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Posts Tagged ‘manifesto’


 

Quel tizio nella televisione mi piaceva. Non sapevo se fosse un prete, ma aveva un grosso crocifisso-spilla sul bavero della giacca, qualcosa a che fare con i palestinesi e le vergini doveva averla..
Parlava delle sette, le quali in realtà sono molto più di sette, sono centinaia e a quanto pare preoccupano molto la chiesa apostolica, dopotutto anche quello è un mercato nel quale le lotte sono senza esclusione di colpi.
Ma ciò che mi ha colpito è stato il suo affermare che il calcio e le tifoserie da stadio sono divenuti il sostitutivo della fede religiosa, in questo paese. Un'intuizione che io sostengo da anni, ma che non avevo mai sentito esprimere
in contesti ufficiali come quello televisivo. Mi sono un pò sentito orgoglioso delle mie percezioni, ed un pò triste per il fatto in se.
Ma la spiegazione del tizio-forse-prete si è soffermata su un punto ancora più interessante. Egli affermava, infatti, che la religiosità umana (intesa come istinto, non come organizzazione) non sia altro che l'espressione di un bisogno di "infinito".
Non di "immortalità", specificava appunto, in quanto l'essere umano è consapevolmente mortale, e verso la fine tende ad accettare in qualche modo la propria dipartita. Piuttosto un bisogno di un infinito circondante e compenetrante. Un bisogno che ovviamente
non può essere soddisfatto da nulla di terreno, e per questo l'uomo ricerca il divino.
Certo, io ho le mie teorie sull'argomento. Sono e resto chierico nell'anima, anche se caparbiamente antireligioso. Ma ostinatamente spirituale.
Sono poiuttosto certo che vi siano insondabili forme di energia nel cosmo, alcune delle quali saranno forse solo vibrazioni intenzionali, probabilmente onde di diversa lunghezza, che mettono in ordine il caos e creano struttura dalla poltiglia. Forme di intelligenza probabilmente inconcepibili
per la mente a cassettoni degli umani. Forze che la nostra mente traduce in qualcosa di simile a noi, ma più potente ed immortale pur mantenendo i nostri difetti di fabbricazione, e da qui i divi antichi, i luminosi, i più o meno onnipotenti Dei.
Benchè io sia tendenzialmente politeista, in quanto credo che vi siano vibrazioni specifiche per ogni campo dell'esistenza, credo proprio che gli Dei siano totalmente inconsapevoli delle singole soggettività umane. In questo risiede il mio fondamentale stupore per la religiosità isntintiva della mia razza, fatta di adorazioni, formulette,
raccomandate e lettere a babbo Natale spedite a forze che nemmeno avranno possibilità di intenderci, gravide di richieste per qualche miglioria a quei letamai che chiamiamo vite terrene.
Questo però non esclude la fede, a mio avviso. La modalità è secondo me idiota, ma l'intenzione è comunque una comunione con una vibrazione superiore, che niente ha che vedere con la cieca fiducia nell'inspiegabile, in quanto ciò che ci circonda è già di per se inspiegabile, occore una minima dose di fede per non impazzire già guardando le nuvole o i fiori….
Ma ovviamente, il famoso "bisogno di infinito" di cui parlava il telechierico ha effetti piuttosto scostanti sulla vita e sull'intreccio delle vite umane. Io stesso, per lunghi anni, sono stato morbosamente ossesionato da tale bisogno.
Tutto ciò che costruivo doveva essere eterno. Credo vi siano stati pochi nemici della mutazione agguerriti quanto me. Ma la vita ha sempre la meglio, e se il cosmo è in perenne trasformazione non si fermerà di certo di fronte ad una piccola moleca quale sono io, per quanto convinto potessi essere….
Quindi ad un certo punto la mutazione non solo è entrata trionfalmente nelle mie percezioni, addirittura ha surclassato l'immobilità.
Poi sono entrato in una nuova fase della mia vita, dovuta all'età, e qui è avvenuto il vero scontro con l'altrui percezione di "infinito". Ovviamente io sono sempre in controtempo, avevo biosgno di infinito quando tutti i coetani mutavano ed ho bisogno di mutazione ora, mentre tutti cercano disperatamente la loro tessera immortale del mosaico.
Per l'umano medio, se non è impegnato in progetti sconvolgenti per cambiare il mondo, il bisogno di infinto si traduce solo ed esclusivamente in un concetto: la progettualità.
Gettare avanti la visione, pensando sul lungo termine, allunga la focale umana, lo fa vedere oltre. Imbrigliando tutto ciò in una serie di obiettivi da raggiungere l'uomo sente allungarsi il proprio scopo, si motiva e tende all'infinito.
E ovviamente tutto questo progetto ha il suo fondamento nella procreazione.
Il figlio è, ovviamente, l'unico modo possibile di consegnare qualcosa di se all'infinito.
E qui sono state legnate. Perchè non diventa più possibile creare legami sentimentali con una bomba ad orologeria di questo calibro stretta fra le chiappe.
Tra chi l'aveva già e chi lo voleva mi sono trovato a sposare unicamente il mio isolamento, con la coscienza spietata di avere vissuto situazioni emblematiche, che altro non sarebbero se non il manifesto di quello che succederebbe ugualemente con altri soggetti.
Ma trovo poco di cui lamentarmi, in questo. Piuttosto mi trovo piuttosto perplesso di fronte alla mio non-bisogno di infinito.
Per assurdo potrei anche stare con una persona qualche mese, o anno, godere quanto ci fosse da godere, e lasciarla andare a riprodursi al momento decisivo. Ormai credo di essere così compenetrato dalla mutazione continua della vita, da non avere più alcuna pretesa di duttilità. Io non esigo una vita lavorabile,
non mi interessa sentirmene padrone (anche se spesso preferirei non esserne schiavo) e l'unica cosa che mi interessi ormai è il piacere. Il piacere e l'attimo. Quell'attimo che per lungimiranza ho sempre perso.
Come in una focale fotografica, per mettere a fuoco cose lontanissime si perdono completamente di vista quelle vicine. Il bisogno di infinito proietta il punto di vista in una regione possibilistica lontana, mentre quella reale sotto i piedi rimane irrilevabile.
Ed io sono stanco di mettere i piedi tra rovi, paludi, nidi di serpi e burroni perchè sto puntando il nido delle aquile. Credo che il nido delle aquile sia inarrivabile, il più delle volte, oppure un destino che favorirà se stesso, senza bisogno di uccidersi nel compierlo.
Benchè sia un periodo orribile per la maggior parte degli aspetti, non mi sono mai sentito così accordato con l'universo. Perchè non ho progetti, non ho in mano nessun piccone o martello. Ho le mai libere. Può succedere ogni cosa.
Non mi piego ai bisogni altrui e non pretendo che nessuno si pieghi ai miei non-bisogni. Non voglio costruire una famiglia, non voglio figli. Perchè non voglio nessun infinito fittizio. L'infinito non esiste.
Anche il sole esploderà, la terra arderà, la galassia intera sarà in qualche modo distrutta. Non credo che il frutto del mio seme limiterà tutto questo. E non ho bisogno di nessuno da educare perchè ho passato la vita ad educarmi ed educare. Non ho bisogno di qualcuno da amare incondizionatamente, perchè io non ho mai provato amore incondizionato per alcun essere vivente.
Solo per le astrazioni l'ho provato e lo provo. Gli esseri viventi devono meritarlo il mio amore, non mi interessa se siano madri padri o figli. Io faccio i disegni e poi li accartoccio e li butto nel cestino se non vengono come vorrei. E assicuro tutti gli increduli che non tratterei la carne della mia carne in maniera differente.
Preferirei fare da mentore ad una bella ventenne che ad un bambino, se proprio dovessi scegliere. E non è cinismo, credo. Credo sia una profonda conoscenza di me. Un lavoro che la maggior parte degli umani evita accuratamente, e mette su famiglie a cazzo perpetrando il trauma e l'odio insiti nella nostra razza verso quell'infinito che tanto vorrebbe assaporare.
Non potendo essere certo di creare quelcosa di perfetto, non lo creo. Per le merdate mi occupo di scritti, musica e disegno. Ma sono piuttosto sicuro che queste cose moriranno con me e saranno servite unicamente a tenermi compagnia. Ma non perpetro la vita imperfetta, non per un mio bisogno egoistico di sentirmi infinito.
Su una cosa io e l'umanità non ci capiremo mai. L'umanita considera la procreazione l'atto di generosità sommo. Per quanto mi riguardi è l'esatto contrario.
Come cantavano gli "Avanzi Suond Machine": "La vita è preziosa, chi lo ha mai negato? peccato che non ci sia niente più a buon mercato".
Cerco di non sopravvalutare la vita, per non perdermi nell'infinito. Forse io sono il più egoista degli esseri viventi, perchè mi interessa lavorare unicamente sulla mia, di esistenza.
E se è così…beh… chi se ne frega…..

