confutarla, di rifiutarla e di ridimensionarla.
Questo per pochi giorni, prima di tornare sul luogo del delitto.
Di nuovo di fronte a quegli occhi ho dovuto arrendermi e buttare alle ortiche tutte le mie teorie.
Non c’è spiegazione e basta.
A quanto pare non è ciò che qualcuno  faccia a scatenare questa reazione, deve per forza essere ciò che qualcuno SIA.
Perchè uno sguardo dice tutto e non dice nulla, dopotutto.
Eppure ci deve essere un tipo di comunicazione non verbale che dica delle cose, e in casi come questo sproloqui.
Siano le energie, la famosa chimica, il puro caso, le sinapsi suicide questo non è dato sapere ed in fin dei conti fa ben poca differenza.
Io sono diffidente. Estremamente diffidente. E anche molto timido, sopratutto nell’intimità.
Non intendo strettamente il sesso. L’intimità è di più, ed è molto più terrorizzante.
Dormire al fianco di una persona a volte significa molto di più che fare sesso con essa.
Passare una serata in casa, semplicemente parlando e raccontandosi è molto più difficile che portare all’orgasmo un partner.
Il punto sconvolgente è quanto mi sia stato naturale. E non avrebbe dovuto. Le farfalle in realtà avrebbero dovuto acuire i timori e rendere ancora più spaventoso il tutto.
Invece nulla… calmo come una vacca indù…
A mio agio come un messicano all’ora della siesta.
Affine.
Per raggiungere un tale stato di grazia di solito impiego anni.
Come cazzo ho fatto alla prima prova, stavolta?
Mi sono svegliato e la meravigliosa creatura era ancora li. L’ho accarezzata lievemente e…. mi sono sentito fortunato.
Mostruosamente, vergognosamente fortunato…..
Ed era una sensazione che non provavo da molto tempo, dalla mia convivenza più o meno.
Il piano sessuale era totalmente subordinato alla semplice dolcezza della presenza.
Io non sono un grande esperto, ho avuto pochissimi rapporti profondi in vita mia.
Ho sentito tante storie. Non so se sia capitato anche a chi me le ha raccontate di sentirsi così bene per pochi attimi. Magari per poi scoprire che era tutto sbagliato pochi giorni dopo.
Lei dice" ..è strano, è come se tu sapessi già tutto di me, è come se mi conoscessi da sempre…"
Io rispondo ".. magari ci conosciamo da sempre, ma non ci eravamo ancora incontrati in questa vita.."
Magari è così. Magari sono solo sogni.
Sogni che parlano di destini che si rincorrono attraverso vite diverse, sogni di anime che si incarnano si riconoscono, si annusano, si perdono e si ritrovano.
Solo i sogni di un pazzo che è tornato ad essere romantico e sente il livello dell’acido nel sangue calare precipitosamente.
Però mi sta succedendo e non sono tanto preoccupato di gestire la cosa.
So che è reale perchè di colpo tutto quanto si è abbassato di tono, tutto è divenuto un rumore di fondo, tranne la sua voce sussurrata all’orecchio.
Ed è strano pensare di poter aver qualcosa che mi renda felice di nuovo. Io e la felicità avevamo smesso di parlarci da tempo.
Ma in questo preciso momento, lo sono. Sono….. felice.
Ho la mente su lontane montagne del Nord, dove vorrei essere ora, a passeggiare sui prati…
e dubito che la mia mente vorrà scendere da quelle vette per un pò….
scusate se sembro perso e non ascolto, ma se questo è un solo attimo di estasi in una tormenta di torture…penso di avere tutto il diritto di godermelo come meglio possa.
Se poi tra un giorno, una settimana, un mese lo prenderò in quel posto poco conta.
I giorni che avrò vissuto felicemente non me li toccherà nulla….

Io l’ho seguito. Quel grido lontano

lontano nel tempo, imperioso ed umano

parlava del sole, e dei primi suoi raggi
parlava di sogni, chimere e miraggi.

Io l’ho seguito, tendendo l’orecchio

nel mondo irreale attraverso lo specchio
c’era sole in quel sogno, c’era gente e colore
e uno sguardo di luna, una voglia e un timore.

