“Ieri la mia vita andava in una direzione. Oggi va verso un’altra. Ieri credevo che non avrei mai fatto quello che ho fatto oggi. Queste forze che spesso ricreano Tempo e Spazio, che possono modellare e alterare chi immaginiamo di essere, cominciano molto prima che nasciamo e continuano dopo che spiriamo.”
(lo scienziato Isaac Sachs)
E se non va in nessuna direzione?
L’Atlante delle nuvole questo non lo spiega. Certo, incantevolmente spreme sulla tavolozza immagini e suoni, parole ed emozioni e le impasta sapientemente, perché è fatto con cura e criterio e rimane un bellissimo film.
In qualche modo, anche io percepisco questo panteismo invisibile, questo susseguirsi di situazioni e di emozioni, che si intrecciano in figure impossibili attraversando le dimensioni conosciute e sconosciute nelle quali siamo immersi.
Viene solo da chiedersi, piuttosto egoisticamente, che cosa me ne freghi del continuum bioemozionale della specie, della vita o dell’universo se la parte che dovrò recitare nel mosaico sarà modestamente penosa.
Non inutile, perché ovviamente non esiste una tessera in questo mosaico che non debba esistere e che non abbia una specifica collocazione preposta alla funzione del tutto alla quale dovrà appartenere.
Ma tristemente pietosa, può benissimo esserlo.
L’uomo fallito, dai cui fallimenti verranno spersi i potenziali germi di nuove folgoranti vittorie non solo non avrà coscienza, essendo inserito nel tempo e non ad esso parallelo, ma non ne avrebbe nemmeno consolazione pur avendone conoscenza.
In termini utilitaristici che questo flusso di vita e coscienza e memoria e materia possa portare a qualche disarmante conclusione rivelatrice….. non fa la minima differenza per la vita della singola entità che ne fa parte.
La sveglia di domattina mi fracasserà i coglioni comunque, a prescindere dal fatto che l’umanità possa ritrovare tra centinaia di anni le stronzate che ho scritto in rete e trovarle salvifiche.
Non è che me ne possa fregare molto di salvare il mondo stasera, tra centinaia di anni non può assolutamente fottermene alcun che di quanto accadrà.
In fin dei conti a nessuno frega niente del grande rivoluzionarsi ed evolversi del cosmo intero quando la persona amata non se lo caga.
Ed è qui, sull’infinitamente grande e l’infinitamente piccolo che la mente umana vacilla.
La sveglia, la persona amata, il conto in banca, il mal di denti.
Questi, sono forse questi i demoni che avvelenano l’anima di noi incarnazioni dell’eterno?
Questo ci riporta ad uno stato mortale e materico tale da piegarci alle pastoie del tempo e dello spazio fino a cancellare ogni singulto di divinità dalle nostre essenze….
…oppure in certi film dicono un sacco di stronzate ed è tutto qui?
Forse è una domanda antica quanto l’uomo stesso. Lo stesso dilemma che pone quasi ogni culto misterico religioso, il suo potere (quasi impensabile) di spingere le singole esistenze addirittura al sacrificio, che è quanto di più avulso al normale svolgersi di desiderio ed aspirazione si possa ipotizzare.
L’annientamento dell’ego in favore del progetto.
Forse amo Cloud Atlas perché non pontifica su questo punto e non getta una risposta alle fauci della più beota scontatezza.
Come è auspicabile i personaggi, pur essendo ignare tessere, combattono per se stessi, per immediati bisogni, nella maggior parte dei casi. E quasi per caso, in fondo, lo svolgersi della storia li sfiora, rendendo ancora più marcata la loro funzione così fondamentale all’interno della loro essenza quasi trascurabile.
E se ogni intersezione, ogni contatto, ogni confronto con altre entità fa tremare tempo e spazio, creando bolle, vesciche rigonfie di universi potenziali e potenziali svolgimenti….
…perché sento questo universo così bloccato?
Sono io che sono troppo veloce….?
E’ la mia mente, la mia mente e la mia anima che sono come mastini denutriti lanciati sulla traccia invitante di una preda grassa e troppo lenta.
Esse vorrebbero, esse bramerebbero che si spalancasse un abisso, un gorgo di destini di fronte ad ogni nuovo contatto, perché per maledizione di nascita… io ho la capacità di percepirlo questo fenomeno.
E mente ed anima, alleate, iniziano a vomitare fiumi di immagini, di possibilità intersecate, di intrecci possibilistici e parabole vertiginose di situazione.
In questo circo deviante non c’è spazio nemmeno per il sonno, quando la notte questi demoni interni mi torturano e mi lacerano con i loro universi potenziali. Occhi sbarrati sul fioco lume dei numeri digitali di una radiosveglia, maledicendo la notte e l’alba che la tallona.
E poi anch’essa si presenta, radiosa ed immota come il cadavere di un martire. Il nuovo giorno costringe il mio io a rallentare, frena, schiaccia e blocca.
Si infrangono come macchine di lusso durante un crash test i miei universi notturni all’apertura del sipario giornaliero. Esplodono e mestamente ricadono come petali appassiti sul fiume del tempo reale.
Un fiume maestoso, possente… ma lento. Lento come un’agonia.
Mi accorgo sempre di più di avere vissuto mille vite, di avere amato, ucciso, costruito e distrutto.
Cose che non saranno mai. Con persone che non sapranno mai quali meraviglie abbiamo vissuto insieme.
Quali orrori o quali piaceri hanno condiviso con me solo perché un loro sguardo accendeva un desiderio o una loro frase stimolava una possibilità.
Quanto potenziale divino sprecato….
Rimarrà tutto in un universo mai visitabile?
La dove dormono i miei draghi su immensi tesori?
Credo di si.
La mia condanna è questa creatività inutile, questa velocità mentale inapplicabile, questa armonia quasi cinematografica che ho con le immagini, la musica e le parole.
Sono una tessera che non sembra trovare posto, che non sembra VOLER trovare posto.
In mezzo al mosaico io non riesco a sentirmi a mio agio.
Devo sempre allontanarmi da esso, per vederlo, per gustarlo.
Perché non mi consola la coscienza di essere parte di una meraviglia della quale io non possa percepire la bellezza.
Non mi consola…non me ne frega proprio un cazzo della funzione…
..voglio godere la bellezza.