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Caro amico sconosciuto,
getto tra i flutti della rete la mia moderna bottiglia telematica, non sapendo dove questo mare indefinito la possa portare, ma questo, in fondom non è importante. Ciò che importa è che vi sia una piccola testimonianza vagante del pensiero umano o, quantomeno, di ciò che per me è considerabile come tale. Se questo messaggio sia in grado di attraversare lo spazio ed il tempo non mi è dato sapere, l'unica cosa a me nota è il bisogno di lanciare ad una immensità ignota ciò che nella mia limitatezza sia conosciuto.
Ho trentatrè anni e vivo in Italia.
Il mio paese è stato patria e genitura di menti illustri e geniali, ha conosciuto imperi, guerre, divisioni continue ed infinite lotte intestine, è stato grande a volte, piccolo per la maggior parte del tempo e quasi sempre schierato a favore di chi lo favorisse.
E' abitato da esseri umani, come me e te, e questo non può certo giovargli, ma ciò che mi rende atterrito, ultimamente, è la connaturata abilità di tali esseri nell'esercizio delle più basse e controproducenti attività sociali.
Non è facile, posso assicurartelo, tentare di mantenere un pensiero civile ed il più possibile oggettivo all'interno di una trincea in fiamme.
Mi è stato insegnato, sotto la possente cupola ideologica dell'aura cristiana che avvolge la cultura generale di tale paese, ad essere attentamente rispettoso delle altrui libertà, il più possibile giudizioso negli atteggiamenti personali e assolutamente critico nei confronti di me stesso. Questo avrebbe dovuto portare, nella favola che mi venne narrata in infanzia, alla mia realizzazione come abitante del mondo, alla condanna di una fatica incessante ma ben ricompensata per la crescita della mia collettività e ad un riposo meritato nell'ora del mio stesso tramonto.
Posto che io non sia mai stato d'accordo nemmeno su tale favola, non ho mai trovato motivo di preoccupazioni generali, additando me stesso quale entità inadatta, ma facendo salvezza del sistema costituito; il quale, pur con numerosi attriti ed inceppamenti, sembrava funzionare.
Ma tutto questo, sempre che sia stato, non è più.
Nel mio paese regnano unicamente sogni distorcenti, incubi stordenti e chiacchiere invadenti.
Non vi è alcuna prospettiva per alcuno, non vi è alcuna evoluzione, non vi è alcuna luce che segnali l'uscita dall'ipotetico tunnel. In questa dimensione viene a mancare ciò che più di ogni altra passione mantenga in vita i membri della nostra razza: la speranza.
Io non so, caro amico ipotetico, in quale paese tu viva. Potrebbe essere persino peggiore del mio, ma stento a crederlo.
Pur sotto il giogo delle peggiori dittature, delle forze più stritolanti e totalitarie o dei regimi più spietati ed invasivi rimane ben visibile la traccia del potere ed il suo effetto.
Rimane allo schiavo l'unica vera occasione di salvezza rimastagli: la visione della propria catena.
Nel mio paese è stato possibile travestire da libertà la costrizione e da libera scelta la coercizione.
Siamo immersi in un liquido, il quale non conosce porte o finestre. Esso trasuda, gronda, gocciola, persino con lentezza esasperante, attraverso le pur minime fenditure, arrivando ad attaccare il cuore più profondo dell'umana coesistenza: l'empatia.
Senza empatia non può esistere civiltà, perchè essa è il veicolo principale della compassione, nel suo vero significato di "condivisione della sofferenza", non nel significato snaturato oggi in uso di "pietà per il più sfortunato".
E' possibile avere compassione solo se si possiede la capacità di condividere il sentimento. Quando noi esseri umani vediamo un altro umano soffrire ci sentiamo subito disgustati e spaventati, perchè l'identificazione è automatica.
In questo paese, di norma, non è molto in voga tale identificazione.
Per natura l'italiano trova più realizzazione nel sentirsi superiore agli altri, per furbizia o per possibilità, trasformando appunto l'empatia in antipatia.
Sebben sia un termina dall'accezione negativa, l'antipatia è divenuta oggigiorno il vero stendardo sotto cui si raduna la valorosa ciurma dei vittoriosi, in questo paese. Più il livello di inciviltà si innalza, più il disprezzo delle regole diviene manifesto, più la barocca manifestazione del potere diviene oscena e plateale, più si viene innalzati.
Questa perniciosa capacità degli italiani è rilevabile ad ogni stato di aggregazione civile, non solo nei macrosistemi enumerati in milioni di soggetti. Ho sempre rilevato questo arrivismo bieco e macchiavellico in ogni gruppo sociale a cui abbia aderito. Non ho mai rilevato una maggiore capacità di guida, da parte di coloro che ambissero a posizioni superiori, ma unicamente il fregio stesso dello status ottenuto. Nessuno che io abbia visto guidare una collettività lo faceva per merito di capacità. Guidava perchè sapeva di essere al comando, non era al comando essendo in grado di guidare……
Questo ha generato ovviamente un'idiosincresia, nei confronti del potere che avrebbe dovuto governare.
Abbiamo sempre vissuto in un paese che giudicava lo "stato" come un nemico, un cancro alieno che attentasse al nostro benessere. Ben pochi hanno mai parlato dello stato utilizzando l'unico pronome che avrebbe spiegato tutto: "NOI". Ognuno era "stato", in uno stato che era percepito come "altro" ed "opposto".
La volontà quindi di aggirare lo stato, è sempre stata manifesta ed ottimamente perseguita, persino quando questo stato non fosse altro che la comunità in cui si vivesse. Tutti hanno pensato di fregare un'entità superiore, aliena e terribile, mentre fregavano il mondo che preparavano per i propri figli, e se stessi.
L'attaggiamente italiano è del tutto basato sull'invidia.
Ci si oppone o si tenta l'emulazione unicamente di chi generi sentimento d'invidia.
Chi ha capito tale effetto non ha perso tempo nell'allungare le mani sullo scettro del potere, facendo dell'invidia una nuova religione. Ha creato nuovi santi e divinità decadenti, per guidare i desideri e tenere le menti impegnate in faccende senza alcuna conseguenza od importanza per l'evoluzione umana.
Mentre ti scrivo, le mie orecchie grondano di parole ridondanti, che sento vomitare dagli schermi e dagli altoparlanti senza tregua. In questo paese il chiecchiericcio idiota e pettegolo è ormai considerato la più alta forma di dibattito civile.
La confusione, che è sempre stata l'arma più affilata di chi si trovasse alle leve del comando, è divenuta un vero caos primordiale, un brodo indistricabile in cui galleggiano frammenti di tutto e nulla, alla deriva.
Su questo brodo c'è chi sfreccia con barche di lusso e chi affonda annaspando, ma non è nemmeno questo l'importante, perchè così è sempre stato in ogni società umana ed ho perduto ogni illusione che possa essere differente il destino della mia (mio malgrado) razza.
Ciò che mi toglie ogni speranza è che persino la più piccola cellula di questa entità-stato sia stata attaccata e contaminata da questo virus.
Ormai vi sono solo due tipi di codardi: chi non riesca a frenare il proprio impulso di soverchiamento e chi non faccia altro che frenare il proprio impulso di sovversione.
Io appartengo alla seconda categoria. Non perchè io sia un santo, ma semplicemente perchè ho vissuto e sono stato educato in maniera differente.
Ho sempre creduto che la modesita fosse la prima chiave d'accesso alla simpatia. Non ho mai fatto vanto dei miei successi, ed ho sempre messo ben in evidenza i miei fallimenti.
Ho sempre creduto, e credo ancora, che gli esseri  umani si misurino sulla coerenza nei confronti delle proprie idee, comunque e qualunque esse siano. Ho sempre creduto che la  realizzazione di un essere umano passasse non solo attraverso ciò che egli ottenesse, ma sopratutto attraverso ciò a cui rinunciasse.
In questo stato, rinunciare a qualcosa in favore di un'idea, è un concetto talmente avulso da sconfinare nella pazzia.
In questo paese colui che rinunci spontaneamente a qualcosa di desiderabile perchè eticamente o moralmente scorretto viene etichettato come "coglione".
Vi è una forma di adorazione, nemmeno troppo sotterranea, per chi borseggi con stile ed un disprezzo piattamente retorico per chi si opponga con l'astensione. (Nel mentre si chiede di rinunciare ancora un pò a chi abbia sempre dovuto farlo, mantendo ben alto il livello di allenamento.)
Il potere, in questo paese è fatto unicamente di forma, non di sostanza. E' fatto di immangine, non di contenuto.
Il potere deve essere mostrato e dimostrato, senza freno all'atavica fame di possessione del "tutto".
Caro amico lontano, non so come funzioni il tuo paese, non so chi tu sia e come tu viva.
Vorrei solo dirti che non credo affatto che le mie idee fossero sbagliate. Credo che in questo paese sia sbagliato principalmente avere delle idee, perchè si è condannati ad una sofferenza senza fine e senza colpa.
Vorrei solo un attimo di verace compassione, da parte tua. Vorrei poter credere che il pensiero di una mente libera, anche in un mare virtuale, possa arrivare un pelo più vicino alla linea di orizzonte di quanto potrò mai fare io.
Vorrei che qualcuno si ricordasse che non esiste un mondo di luci, colori, piaceri ed irresponsabilità.
La responsabilità è il vero lavoro dell'uomo, non costruire bulloni o copertoni.
La responsabilità di sentirsi parte, non al di sopra delle parti.
Quello è un sogno che tutti noi umani abbiamo di tanto in tanto. Ma deve rimanere limitato al proprio fumoso universo onirico, che è sacrosanto e va difeso strenuamente. Ma la linea di confine deve essere ben chiara.
Chiunque ci racconti che siamo tutti piccoli imperatori sta cercando di ottenere schiavi consenzienti.
Io non cambierò mai il mondo, e probabilmente nemmeno un'idea. Come codardo posso solo lanciare la bottiglia ad uno sconosciuto. Perchè se per caso trovasse giuste le mie idee, potrebbe chiedermi di guidarlo.
Io non posso guidare nessuno, però. Nessuno può guidare nessuno. Ma tutti dovremmo avere il coraggio di guidare noi stessi, attraverso le anguste fenditure tra gli spazi un cui si muovono tutti gli altri.