Ed io l’ho seguito ignorando prudenza

l’ho seguito evitando l’ansiosa coscienza
oltre strade assolate, oltre portici ombrosi
ho seguito il richiamo, al richiamo risposi.

Io l’ho imparato, con il polso tremante

il coraggio finale, il coraggio d’amante
il più vecchio dei rischi, oltre a belle parole
regalarsi ormai nudi a chi forse non vuole…

Il salto, il momento, l’indicible attesa
come nuvola in cielo, come nota sospesa
e quel gesto finale, che toccava vincente
quelle labbra di rosa sotto un sole radente…

..e poi occhi di fiamma, e leggere carezze
di perduto terrore e di tenui certezze
e le mani sfioranti come lievi farfalle
un momento, una vita, un Prato… una Valle.

 

 

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Avevo dodici, forse tredici anni, vagavo per l’assolato appennino estivo con scarpette da tennis distrutte, un walkman grande come un cassonetto in tasca che riproduceva la divina voce di De Andrè ed una testa piena di sogni.
Ero solo.
Solo in mezzo alle chiazze ombrose dei castagni, sui ciottoli roventi dei sentieri polverosi, lungo le balze e le forre scoscese irte d’ortica nascosta e grovigli di more immature.
Avevo parecchi sogni, in quella testa piena di sogni. Sogni che si hanno soltanto in quell’età e che devono la propria purezza al bisogno di provare ma sopratutto al non ancora provato.
Ovviamente tra romanzi d’avventura e note Faberiane in quella solitudine che aveva qualcosa di immenso c’era un sogno più attraente di ogni altro.
L’idea di non essere solo.
Nulla di strettamente sessuale, tutt’altro. Allora ero di un idealismo talmente puro e purista da non concepire il sesso e l’amore come parte di una stessa realtà.
Come ogni adolescente mi masturbavo con una frequenza allucinante, ma questo non aveva nulla a che fare con l’amore.
In realtà, l’amore come lo sentivo a quel tempo era qualcosa di irreale, impraticabile, stomachevolmente dolce, ma in fin dei conti talmente armonico e possente da rivelare il vero significato dell’esistenza. L’eco della vibrazione primaria, l’ultima scheggia di paradiso perduto.
Era magica l’atmosfera…. l’estate, i profumi, la musica, la solitudine, le nuvole, i colori e quella sensazione, quella sensazione che gocciolava come un miele luminoso, più dolce di ogni dolcezza, intonso da ogni infezione, malinconico ma onnipossente come un dio dimenticato.
Era mio, impossibile da spiegare, inutilizzabile nel reale. Ma mi rendeva differente.
Poi il tempo è cresciuto, con i suoi eventi, i suoi drammi, le sue verifiche.
Come un carapace, come un tronco ha aggiunto anelli su anelli, forgiandosi in un globo oscuro e cicatriziale intorno a quel nucleo, fin a quando ogni gocciolio fosse cessato, ogni vibrazione si fosse spenta. Fin quando il silenzio è stato l’unico inquilino di una caverna di terrori.
E per anni nulla si è mosso.
Tanto da considerare perso ormai ogni ricordo, ogni traccia di quella sostanza luminosa.
Poi un giorno, senza saperlo, senza poterlo decidere, senza averlo costruito ti trovi a camminare in un sogno……
Un sogno innocente. Di quelli che non sognavi più. Da secoli.
Un sogno senza nulla di sconvolgente, un sogno da niente, banale e scontato, se solo non avesse contenuto un elemento di cui non avevo più alcuna percezione.
Una goccia di purezza.
E mentre il sole radente pennellava di luce il prato e mi sporgevo, con il cuore in gola, tendendo la bocca verso l’ignoto ho visto qualcosa in quegli occhi.
Qualcosa che è sceso come una scarica verso il nucleo disseccato della mia fanciullesca emozione e con un colpo possente ne ha incrinato la superficie.
E dopo un tempo che sembrava infinito è uscita una goccia di quella materia dolce e lucente.
Il suono che ha fatto cadendo ha riempito la realtà.
E ora non ho spiegazioni, perchè non ho capito più nulla.
Cosa c’era in quegli occhi che non avevo mai visto in altri occhi?
Era solo un gioco di specchi dovuto alla situazione, all’altrove, al viaggio all’occasione?
Era solo uno di quei sogni inutili che si scordano al mattino?
Era vero?
Perchè proprio quegli occhi e li?
Dovrei solo percepire, e non pensare. Dovrei non avere paura invece di essere terrorizzato.
Finisce che ci si fa male…..e tanto.
Ora quella materia che viene dal passato se ne va in giro per la mia anima, utilizzando il primo sole ed il suo calore come un brando fiammeggiante contro ogni difesa.
Mi sento galleggiare. Con tutta la paura di non avere controllo.
E quegli occhi, quegli occhi scolpiti a fuoco nel cervello, che non se ne vanno mai.
Cosa ho visto?
Lo rivedrò ancora?
Non ho più dodici anni. E’ un pò tardi per i sogni…….
La paura è il metro più accurato di misurazione della realtà, non l’illusione….
Fosse anche l’ultima scheggia di un perduto paradiso, avrei comunque paura che mi si possa piantare in un occhio…..