P.s.
Non ho fatto alcun nome. Nemmeno il mio. Perchè noi umani ci aggrappiamo troppo ai nomi. Pensiamo che eliminato un nome sia elimato un problema. Ma il problema è nelle nostre menti, nelle nostre cellule, nella nostra storia.
Queste righe possono essere state scritte da chiunque, in qualunque epoca. Solo la connotazione geografica è chiara, perchè è l'unica all'autore ben nota.

N.

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Ciò che segue non è applicabile a questo momento temporale in se. E' il risultato di una somma di pensieri durata alcuni anni. E' l'incendio di uno schedario. E non so perchè sia uscito stasera. Ma mentre scrivo mi incazzo. Non c'è alcuna velleità eroica, in ciò che scrivo. Solo tutta la ferocia di chi difenda il proprio spazio. Perchè è stata sempre la mia capacità di ascoltare e valutare tutte le voci che sentissi a corrodere il mio spazio. Ma se è vero che mi faccio a brandelli da solo per alcune cose, per altre farei a brandelli io tutto l'universo.

E' dura diventare un uomo di mezza età quando lo si sia stato per mezza vita.
Verso di me, da sempre, le accuse di infantilismo sono sempre state dirette e a ricerca automatica.
Non tanto per il mio modo di atteggiarmi, che certo niente ha dell'adulto, ma quanto per il mio strambo modo di vivere.
Se sembro uno strano incrocio tra un nerd ed un bambino, all'apparenza, e lo sguardo esterno non è quasi mai capace di superare l'apparenza in quanto tale (per ovvi motivi di lettura sociale della vita), ovviamente tutto ciò che di me rimarrà sarà tale impressione.
Ed è un peccato. Mica per me, che tiro dritto come un elefante di Annibale qualunque sia l'alpe che di fronte mi si pari.
Per gli altri, che forse perdono l'occasione di una lettura più approfondita della realtà, che è assolutamente fedele a se stessa e mai tenderà alla compiacenza dei desiderii o delle letture esterne.
E forse anche l'occasione di me, che nonostante tutto, benchè io non sia un mio fan, su questo punto rimango granitico.
In questa fase della vita, più che in altre, il rapporto con l'altro sesso diventa un delirio.
Ora io vivo, è vero, nella mia casa di famiglia, con madre e sorella e tutti gli anessi e connessi (si compresi cani, conigli, ragni e scorpioni in cantina).
Questo è visto, per un uomo della mia età (ho trentatrè anni, fanculo a quel "ragazzo" che si usa anche per i novantenni ormai), come un racchiudimento fetale in un grambo materno caldo e coccolante, un vizio da suggitore di mammelle inguaribile, un comodo e caldo nido placentale di ninne nanne.
E l'accusa, mai assente, è quella di non voler crescere, non volere andarsene, non volersi fare un famiglia propria, non affrontare vita e responsabilità.
Ok. Va bene.
Certo, ne convengo. Mi piace colorare i pupazzetti e giocarci con gli amici. Mi piace bere birra e far canzoni fino a notte fonda. Mi piace scrivere i miei pensieri giocando con parole e concetti, mi piace fare lo scemo, fare imitazioni. Mi piace cantare.
Destesto lavorare.
Lo ammetto.
Ma nessuno, nessuno su questo cazzo i pianeta potrebbe mai, assolutamente mai, dirmi che non so prendermi le mie responsabilità. Nessuno potrebbe nemmeno dire che io non mi prenda addirittura le responsabilità di chi mi stia intorno.
Io ho vissuto come un cinquantenne squattrinato per tutti i miei vent'anni.
Perchè IO ho deciso ed ho accettato la responsabilità della mia famiglia.
Non perchè io vi sia stato costretto, tengo a puntualizzarlo. Ma perchè io l'ho DECISO.
E sono cazzi miei. Certo.
Non ne ho mai fatto carico a nessuno. Chi è voluto entrare dalla porta ha sempre conosciuto le regole. Chi non le ha volute accettare ne è anche uscito.
Per quanto se ne dica, con tutti i suoi difetti, la casa dove vivo sembra anarchica ma è l'unica democrazia funzionante che io abbia conosciuto. E ci sono state lotte, e che lotte….
Ma se ho fatto tutto questo non è perchè io sia pazzo, o sia un poppante ingenuo.
Non c'è una madre mostro dietro di me che mi burattina come alcuni ipotizzano, non c'è un rapporto di forza di qualsivoglia tipo che io non abbia deciso.
Io, mia madre, potrei (e potevo) sfancularla in qualsiasi momento. E mia sorella, e la casa in egual misura.
Non l'ho fatto, perchè so, per certo, nei fatti non nelle chiacchiere, cosa loro abbiano sempre fatto e farebbero per me.
Cago spesso sangue qui dentro, è vero. Ma ogni volta che sono stato in difficoltà sono stato aiutato, ogni desiderio che potesse essere realizzato per me è stato realizzato. Tutto ciò che poteva essere sopportato per la mia felicità è stato sopportato.
Ora….
Una ipotetica donna sconosciuta, che voglia estirparmi da questa radice, non mi convincerà mai a chiacchiere.
Con l'amore, io, signori, mi ci pulisco il culo.
L'amore non è una promessa, non è un momento di rapimento, non è una cazzo di garanzia.
L'amore passa. E quando l'amore passi so bene che succeda.
Ne ho visti di uomini in mutande, e tanti…. e donne che uscivano di casa con tutta una vita in valigia. Ma tanti ne ho visti.
Ho visto anche donne nella stessa situazione, ma meno, molte meno.
Non crediate che io sia rincoglionibile con un tocco di labbra o una carezza bollente. Io non sono corruttibile.
Ciò che difendo, ciò che ho scelto, ciò che è stampato sul mio stendardo è monumentale. Ciò che le donne vorrebbero da me, io l'ho già fatto, e fino allo sfinimento. e quando era il momento, non quando io fossi pronto…..
E l'ho fatto mentre la maggior parte di loro beveva come spugne, prendava uccelli come un gheppio e cazzeggiava beatamente nello studentame, magari foraggiate da mamy e papy.
Beh…io in quegli anni già lavoravo per una famiglia.
Se adesso voglio farmi i cazzi miei, direi di averne piena libertà e diritto.
E ci sta un sonoro "baciatemi il culo" per quanto riguarda la statura morale che dovrei possedere.
Perchè in quanto a tenacia, affidabilità, responsabilità e resistenza posso offrire le chiappe alle labbra di mezzo mondo, comprese quelle di tanti spacconi imbellettati, che tradiscono con donne stupende nel letto e spariscono al primo sengo di torbidi.
Ebbene si, ho anche il senso della misura. E nella misura delle mie possibilità non ho fatto il possibile, ma l'inimmaginabile.
Perchè non si misura solo ciò che si sia ottenuto, ma si dovrebbe misurare anche ciò a cui si sia rinunciato.
E l'ho fatto non per fare l'eroe, ma perchè è così che sono fatto. Perchè la mia parola è sempre stata un impegno, che è un fatto di correttezza personale, di coerenza animica… un tesoro che nessuno più calcola, ovviamente.
E' vero, non voglio figli e non voglio convivere con una donna fuori da casa mia.
Ma mica sono cretino. Devo rinunciare a tutto questo, a quindici anni di mattoncini per le promesse di due occhi belli?
Questo è ESSERE ADULTI?
No, questo è non aver niente da perdere. E io da perdere ne ho e a cariolate.
Se non l'avessi per prima cosa smetterei di lavorare e andrei a pascolare pecore, ma molto prima di affidarmi ad una sconosciuta.
La mia coerenza personale non coincide con i piani altrui? Beh è un vero peccato, perchè nella maggior parte dei casi ero l'essere ideale.
Oh, che soddisfazione! Ho sbriciolato un sogno anche io!
Cazzo. che peccato.
Io ho rinuciato ad un mazzo di cose, non per i miei sogni, ma per salvare la maggior parte dei sogni di chi mi circondasse e amassi.
Ah….ma dai..
Bisogna dare un colpo al cerchio ed uno alla botte???
La saggezza popolare….
Invece niente!
Tutti vogliono le cose a modo loro, vogliono anche me a modo loro, ma…a me…. mi sa che col cazzo.
Col cazzo. C'è stato qualcuno che in dodici anni non è riuscito a darmi più fiducia della mia famiglia, anzi ha perso tutta quella che avessi nei suoi confronti. E non solo donne. Anche amici.
Gente che ha sempre preferito criticare che capire, sempre pronta con la propria salivazione schiumante di sentenza ad un nuovo sputo sulla mia faccia sudata. E io, pure da coglione, ho aspettato LUSTRI a mandarli a fare in culo.
Tanto per dire quanto io sia despota ed antidemocratico.
Ed anche loro, con tutte le loro astiose modifiche e riparazioni da fare alle mia vita non se ne andavano nemmeno un pò, di propria sponte.
Perchè, dopotutto, o popolo… io faccio piacere, o faccio comodo. Non c'è altra spiegazione.
E sono CERTO, CERTO della mia onestà e della mia rettitudine, perchè TUTTI appena possono mi sputano in faccia e cercano di correggermi.
Questa, da sempre, nel mondo degli uomini, è l'unica inossidabile certezza di essere tra i giusti (non intendo ovviamente "giusti" a livello universale, che è utopico, ma con se stessi e gli interessati, per lo meno…).
Perchè gli affabulatori, i ciarlatani, i burattinai, i falsi ed i farabutti sono da sempre, da sempre OSANNATI.
Così accetto di buon grado la sputacchiera. E molte cose che avrei voluto (e quanto voluto) mi sono state precluse per la mia schietta verità e la mia sicura affermazione di essa.
Che poi è un "adesso no" per alcune cose. Solo per quanto riguardi la generazione di altri umani è un "mai nella vita".
Ma "adesso no", è già inaccettabile.
E' come se tutti urlassero "dammi una bugia affermativa piuttosto che una verità interrogativa!"
Che branco di bambocci. E poi sarei IO, il bambino. Che ha capito che il "se" è la massima certezza che si possa ottenere dalla vita. Il resto sono Draghi. E io, che sono il bamboccio songatore, sono però in grado di distinguere perfettamente i draghi dalla realtà, e bene so quando sia il momento dell'uno o dell'altra.
Beh, me la voglio godere…..
Quando chi vi aveva promesso un figlio vorrà farsi prima la moto. Chi vi aveva promesso fedeltà flirterà su internet con l'amichetta della palestra. Chi vi aveva promesso appoggio avrà i suoi cazzi nel momento del bisogno.
Io sono come il cinese fottuto. Aspetto sulla riva del fiume.
Perchè io sono un gran figlio di puttana. Il peggio che sia mai stato creato.
Io non ho mai promesso NULLA.
Io ho sempre e solo MANTENUTO.