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Il vampiro si voltò verso la creatura.
Erano occorsi mesi per l’assemblaggio delle parti, e mesi ancora più lunghi ed estenuanti spesi sulle letture degli antichi trattati di necromanzia.
Ovos-Llan era soddisfatto.
La sua torreggiante macchina da guerra ora si trovava di fronte a lui, tra due bracieri sacrileghi che consumavano essenze fatali di erbe cimiteriali.
Lo aveva messo insieme con ogni materiale reperibile. Parti di giganti delle colline, ossa di drago, artigli e zanne di chimere e manticore. Aveva legato con dedizione i fasci muscolari gli uni a gli altri, coprendone alcune parti con le pelli cuoiose di troll ed ogre.
Era un capolavoro, il suo capolavoro.
Sul piccolo altare si trovava ora la chiave della sua vittoria.
Non bastavano più i non morti oridnarii ormai. L’Ordine di Virgo Flamis aveva assaltato il suo cimitero per mesi.
La tribù di Ghoul era decimata, scarseggiavano i materiali per la creazione di zombie e scheletri, i guardiani della cripta erano rimasti solamente in tre, e benchè Octo, la sua personale guadia del corpo, fosse un guerriero di impareggiabile abilità Ovos-Llan temeva che i paladini e i chierici dell’Ordine iniziassero a sospettare la sua attuale debolezza.
Nemmeno La Loggia del Fiume Rosso lo avrebbe protetto. Si era messo contro gli altri vampiri almeno quanto si era fatto nemico i mortali.
Ma non importava.
Aveva già spremuto i necromanti giunti in cerca di conoscenza a dovere, e alcuni dei loro organi interni ora pulsavano dentro alla creatura alla quale stava per infondere la vita.
Non poteva credere che l’avrebbe vista muoversi. Quattro metri di pura obbedienza devastante, rinforzati da incantesimi e rituali sarebbero stati il suo lasciapassare per le vette più alte della conoscenza necromantica.
Nessun vampiro disponeva di un’arma simile. Erano troppo occupati negli intrighi di corte delle sale Imperiali, attentando ad un pulcioso trono umano per dominare su ancora più pulciosi mortali.
No, Ovos-Llan non voleva questo.
Il suo obiettivo era piegare anche i suoi fretelli della notte.
Nessuno era diventato vampiro per scelta, nessuno degli altri, tranne lui.
La vendetta era l’unica cosa importante, e disponeva di tutta l’eternità per attuarla.
Prima sarebbe stato necessario radere al suolo il tempio della Virgo Flamis, così gli sciocchi attacchi al suo regno sarebbero cessati, in seguito avrebbe bachettato con il sangue di quegli idioti fanatici e avrebbe trasformato le loro carcasse in nuovi schiavi. Il sangue dei difensori della legge e dell’ordine aveva una nota speziata che trovava irresistibile.