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Il sultano è un umano, ha le debolezze degli umani, ha i vizi degli umani, ha la becera ottusità degli umani ma, essendo il sultano, possiede una proprietà aggiuntiva, che rende le altre caratteristiche innocue e quasi compatibili: Lui può permetterselo.
Il sultano fa cose che farebbe qualunque essere ubriaco di potere, e che probabilmente ogni potente ha fatto dall'inizio della storia dell'uomo, ma la differenza nel modus operandi è sostanzialmente nella riesumazione di una manifestazione del potere ormai sepolta da millenni.
Per il sultano, la manifestazione della propria impunità e la celebrazione della propria debolezza umana è divenuta un'arma mediatica affilatissima.
In un qualche modo, una rivoluzione del potentato.
Invece che ingannare il popolo esigendo e predicando una rettitudine morale e psicologica (come la maggior parte dei poteri di solito fa), ed in qualche modo una "pulizia", un progetto volto ad una maggiore purezza della società (rilevabile addirittura nella follia dei grandi regimi nazi-fascisti), il sultano è riuscito a sedersi sul trono predicando la decadenza e lo sfascio.
La sua arroganza però, e questa è la parte demoniaca di un atteggiamento vincente, è sempre stemperata da uno spontaneo e quasi vezzoso populismo.
E' l'atteggiamento più snob che si possa concepire, in realtà, ma vista la scarsa capacità di lettura del mondo della comunicazione degli italiani l'effetto ottenuto è potente e direttissimo.
Il sultano,il "sommo essere" della nazione, si china gentilmente con un sorriso verso lo squattrinato che beve birra e rutta nella sua catapecchia e gli tende la mano, sussurrando soavemente "lo vedi? sono un uomo, come te?".
E' l'autocelebrazione e autoelezione pura e autonomizzata. Lui dice al popolo cosa deve volere, cosa non difficile… quando si parla di figa e successo di solito non c'è molta crisi di domanda, e il popolo lo elegge. Si veste delle stesse cose che ha venduto, le sfrutta, ci si rotola, ne esce con la mani grondanti e il popolo percepisce addirittura una risacca di coerenza.
L'assoluzione è immediata, è implicita. Perchè ciò che ci è stato promesso e venduto non è altro che una trama da film italiano degli anni '70. Donne bellissime, uomini potenti, furbetti e sfigati.
La trama gira intorno alla furberia, all'equivoco, all'ammicamento, al doppio senso ed al sotterfugio. E l'uomo che non può essere punito, l'uomo che faccia ciò che tutti vorrebbero ma non possono (o perchè non ne hanno i mezzi, o perchè verrebbero giustamente perseguiti) è automaticamente il capobanda, il dio incarnato.
Il sultano è la catarsi dei sogni repressi di una società infelice ed incontentabile. Che lui stesso ha reso incontentabile attraverso il suo vergognoso potere mediatico. E che lui stesso promette (senza ovviamente potere o intenzione) di accontentare.
E' un reiterato gioco di promesse non mantenibili, di cui lui, però, è il garante vivente: perchè lui c'è riuscito.
Questa, è io credo, la percezione italiana del proprio sultano.
E' un idolo che fa le orge con le ragazzine, che possiede una squadra di calcio vincente, che è pieno di belle case in posti stupendi, che ha un elicottero privato, che è sempre abbronzato e sorridente, che non invecchia…..e non deve mai chiedere scusa.
Questo, tutto questo, è per l'umano medio (specialmente se italiano) la realizzazione di ogni possibile sogno proibito.
Ma ovviamente nessuno considera che di sultani ce ne possono essere veramente pochi, o solo uno. Nessuno considera che tutto il meccanismo è possibile grazie alla sua intoccabilità, alla sua invulnerabilità.
Un Dio è tale finchè non sanguina, Cristianesimo a parte (che è riuscito a rivoltare anche il messaggio del sangue…ma quello è un altro mostro mediatico con altri artigli.).
Finchè non sarà intaccato, finchè qualcuno non dimostrerà che anche il sultano può essere giudicato, condannato, in qualsiasi modo "retrocesso" dal suo status sovrumano, il suo messaggio rimarrà invariato.
E lo farà comunque, nonostante le bordate che egli stesso riesce ad autoinfliggere alla propria credibilità! Questi episodii sono, infatti, un assurdo rafforzativo.
Egli può permettersi di dire, oltre che fare. E può permettersi di scherzare, ridicolizzare e abbassare di tono le proprie colpe.
Egli si autoassolve, ogni volta, appellandosi alla parte più bassa del proprio essere, con una strizzata d'occhio all'odiens, chiedendo un consenso attraverso una più o meno tacita domanda retorica " Voi cosa avreste fatto al posto mio?".
Ma il po
polo può permettersi un livello morale di un certo tipo, la prima carica di uno stato no.
Perchè se il nostro uomo di punta, la nostra massima evoluzione civile, sembra uscito da un film di Lino Banfi… il suo popolo, che deve essere necessariamente inferiore per status morale, culturale e sociale…. cos'è? Ominidi con la bava alla bocca, quantomeno.
L'umano non è un essere pieno di buona volontà, specialmente se studiato nelle dinamiche di branco. L'italiano è di per se pessimo, più di ogni altro umano, sotto questo aspetto.
Se lo sprone che viene dall'alto è unicamente una spinta all'inattività cerebrale, al cedimento verso gli istinti più bassi e discutibili, all'attesa verso il colpo di fortuna risolutivo che allontanerà definitivamente il dovere e la responsabilità…. il popolo si muoverà subito in questo senso.
Di fronte ad una comoda realtà deresponsabilizzante gli italiani non hanno dubbi…. mai!
Il sud, per esempio, è uscito da centinaia d'anni della peggiore dominazione spagnola (padronato, latifondismo, integralismo religioso praticamente inquisitorio…ecc.) e si è trovato catapultato in un universo di feste canterine, culi e ricchi premi senza soluzione di continuità. Un passaggio del genere non può non destabilizzare intere popolazioni. Popolazioni che si sono trovate di fronte ad una vetrina prima ancora di sapere cosa fosse il mercato.
E' piuttosto ovvio che tutti vogliano essere calciatori o veline. E' l'unica prospettiva che viene promessa, l'unico passaggio di livello.
Non c'è un riferimento culturale. Non c'è un carismatico uomo di moralità o sapienza come alternativa. C'è solo quello e quindi quello è la realtà. L'unica.
Il sultano non ha fatto bene i suoi conti, li ha fatti perfettamente.
E nessuno, nemmeno molti dei suoi detrattori sembrano possedere una singola goccia di luce per squarciarne il velo tenebroso. Sembrano tutti guardare il sultano con aria affamata, attendendo il momento tanto sognato di sbranare la sua carcassa satura di potere.
Dopo un primo giorno di commenti colmi di speranza sento già gli animi raffreddarsi. Qualcuno accorrere in difesa.
Qualcuno cercare scudo nell'umanità del Dio. Qualcuno strumentalizzare ogni cosa.
Io non mi occupo di politica. Ma, nel mio piccolo, di cultura si.
E finchè il sultano sarà sultano vedrò sempre di più agonizzare il tanto amato sapere, la tanto adorata curiosità.
La curiosità che si è persa è la chiave del potere attuale.
Se tutti si chiedessero "come" e perchè" qualcuno sia arrivato ad essere un sultano, e diffidassero (come ogni sapiente dovrebbe fare), diffidassero sempre…. il sogno in cui siamo rinchiusi si sgretolerebbe.
Sarebbe ora di capire quante risorse servano all'umanità per campare, come fare a rinnovarle, come smetterla di produrre a cazzo di cane tanto per vendere. L'economia sputa sangue, l'ambiente è ridotto come lo straccio di un benzinaio, la società è in frantumi….
E stiamo tutti a parlare del glande del sultano. Senza peraltro usare questo chiacchiericcio per umanizzarlo e renderlo vulnerabile.
Per questo, io credo, l'umanità perderà sempre la propria lotta contro se stessa.
Perchè il progresso è fatica, la cultura è sudore, il miglioramento è sofferenza.
I sogni che spruzzano dall'antenna sono la droga perfetta.
Ma è solo un'illusione, un viaggio a scadenza, come quello offerto da ogni droga.
Il sultano non è Dio. E' tale perchè ha avuto la coscienza lordata da ogni mossa necessaria per passare da umano a Dio.Ma è un umano, che noi rendiamo divino.
Tolte le guardie il sultano va giù con due sberle.
E' sempre stato così… ma c'è sempre stato un sultano…