Ma ogni cosa a suo tempo…..
Il vampiro alzò gli occhi sul golem immobile.
Stoker, il gatto d’ombra, lo attendeva sullo scalino più basso dell’altare. Era difficile accorgersi della sua presenza, non emetteva nessun rumore e l’unica cosa visibile della bestia magica in quell’oscurità
 erano gli enormi occhi gialli.
Era un amico fedele, forse l’unico che un dannato potesse sperare di avere.
Gli altri ptevano essere solo servi o nemici.
Zeddas si avvicinò con il suo passo balzellante e scoordinato. Le pupille del ghoul bruciavano di un fuoco rosso e vivido, testimoniando l’eccitaizone per il momento supremo che il padrone stava per affrontare.
Se Stoker era il gatto perfetto, in qualche modo Zeddas era il cane definitivo.
Ma Ovos-Llan sapeva che quella carogna gobba valeva ongi singolo zombie che si era divorato nonostante i suoi divieti.
"Padrone, è il momento… la luna è divenuta rossa come sangue coagulato…"
Disse il ghuol mellifluo.
"Molto bene Zeddas, stammi vicino, c’è bisogno di molta energia per questo incantesimo, e tu e Stoker siete ormai potenti creture delle tenebre." disse il vampiro salendo i gradini di pietra.
"Si , padrone, qualsiasi cosa padrone…" piagnucolò il ghoul viscidamente reverente.
"Quando la nostra creatura sarà viva, vedrai che avrai più carne umana di cui ingozzarti di quanta tu ne possa immaginare…"
Zeddas emise un sommesso mugolìo di piacere.
Calò il silenzio.
Dai braceri si levavano spirali di fumo difane e dense, che lentamente salivano verso la volta del soffitto, come colonne fantasma, ondulanti e mutevoli.
Il vampiro aprì le braccia ed intonò un canto disarmonico e grave.
I suoi occhi pallidi bruciarono di un rosso vivo mentre dalle mani adunche ed ossute comiciò a trasudare una fluorescenza verde e malsana.
Zeddas si sporse quasi inginocchiandosi al padrone, mentre sentiva l’aria ribollire di correnti arcane e occulte.
Le mani del vampiro avvamparono di un fuoco verde luminoso e crepitante che gorgogliava di potere sprizzando scintille  di pura energia.
Con un gesto elgante, quasi danzato Ovos-Llan congiunse i palmi e un unico flusso di energia necromantica ne unì le mani. Ne alzò una verso il centro della fronte del golem, mentre l’estasi del potere lo avvolgeva.
Il flusso verde colpì il golem al centro degli occhi superiori ed ogni paio di pupille crepitò di una lumiscenza arcana.
E in quel momento, Ovos-Laln capì che  la creatura lo stava guardando.
L’essere aveva messo a fuoco tre paia di occhi su di lui.
Sul suo creatore.
Suo padrone.
Su suo padre.