 

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Alla fine ho preso degli insulti io. Perchè le ho definite "puttane analfabete".
Ok. Ammetto di essermi fatto prendere la mano.
Mi correggo, sono solo "qualunquelle sgrammaticate".
Ora è tutto diverso no?
Il problema, ovviamente, era aver dato della puttana a qualcuno; la mia briciolina di colpa che è impossibile non notare, quando dietro c'è un monte Everest di MERDA, il quale rappresenta la nostra società dell'informazione, la nostra percezione mediatica e (peggio ancora) il nostro livello culturale.
Eh si, la cultura.
Non perchè queste due ragazzette carine, spontanee e totalmente superflue abbiano fatto nulla di male, a parte parlare come due borgatare. Non hanno detto niente di sconcio, non sono nemmeno ammicanti in maniera voluta.
Il problema non è in loro. E' nella struttura alle loro spalle.
Il loro video ha cominciato a girare per la rete, ed ora, con squillo di trombe, un qualche magnaccinematografaro ha deciso di fare un film con le "Calippo Girls".
Ora, questo è un insulto. Non a me, che me ne frego di loro e del loro pulcioso film.
E' un insulto a chi abbia studiato recitazione, magari per anni. E' un insulto a chi si sia spaccato il culo in nome del palcoscenico. E' un insulto anche nei confronti di metà delle persone che conosco, gente che sa fare musica e spettacolo con niente.
E' un insulto ad un grande cantautore di origine pugliese che ho conosciuto a Roma.
E' un insulto ad una mia amica, che ha lavorato di giorno e studiato canto e musical per anni, di sera.
E' un insulto al buon senso, l'agonizzante buon senso.
Perchè queste due signorine qualunque, nei loro cinquanta secondi, non hanno detto proprio un cazzo di niente di rivelante.
Non mi sembra così divertente neanche la spontaneità di gente che non si sforzi nemmeno un poco a parlare la propria lingua come dovrebbe. Non trovo scusabile il fatto che più ci si degradi e più si facciano soldi e successo. Che più il livello sia basso più attiri la luce magica dei riflettori.
Questo è irresponsabile; da parte di chi produca e promuova questo tipo di cultura.
Perchè è QUESTA la cultura in cui siamo immersi. Un brodo primordiale di tette, culi, fregature, furbate, raggiri, menzogne e beceri doppi sensi.
Dal borgataro al presidente del consiglio. Non c'è più livello, è status quo totale.
Quindi non c'è più "merito". Toglietevelo dalla testa che il sudore porti alla gloria. Quello che conta è essere uniformi e avere la botta di culo di essere notati mentre si piscia contro un muro, da qualche impresario.
Perchè quello che fanno queste due ragazzette, a livello culturale, è pisciare contro il muro.
Non possiamo più fare finta che il geniale, il becero, lo stupido, il degradante, il simpatico, l'offensivo e lo spettacolare siano una cosa sola indistinguibile!!! Qui si prenderebbe a calci nelle palle Einstein e si terrebbe Boldi.
No, non credo di essere Einstein, ma neanche Boldi, per gli Dei!
Sono simpatiche? Ok, può essere. Lo è anche il mio amico Teo; ma nessuno gli fa fare un film.
Il Bardo ha fatto almeno quattro-cinque video oscenamente cretini e li ha postati in rete, ma adesso non conduce un tg!
E i suoi video almeno contenevano un'idea, anche demenziale, ma un'IDEA CAZZO!!!!
Io oggi ho scritto su Facebook che ho difficoltà a lavarmi il culo con la mano destra.
Eh…ho sbagliato mano prendendo il sapone… è andata così…
Aspetto di essere fatto ministro delle Pari Opportunità (così anche la mano destra potrà lavarmelo, il culo).
Perchè il merito dove sta, nel dire "me schiumano le ascelle e ho mangiato er calippo"????
Veramente vorrei saperlo.
Vorrei sapere perchè il messaggio che arriva a TUTTI di continuo è che la vita è basata sul buco del culo!
Aspettiamo di essere notati dalla tv, aspettiamo di vincere al superenalotto, aspettiamo…..
Mentre dovrebbe essere costruita con il sudore e la volontà la fortuna, per essere meritata. E mentre ci tolgono OGNI POSSIBILITA' di farcela con le nostre forze, rimaniamo tutti a bocca aperta come coglioni di fronte ai numeretti estratti o un paio di tanga in video.
Questo paese non è nemmeno marcio.
Qui i vermi si stanno cannibalizzando tra di loro, perchè non c'è più carne putrida con cui sfamarsi.
Perchè mi fa tanto incazzare? Perchè me la prendo tanto?
Perchè questo è un simbolo. Il simbolo della nostra degradazione mentale. Il simbolo della speranza fottuta.
E' IL NULLA de "La storia infinita".
Questa è la tomba dei sogni.
I sogni dell'uomo dovrebbero essere astratti, oppure utili.
I sogni astratti sono piacevoli, a volte rivelanti, ma servono per vagare con la mente in universi lontani. Come pensare a volare su un drago.
Quelli che buttino un ponte progettuale, i sogni di un cambiamento della realtà, dovrebbero essere concretizzabili. Con uno sforzo collettivo o individuale, ma raggiungibili!
Ora non ci sono più sogni del genere. Gli operai non pensano che unendosi miglioreranno la propria vita. Si disgregano perchè troppo impegnati a farsi spappolare il cervello con IRREALIZZABILI SOGNI INDOTTI.
Signori… non possiamo essere tutti Briatore o Valentino Rossi. Davvero.
Ma mentre aspettiamo di diventarlo (invano ovviamente) ci passano al tritacarne.
Siamo ipnotizzati, non ve ne rendete conto???
E queste due, che non erano NULLA, NULLA per la crescita della razza umana o del nostro paese, diventeranno due Persone Veramente Importanti (V.i.p = Very Important Person).
Ma…vi siete mai resi conto che per avere persone veramente importanti, ce ne devono essere anche che Non Valgono Veramente un Cazzo (V.u.p= Very Useless Person)????
Questo è degradante per le donne. Come lo è per le persone istruite. Come lo è per chiunque abbia un minimo di buon senso.
Come Totti che nelle pubblicità sfoggia bonariamente la sua ignoranza abissale, ed è visto come un vincente, cazzo!
Secondo voi le nuove generazioni chi imiteranno?? Qual'è il messaggio che arriva?
Il messaggio è semplice: "Basta essere belli, appariscenti, pieni di grana ed in tv. E gli altri che anneghino nella merda. E la crescita culturale, la comprensione del nostro essere e dell'universo è roba che fa perdere tempo".
Ma possibile che nessuno si incazzi mai? I giornalisti stanno già battendo le mani come scimmiette ammaestrate,sono così euforici che ballano in mutande pisciando dal balcone.
Non uno che si alzi dicendo: "scusate…ma PERCHE'????"
Cazzo, è la domanda che ogni essere umano con un briciolo di buon senso dovrebbe porsi, in un caso così assurdo, per gli Dei!!!
Comunque sia, io mi sento sconfitto. Da questo mi sento sconfitto.
Perchè dovrò cantare ai Buskers tra una settimana e non mi sento in grado. Dovrò cantare in teatro a Natale e non mi sento in grado. Passo tutta la vita ad arrovellarmi sulla mia inadeguatezza, perchè sono abbastanza autocosciente per sapere che io, rispetto ad un vero musicista, sono come un coglione intervistato in spiaggia. E i coglioni intervistati in spiaggia fanno film, intanto, senza porsi domanda alcuna.
E so quanto poco valgo, e non chiedo di essere di più per botta di culo o leccate di culo.
Si, il successo c'entra con il culo, ma solo perchè toccherebbe farselo.
E sono depresso, sono senza pi&ugrav
e; forza. Perchè nessuno si chiede più "perchè". Nessuno pensa più al "giusto" o "sbagliato".
Nessuno pensa che si possa essere curiosi, si possa andare oltre, per fare lavorare quei neuroni del cazzo.
Nessuno pensa, direi che è omnicomprensivo.
Perchè so anche che quel film del cazzo verrà pagato da noi, come quasi tutti i film merdosi italiani che escono unicamente per fare mangiare registi, produttori e uno straccio di troupe.
Perchè lo pagaremo noi, il passaggio a "vip" delle due ragazzine scongiuntivate.
Vi fa ridere "er calippo"??
Si?
Bene, voltatevi.
Ce l'avete piantato nel culo. E vi è andata male: Non è neanche quello Fizz!

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La savana era un crogiolo di oro fuso.Una piana dorata di erbe gialle fustigate da un sole impietoso fin dove l'occhio potesse sbattere su un orizzonte.
Sotto un albero sparuto la gazzella lanciava al cielo il suo grido di dolore.
Si era isolata dalla mandria, quando le doglie del parto avevano sancito l'arrivo del momento tanto atteso. La gioia della creazione era un'ordalia di fatiche e sofferenze, un imperativo biologico che però la gazzella sapeva di dovere soddisfare.
In un guizzo di liquidi, melme e sangue il piccolo si affacciò alla vita, cadendo sul mondo infuocato che lo avrebbe ospitato per tutta la sua esistenza.
Madre gazzella si voltò a controllare il prodotto dei proprii sforzi, divorando la placenta ricca di nutrimento che l'avrebbe aiutata a produrre il latte per la propria creatura.
Il piccolo era un grumo di pelo zuppo ed arti scoordinati, ma immediatamente alzò la testa in cerca della genitrice.
"Benvenuto sul mondo piccolo mio." disse lei con voce rotta dall'emozione.
Il piccolo ammiccò, e cominciò a puntellarsi barcollando sulle lunghe zampe sottili.
"Non male mamma, sono appena nato ed ho già tirato una craniata pazzesca per terra…. potevi tenere anche il culo un pò più basso!" disse cercando di prendere il controllo delle locomozioni inferiori.
La madre leccò energicamente il pelo del piccolo per pulirlo.
"Ehm.. era il mio primo parto, devo prenderci un pò le misure." sussurrò.
Il piccolo guardò la savana sterminata, la mandria poco distante e le tante creature in lontananza.
"Fa un caldo bestia in questo posto madre! E chi sono tutti quelli???" chiese.
La madre sorrise e rispose : "Sono le altre creature della terra. Quelle sono gazzelle come noi, e dovremo rimanere sempre vicino a loro, sarà l'unico modo di essere al sicuro. Non tutte le creature ci assomigliano e alcune possono farci del male."
Il piccolo si accigliò.
"In che senso farci del male? Che possono fare? Mangiarci?"
La madre lo fissò con espressione severa "in effetti si…"
Il piccolo rimase perplesso: "va beh, punto primo: l'ironia non è di casa in questo mondo…"
La madre accarezzò con il proprio il muso del piccolo sussurrando parole rassicuranti: "Non ti preoccupare, ti proteggerò io, ti proteggerà il branco."
Il piccolo però non sembrava molto convinto.
"No sul serio mamma, è strano. Sono nato da due minuti e già cammino, scommetto che verso sera riuscirò a correre… questa cosa mi puzza!"disse.
"Ma certo!" rispose la madre "E' il nostro sistema di difesa, madre natura ci ha fornito velocità ed agilità per sfuggire ai predatori!"
Il piccolo guardò le proprie zampe ossute che teminavano in paio di zoccoletti fessi.
"Ah si è sforzata un sacco! non potevo avere due belle zampone irte di artigli!!?"
La madre roteò gli occhi " Fosti nato leone le avresti avute! Ma sei nato gazzelladi Thomson!"
"Che culo, eh!?" rispose il piccolo " e chi divolo è questo Thomson? perchè siamo roba sua? Ho già un padrone?"
La madre sorrise " No, tesoro. E' stato lui a chiamarci "gazzelle"…credo…".
Il piccolo si guardò intorno spaesato: " Punto due: qua nessuno si fa i cazzi suoi. E prima come ci chiamavamo: "hei tu con le corna ed un leone attaccato alle chiappe"?? ".
La madre sbuffò spazientita, ma il piccolo aveva troppo curiosità rimaste insolute.
" Madre senti, io la vedo male. Fammi una panoramica dell'ambiente così almeno mi preparo."
La madre smise di leccare il corpo del piccolo e lo guardò fisso negli occhi scuri.
" Siamo gazzelle. Mangerai il mio latte per un pò, poi brucherai l'erba. In ogni momento della tua vita dovrai essere attento, vigile, pronto alla fuga. I leoni vorranno mangiarti con attacchi in branco. Le iene aspetteranno che tu sia ferito o malato per balzarti addosso, i leopardi ti tenderanno agguati da ogni albero. Ogni volta che ti abbevererai ad un fiume un grosso coccodrillo potrebbe uscire dall'acqua ed in ingoiarti la testa. Però ogni sei mesi qui verrà una siccità pazzesca e dovremo camminare per circa un migliaio di kilometri per trovare un pò d'acqua."
Il piccolo aveva enormi occhi sgranati.
"Benvenuto sul mondo amore mio, frutto della mia carne, speranza di sopravvivenza per la nostra specie. Ti ho regalato la vita, ed il mondo è il tuo posto ora." continuò la madre.
"ehm… mamma?"
"Si tesoro mio.."
"Vaffanculo!"