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Ogni martedì devo perdere due ore.
Nel fitto del mio calendario c’è un buco fisso, nel quale devo ammettere.. non so proprio che fare.
Per questioni logistiche mi conviene rimanere nella zona in cui lavoro, in attesa della massacrante prova corale del Martedì, con le sue tre ore di laringe all’assalto.
Non sempre si trova un collega o un amico per un aperitivo e due chiacchiere, e anche i centri commerciali alla terza settimana sono un noioso film già visto.
Gli sconti della Mondadori che scorgo mentre gironzolo in libreria mi illuminano sul da farsi.
Filosofia bardica. Spritz e libro.
Non sono un grande appassionato di letture al bar, di solito preferisco stare in casa o su un bel prato, ma finchè la temperatura non mi offrirà un Talon fruibile a portata di mano temo che i bar del Careffour saranno le mie frequentazioni.
Comunque ho potuto fare tre acquisti che da tempo mi ripromettevo.
Il ciclo completo delle Fondazioni di Asimov, il signore delle mosche e sopratutto il libro che ho cominciato per primo: I miti greci spiegati da Luciano De Crescenzo.
Sui miti greci sono ignorante. E me ne dispiaccio infinitamente.
In fondo sarei stato molto portato per la filosofia e le lettere, e le civiltà scomparse mi fanno sbavare di piacere, con i loro misteri insoluti, il loro malinconico odore di passato e le loro testimonianze, come frammenti di puzzle da ricostruire.
De Crescenzo per via del divertimento assicurato e secondariamente per un concetto che mi piace molto: le cose complicate spiegate in maniera semplice.
Luciano spiega tutto come se parlasse ad un bambino, senza mai perdersi una battuta caustica, un parallelo con il presente e qualche scivolata partenopea.
Ne viene fuori così Ovidio, che scrive i suoi manuali d’amore mooolto prima di Verdone & Co, prima fomentando gli uomini a distruggere le donne, poi fomentando le donne a devastare gli uomini e conclude con una risata, affermando che lui si godrà il massacro.
Nè più ne meno di quanto piaccia fare a me dopo più di duemila anni. Osservare, e dire quello che tutti vedono ma fanno finta di non vedere, anche senza giudicare palesemente.
Di solito il comportamento umano si commenta da se…..
Ovidio non inventa nulla, semplicemente fa la spia a tutti, svela tutti i trucchi e se la ride. Che idolo….
Scopro che adesso considero la parola "Eco" femminile, non più maschie, solo perchè dopo aver letto il mito della ninfa respinta da Narciso il fenomeno sonoro tanto banale ha assunto un nuovo significato romantico…e adesso è associato ad una fgura, non è più un impersonale rimbalzo di onde…
Scopro che i Greci avevano un leader delgi Dei invidiabile.
Un cazzuto bastardo grande e grosso che non faceva altro che scopare a destra e a manca e poteva lanciare fulmini dalle mani….
ho come una certa pulsione a riesumare il culto di Zeus. Quello si che è essere un DIO!
Insomma, mi sono perso qualcosa….
mi sono perso la filosofia greca, ma mi sono perso anche l’antica grecia….
Forse erano leggermente troppo pragmatici i greci, per i miei gusti, ma avevano la mia stessa adorazione per l’estetica, ancora prima che per l’amore, che in fondo un pò disprezzavano e perculavano sempre.
In realtà credo a molti filosofi fosse chiaro il problema della pulsione e il suo conflitto con il controllo.
Infatti Platone nell’oltretomba immagina già una sorta di paleocristiano giudizio, basato su di una morale un pò più aerea e meno rigida.
Incredibile per me è stato scoprire che Platone ha la mia stessa idea cosmogonica di morte rinascita!
Morte, giudizio, pagamento delle colpe, e rinascita. Rinascita a scelta!
Scegli che personaggio fare!
Platone e i giochi di ruolo….addirittura c’è il lancio dei dadi!!!
In fondo , adoro tutto questo.
Gente che si metteva ad immaginarsi le cose. Gente che metaforizzava tutto, per renderlo comprensibile.
Gente vissuta prima del tempo, ma con gli stessi problemi di oggi, problemi che abbiamo trascinato con noi per tutti questi secoli e che probabilmente ci accompagneranno per tutti i secoli a venire.
Oggi tutti sono filosofi, e non lo è nessuno.
Io credo di esserlo, nel mio piccolo piccolo.
Perchè cerco il senso delle cose, voglio sapere perchè accadono, come, cosa le muova…cosa le distrugga, cosa le crei…
voglio sapere!
E quindi amo la sapienza.
Filo-sofia.

"La filosofia (dal greco φιλοσοφία, composto di φιλείν (filèin), amare e σοφία (sofìa), sapienza, cioé amore per la sapienza), è la disciplina che si pone domande e cerca di dare risposte sul senso del mondo e dell’esistenza umana, e, più in dettaglio, il tentativo di studiare e definire i limiti e le possibilità della conoscenza."

« Chi pensa sia necessario filosofare deve filosofare e chi pensa non si debba filosofare deve filosofare per dimostrare che non si deve filosofare; dunque si deve filosofare in ogni caso o andarsene di qui, dando l’addio alla vita, poiché tutte le altre cose sembrano essere solo chiacchiere e vaniloqui. »
   
(Aristotele, Protreptico o Esortazione alla filosofia)

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Io amo il  Bardo.
Se fosse una donna, l’avrei già sposato.
Lo vuoi, si, lo vuoi, si, bene, sposati, bacio.
Ma tiene la barba!
Purtroppo i sentimenti possono ben poco contro la barba, e chiunque si sia scontrato contro un nano arrabbiato potrebbe testimoniarlo con forza.
Ma……se arrivasse un essere paragonabile al Bardo in versione donna?
Bel casino.
Forse non sembra nemmeno il Bardo e basta….
Sembra una commistione tra il Bardo, sua sorella (il mio Guru) e mia sorella.
Tre delle persone che più ami e stimi in una sola.
Bel casino.
Costei (uso un pò questa parola che poverina rischia l’estinzione) inoltre non è ella stessa una sola persona.
Ne ho individuate almeno due, simili e dissimili.
A volte c’è la persona seria, che parla di cose serie, e ne parla in una maniera che mette i brividi.
Non avevo mai associato una tale capacità dialettica ad un reggiseno in vita mia!
Questa persona è carina, divertente, stimolante, intelligente e possiede un caratterino granitico con cui è delizioso duellare.
Questa persona mi piace.
Poi, a volte, ma sempre più spesso, si trasforma in battere di ciglia.
Spesso pungolata da qualche oscenità uscita dalla mia boccaccia.
Non è che faccia niente di particolare, non diventa un gigante alto sei metri con un occhio solo, non cambia sesso, non passa allo stato gassoso, non svanisce nell’antimateria.
Anche se tutte queste cose sarebbero a dir poco una figata assurda….
Semplicemente:
sorride.
Non un sorrisetto.
Quando si trasforma è perchè sul suo volto è apparso il VERO SORRISO.
Il FULL SMILE 100% biturbo a iniezione con lunotto termico.
Ecco, quando sorride così, quando riesco ad accendere quel sorriso…rimango abbagliato.
Ai miei occhi passa da essere una persona piacevole ad un essere assolutamente irrinunciabile.
In un certo senso non si somiglia nemmeno più.
Posso solo dire che la mia percezione ne è totalmente sconvolta. Quel viso sorridente è un astro.
Una cosa abbastanza semplice per me far sorridere la gente. Lo faccio da che abbia memoria, anche involontariamente, forte del mio buffo naturale e della mia dialettica sarcastica.
Ma quando ci riesco con lei… mi viene da chiedermi come cazzo io possa avere scatenato un’energia simile!
L’ho fatta io quella roba li?
Questo mi riporta alla radice della mia funzione, che è in effetti portare allegria.
Da qualche tempo sono tornato in asse con me stesso (ed è stato facile come traforare una catena montuosa con un cucchiaino da caffè) e la mia coglionaggine sta traboccando come un vulcano con il raffreddore.
Ho sempre fatto fatica a trattenere le battute, ma ultimamente mi tocca cercare di limitarmi. 
A volte mi incazzo da solo perchè non riesco a scelgiere quale stronzata dire tra tutte quelle che si generano a grappolo nella mia mente di fronte al giusto stimolo!
Ora…
devo limitarmi?
A volte temo di esagerare, ma mai come in questo momento temo di trattenermi.
E’ vero che a prima vista sembro un pagliaccio, ma in realtà non lo sono affatto.
E’ vero che da sempre il fatto di essere considerato un pagliaccio sia il mio più grande terrore e cruccio.
Ma non è più così.
E da quando non temo più il buffone le cose stanno cambiando.
Per assurdo diventare VERAMENTE un buffone mi ha fatto uscire dalla figura del buffone che temevo.
E adesso sento l’energia del sorriso. Non solo su di un viso in particolare, ma su ogni singolo viso che io riesca ad accendere.
Certo il suo per ora rimane quello con l’escursione energetica più alta.
E’ come far sbocciar fiori, come far cambiare la stagione.
Come far giocare il sole tra le nubi.
Ora più che mai, il mio cappello a sonagli è la cosa più cara che mi appartenga….

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