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JAR

E' un pò come stare di fronte al mare.
Un percorso che non ha percorso, in realtà, di fronte ad una immensità non abbracciabile, che lascia interdetti sui percorsi e confonde tutte le rotte.
In fondo è come avere i piedi sulla sabbia umida, giocherellare piacevolmente con le dita e sentirla scorrere sulle pelli sensibili.
E' lo sciabordìo cullante, il cielo notturno silente. Sono due mari, uno di fronte all'altro, verticalmente. Uno di acqua, uno di vuoto. Ma entrambi non misurabili dai sensi umani.
In fondo è anche logico che io mi trovi qui.
Dal Fantasy venivo e al Fantasy ritorno. Non so se si sia trattato di un cerchio, di una elissi o di una contorta spirale, ma il percorso mi ha riportato nel punto in cui mi trovai a partire.
Mi sembrano passati secoli. Mi sembrano passati molti mondi e molti diversi "IO"; ma forse nemmeno mi sono mai mosso.
So che ora il mio respiro si è fatto di nuovo tranquillo, tutti i demoni e gli angeli sono rientrati.
Sento rabbia, una rabbia letale. Una furiosa violenza di ribellione, che serpeggia in me, lenta, lungo ogni giornata amara.
Sento ora, più che in ogni altro momento degli ultimi tempi, la catena dello schiavo.
Mi sento prigioniero di un mondo crudele e schiavista, di un meccanismo spietato e privo di qualsivoglia buon senso.
Mi sento corcifisso sul legno di un paese infernale, in cui la merda ormai sia l'unica religione e il becero tornaconto l'unico fine.
Di fronte a questo mare immaginario, sento il respiro della mia fantasia, della mi armonia interna, dei molti cosmi del mio pensiero.
Le stelle illuminano fredde le onde di una marea scura, l'onda d'inchiostro di ogni disegno non fatto, di ogni parola non battuta.
Da quando il mio spirito si è acquietato smettendo di cercare all'esterno, mi sono accorto degli infiniti spazii che albergavano nel mio interno.
Schiavo.
Non ho scelta. Anche domani non ho scelta.
Non posso disegnare, non posso scrivere, non posso cantare.
Non posso fare nessuna delle cose che vorrei fare. Perchè la mia sopravvivenza dipende unicamente da ciò che io DEBBA fare.
Non piantar patate per mangiarle, che cerebralmente avrebbe anche un suo filo logico, ma rincoglionirmi di fronte ad un computer.
Battute di colleghi, luoghi comuni, tanto comunida essere fotocopie ricalcate di clichè doppi. Orarii come coltelli da macellaio, pause come respiri sospesi durante un annegamento.
Ed un ritorno alle mie torri, relitto e derelitto, pronto per un sonno angosciante, che promette come unica cosa un nuovo inizio dell'agonia.
Non è il mio lavoro, non è qualsiasi lavoro. Non è il tipo di lavoro.
E' il concetto stesso di produzione fine a se stessa. Il perpetrare e celebrare il superfluo come occasione di sopravvivenza.
E' fatica fine a se stessa, che si autoconsuma. La spesa sempre pari al guadagno, ed il tempo sempre perso. Sempre.
Io non mi annoio. Non è possibile per me annoiarmi.
Anche alle pastoie la mia mente fugge. Pensa agli antichi imperi perduti, alle cadenze dei versi, agli incubi e alle visioni dei sognatori, ai tratti dei pittori, alle note delle armonie.
No.
Una mente come la mia non è contenta della pastoia. Io non ho bisogno di uno schema per riempirmi la vita, per non andare in giro ubriaco a far danni.
Io non ho alcun bisogno di una droga giornaliera per stancarmi e rendermi docile.
Io sono una mente libera in un mondo servo.
Veleggio verso mondi impossibili, mi dondolo tra liane semantiche, faccio gargarismi con le semicrome e le scale cromatiche, sfumo e cromeggio. Tratteggio.
Io assorbo e rielaboro.
Io non credo di essere un genio, ma non sono nemmeno coglione quanto mi vorrebbe il sistema.
Il lavoro non rende liberi.
Qualsiasi cosa rubi tempo alla conoscenza ed all'evoluzione personale non può essere che limitante.
Il chiacchiericcio rivoltante del pettegolezzo umano mi spinge ad un conato di rancido vomito.
Non mi interessa, signori. Dei vostri cazzi e mazzi, delle vostre paturnie cerebrali sempre identiche anche quando riapplicate a nuove realtà, delle vostre inadeguatezze autoinflitte,
del vostro pessimo rapporto con la disinformate informazione o con lo stile e il vello momentaneo degli ovini.
Vestitevi come vi pare, pecore da latte e da carne. Me ne fotto di voi, della vostra silente accettazione di una rancio fatto di stronzi fumanti nel nome della prassi e della tradizione, del vostro belare roco e ridondante.
Dentro di me c'è ancora qualcosa che ormai credevo morto da tempo.
C'è un mare d'inchiostro, che può produrre qualunque immagine e qualunque racconto.
Mi ritiro nel mio Io, scorreggiando allegro in faccia al super-io che mi ulula tutti i suoi "DEVI".
Nel mio interno c'è un accordo vibrante che non viene raccolto, c'è una fucina di mondi e di persone. Ci sono draghi.
Il percorso mi ha riportato al Fantasy. Ed ora le lunghe ore di solitudine estiva passate a sognare draghi e guerrieri mi sembrano l'unico momento ben speso della mia esistenza.
Sogni miei, fatti per me, autoprodotti, senza peso, senza valore.
Come l'aria.
Non pesa, non costa, non si vede.
In un mondo come questo non vale niente.
E provate a vivere senza, se riuscite…..
.. e lasciatemi sognare.
Non parlate…
Lasciatemi sognare in pace….

 

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Sbaraquack!
E non scherzo!
Perchè ci sono personaggi che, a volte, trascendono la loro stessa funzione, e divengono mito, archetipo.
Sono quelle cose senza le quali il mondo, probabilmente, svanirebbe in una scoreggia; sono le ancore stesse della realtà.
Ma non voglio soffermarmi sulla Nutella.
Quello che mi fa pensare è Paperino.
C’è un pò di Paperino in tutti noi, perchè Paperino (più di ogni altro personaggio animato in generale) rappresenta proprio l’uomo medio. Nemmeno troppo mediocre, proprio medio.
Però, non esiste un solo papero, un solo archetipo. O, meglio, ogni cultura ha applicato al papero le proprie caratteristiche di medioman.
Se Topolino era il furbetto che se la cavava sempre, figlio della grande depressione, Paperino è l’uomo nato quasi sotto le bombe. Ha il ciuffo di piume caudali nel passato ed il becco già piantato nel futuro.
In effetti, sarà proprio Paperino ad incarnare l’uomo medio americano nei decenni successivi, molto più del sorcio progenitore. Affinacato da Pippo, una volta evolutosi come personaggio, il quale diverrà un nuovo termine allegorico delle nevrosi moderne.
Paperino è, però, più ancestrale, più biologico, nel suo modo di rapportarsi alla vita. L’inossidabile distacco di Pippo lo porta spesso ad essere una parodia molto sopra le righe, più funzionale alla gag che al personaggio.
In pratica Pippo è costituito dalle gag, mentre Paperino è, per sua stessa natura, un generatore di gag.
In America, infatti, vive un papero ben diverso dal nostro.
Il papero italiano è un fannullone, un aspirante mantenuto, uno sfigato ed anche un pavido. Questo è, ferocemente, corrispondente all’immagine dell’indole italiana. Paperino, da noi, è un pò un servo. Vive continuamente di espedienti umiliandosi ad un potente (lo Zio vergognosamente ricco… Berluscon dè Berlusconi???) per un pugno di noccioline. Ed in fondo è anche contento così, in quanto il suo obiettivo principale è non lavorare e non faticare.
La colpa dei suoi insuccessi è la sfortuna, che in Italia è spesso considerata come un capro espiatorio ultraterreno (E’ scivolato a valle un paese completamente abusivo?? Eh, oh…SFIGA!).
In realtà il papero italiano fa qualcosa solo se costretto (col ricatto o la necessità), quindi in realtà è molto più sfortunato della controparte americana, che è ben più intraprendente. E chi fa.. falla..
Il papero americano non solo è attivissimo, ma non è nemmeno poi tanto sfigato.
Il suo problema è il carateraccio, non una sorte distorta.
Donald Duck è pieno di buona volontà. Fa tutti i lavori possibili, è anche organizzato, anzi, si infoia come un dannato nei preparativi, si fa viaggi mentali pazzeschi sulle sue imprese ed è, a tutti gli effetti, un ottimista.
Ma quando le cose non vanno come lui stesso se l’era prefigurate (ed ovviamente niente va mai come ce lo prefiguriamo) si incazza come una pantera.
E qui, il medioman esplode con tutta la sua carica di allegoria. Paperino vorrebbe andare oltre, vorrebbe fare le cose fatte bene, ma non può. Mica per i mezzi, perchè in America Paperino non è uno straccione a tutto tondo. Ha un’origine piuttosto povera, ma nel’evoluzione diventa un borghese degli anni ’50-’60.
E come ogni borghese è un pò più stronzo che sfigato. Molti casini se li smina da solo, perchè va a rompere le scatole a qualcuno, o semplicemente perchè invece di reagire razionalmente va giù di testa. Molto spesso perchè cerca la soluzione più comoda, piuttosto che la più saggia…. 
In moltissimi episodii animati Paperino, però, non ne esce da perdente, ne esce da vincitore. Quando gli scende la catena diventa una forza della natura. E non è tonto come Pippo, non è un furbetto come Topolino. Lui è l’ago della bilancia, è tutti noi e nessuno….
Il papero è una figura molto tridimensionale, perchè passa dall’essere una bastardo profittatore alle crisi di coscenza nel giro di pochi attimi. Prima fa la cattiveria e poi si commuove. Paperino è combattuto, è preda di quelle forze contrastanti di cui tutti siamo preda, e non è mai chiaramente schierato dalla parte dei buoni o dei cattivi, non è mai pacifico o sobillatore.
E’ un ometto qualunque, che reagisce inaspettatamente come ogni ometto qualunque.
E io, devo dire, mi son sempre sentito vicino a Paperino, a quello dei cartoni animati però, più che a quello dei fumetti…. 
Perchè nemmeno io sono un fannullone, un essere senza orgoglio, uno sfigato e basta.
Mi sento più vicino al papero Americano.
Certo, non sono ottimista, ma ci metto energia nelle cose che faccio. Poi spesso le faccio andare a puttane perchè mi scende la catena, come fa lui. Come lui anche io spruzzo il formicaio con il tubo da giardino perchè mi diverte e poi mi incazzo e mi dispero quando le formiche chiedono vendetta sulla mia casa.
Ma in tante cose, ci provo. Con le scarse capacità di un medioman, che a volte fanno andare tutto in vacca e a volte vedono esplodere dentro di me una stella ardente che risolve epicamente ogni difficoltà. Senza metodo. Senza certezza. Solo una grande e incostante dose di voglia e buona volontà.
Non è facile essere Donald Duck.
Essere un personaggio che buca le due dimensioni perchè la sua stessa essenza è a tutto tondo.
Molte volte mi sono fermato a guardarlo sbraitare di fronte ad un casino tutto autogenerato, ed ho pensato a quante volte capiti anche a me. Quasi sempre….
QUESTO… è il ballo del qua qua………

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Ora, la situazione è più o meno la seguente.
La casa della mia famiglia (e lo è da ormai 100 anni…mica bau bau micio micio) vale qualcosa come 500.000 Euro, come minimo.
La mia genitrice impazzita decide un giorno che il tetto ci crollerà sulla testa (una fobia gallica presumo..) e che bisogna rifarlo di sana pianta, magari aggiornandolo alle nuove teconologie energetiche, nella fattispecie installando pannelli fotovoltaici. La caldaia per empatia indotta decide a metà Agosto di tirare le cuoia, aggiungendo al delirio di ristrutturazione un bisogno reale ed impellente: avere il riscaldamento attivo prima dell’inverno.
Serve un mutuo. Notare che ne abbiamo già uno da più di dieci anni e non siamo mai stati insolventi.
Lo chiediamo alla stessa  banca, la quale ci sputa in faccia come fossimo dei pezzenti.  Va bene, SIAMO dei pezzenti, ma pezzenti che hanno sempre pagato.
Prima adducono come scusa l’eta di mia madre…
Inconcepibile… dodici anni prima per concederle il mutuo fecero comunque firmare la fidejussione a me. Se lei tirava le cuoia pagavo io, punto.
Ora che anche mia sorella è maggiorenne, saremmo in due a garantire. Si, mi madre è un pò più vecchia, ma noi abbiamo il doppio delle garanzie….per gli Dei!
In seguito cominciano a piagnucolare che non potremmo mai farcela a pagare.
Mia madre dimostra, conti alla mano, che una volta concesso il mutuo ed assorbita all’interno di questo nuovo debito ogni nostra altra pendenza attuale (carte di credito ricaricabili, prestitini varii, ecc) pagheremmo addirittura MENO, in totale.
Ora, se ce l’abbiamo sempre fatta prima… perchè dopo non dovremmo farcela pagando MENO??
Mistero, e tale lo faranno rimanere.
Contemporaneamente il comune ci rifiuta il permesso si installare i pannelli fotovoltaici sul tetto, perchè abbiamo un vincolo di fronte strada. Ovviamente di tutto il caseggiato a schiera SOLO NOI abbiamo il vincolo di fronte strada, perchè siamo la villa di testa. Ma non tanto perchè questa modifica deturperebbe l’aspetto dell’abitazione (non lo vedrebbe nessuno che non voli abitualmente durante la pausa pranzo..) ma SOLO perchè la nostra porta di ingresso è su una strada anzichè su quella perpendicolare ad essa….
La burocrazia supera con un balzo la realtà, OVVIAMENTE, in questo paese di cachi e ballerine.Un paese dove solo chi non rispetti le norme ottiene ciò che progetta, come ci dimostra OGNI giorno la cronaca.
Così mi ritrovo, insieme alla mia famiglia, ad aver girato tre banche diverse, le quali non solo ci hanno rifiutato il mutuo ma ci hanno anche messo SETTIMANE a darci una risposta (senza alcuna giustificazione da parte loro) e ci ritroviamo alle soglie dell’autunno senza mutuo, senza prospettiva di inizio lavori, senza alcun aiuto da parte di alcuna autorità economica o politica.
Stiamo chiedendo 200.000 EURO dandone come garanzia 500.000, non stiamo questuando  con gli occhi lucidi fingendoci falsi invalidi!
Così facendo perderemo anche gli incentivi per l’installazione delle caldaie, non daremo lavoro a QUATTRO ditte, tra muratori, elettricisti, idraulici ecc., solo perchè i tassi sono bassi e a questi strozzini legalizzati NON CONVIENE concedere finanziamenti.
Però ci fanno la propostina. Ci dicono che ci concederebbero un finanziamento con la loro società finanziaria interna, con i tassi al 11%, di un quarto neanche della cifra richiesta, così poverini ci possiamo scaldare questo inverno….che dolci..
Se vogliamo rifare il tetto, forse è anche per limitare la dispersione termica di una copertura del 1932, grandissime teste di torba!

Forse il fotovoltaico farebbe risparmiare noi e calare l’inquinamento generale, grandissimi figli di pubbliche mogli.

Forse, nel mio piccolo, farei girare anche io l’economia. Ma a loro che gli frega???

Questi impuniti usurai monopolistici e corporativi ovviamente se ne fottono. Nemmeno se ne fottono di fare l’elemosina, cosa che non pretendo, ma se ne fottono persino di fare il loro mestiere, di concedere un prestito che sarebbe un nostro diritto ottenere solo perchè a loro spetta l’ultima parola e il loro tiramento di culo del momento decide non solo le sorti di noi poveri straccioni, ma anche quello dell’economia tutta. C’è la crisi?

Ovviamente, e questo mi dimostra chi crei la crisi. Chi ci mangi sulla crisi.
Quindi un giorno entrerò con un passamontagna in banca, spianerò il mitra, farò stendere tutti a terra e poi non chiederò di svuotare la cassaforte, chiederò solo di avere IL MIO CAZZO DI MUTUO, che pagherò regolarmente ogni mese come ho sempre fatto!
Io non ci tengo a rifare il tetto, secondo me regge ancora, non ci tengo a contrarre 200.000 euro di debito, ma ci tengo che mia madre non vada in crisi respiratoria per l’ansia e la rabbia, visto che ha sessantasette anni, l’asma e a me servirebbe ancora viva. E’ una questione affettiva, lo so che per il mercato non vale niente mia madre, ma ci son cose che non si comprano o vendono.. eppure ci tengono in vita più dei soldi.
Strozzatevici con i nostri soldi. Un giorno scenderemo in strada con badili, torce ed asce, e non strisceremo più carte plastificate. Strisceremo le vostre cervella del cazzo sull’asfalto.

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Se fossi, potessi, se avessi licenza
di vostra tortura farei mia la scienza
se fosse fortuna il mio brando possente
per voi non sarei divertente…

Pietà non avrei, ne rimorso o rimpianto
martello di pietra calato di schianto
sui muri maestri della vostra certezza
eretti su fango e schifezza

Sarei ogni crepa tra malta e mattone
sarei leva ed innesco per la distruzione
sarei tarma e tignola, sarei vizio cadente
sarei mela e sarei il serpente.

Se potessi dividere i corpi nei letti
farei scorrere sangue dai miei rubinetti
silenzioso insediato, parassita totale,
come alieno, come germe del male.

Se fossi un pensiero sarei un chiodo fisso
sarei la caduta che involve un abisso
sarei storto ed obliquo come un’ipotenusa
sarei il danno, e sarei la sua scusa.

Potrei essere il fumo che arde le gole
celato e crudele più delle tagliole
vorrei essere ruggine, un virale malanno
….solo un brivido… solo un inganno.

vorrei essere lo sfogo dei neri pensieri
la lama concreta che squarci i misteri
vorrei essere il gusto, il pensiero proibito
esser dentro anche senza l’invito.

Sarei cieco terrore di ogni rapporto
carnefice sommo di un sogno già morto
sarei la sorpresa, sarei colto sul fatto
sarei scacco… e sarei quello matto.

Sarei ben diverso se avessi altri baci….
..se davvero fortuna premiasse gli audaci..
ma nel guscio mi celo, come un tristo paguro
….ma potendo, sarei  demone oscuro!

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