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Posts Tagged ‘stanchezza’


Per tutti gli Dei quanto è difficile.
Quanto è difficile fare quello che sia giusto. Difficile quando sia giusto per noi, incredibilmente difficile quando lo sia per gli altri.
Potremmo anche sbattercene altamente, e giustificarci di umanità. E' prassi assai comune, ed in fondo assolve più di un prete automatico. Ma i veri mangiacacca lo sanno, che l'autogiustificazione è una masturbazione per gli incoscenti.
Bello sarebbe, saper godere quando è il momento di farlo e pensare che il domani sia solo ipotetico. Un vizio di gioventù che guarisce con il tempo. Per chi non sia mai stato giovane solo una leggenda, tramandata oralmente da altrui voci.
In realtà, come dice Cohen, ho provato ad essere libero alla mia maniera, anche ferendo chi sia entrato nella mia tana.
Innocente come un animale, il più delle volte sono riuscito a ferire. Ma non ho mai posseduto tanta innocenza bestiale da riuscire a godere.
Il personaggio, alla fine, ha ingoiato l'essere umano. Questa armatura è una vergine di Norimberga, ed è anche di qualche taglia troppo piccola. Per quanto scinitlli all'esterno, dentro è un carnevale di sangue e carni lacere.
Non poserò mai il culo sulla sella di un drago, questo è certo. Ma la mia pelle è un arabesco di cicatrici. Forse l'unico sospetto di cavalierato ritrovabile in questo mondo. Ho rinunciato sempre per il bene dell'equilibrio, perchè dopotutto ho un pensiero Asimoviano:
per quanto sia tremenda una situazione di equilibrio, il caos che conseguirà alla sua rottura sarà persino peggiore e molto più duraturo. Quindi, alla fine, tengo le cose in equilibrio. Il più delle volte con lo scricchiolio di muscoli e nervi, e come unica ricompensa il sospetto di fare la cosa giusta.
Malati di eroismo quotidiano….
Potevo mentire e tutto sarebbe stato molto più facile. Ma non è nella mia natura, e volendo proprio essere oggettivi, è più lacerante essere sinceri. Questo crea tutto il dramma e la tensione drammatica di cui abbisogni un mostro come me per esistere.
Mentre guardavo il piatto finalmente ricolmo di tutto ciò che avrei voluto mangiare mi sono accorto che quei piccoli oggetti bianchi sparsi per il tavolo erano i miei denti.
E così mi sono limitato ad annusare, senza dare alla vita la soddisfazione di lasciare cadere una lacrima di rabbia sul piatto più ricco. Forse pregando che arrivasse un animale affammato a fare sparire tutto. Davanti ad un piatto vuoto, essere senza denti, non è poi così importante.
Lo dissi tanto tempo fa che non mi sentivo a mio agio, che non avevo le zanne od il fiuto del mastino randagio. Io sono un cane da casa, non da caccia. Un essere imbecille come un Alano, che sembra un animale da ranch, invece è una bestia da salotto.
Un soprammobile di due metri. E come un Alano devo poter uscire a pisciare, regolarmente. Non veramente da casa, non veramente da esterno….
Così ho brandito la verità come una spada, senza ricordarmi quanto fosse più affilata di quest'ultima. E alla fine sanguinavano un pò tutti, io compreso. Forse perchè è meglio sapere di sanguinare e cercare una benda, piuttosto che fingere di non essere feriti, e morire stupidamente sorpresi.
Io sono il figlio delle mie scelte. Le strade che mi sono precluse portano cancelli sbarrati con lucchetti forgiati da me. Quindi non ho volgia di lamentarmi di me stesso, questa volta. Ne della vita, ne degli altri.
Non c'è altro da fare che sorridere ironicamente e sperare di essere immune, quando sei una vipera e ti mordi la lingua. Ma nessuno è realmente immune a se stesso.
Non morirò per i miei veleni, ma mi gusterò ugualmente l'agonia. In attesa di un attimo di nuova distrazione in cui mordermi la lingua.
Ho rinunciato, e nemmeno come si deve. Perchè nemmeno a fare il martire, in fin dei conti, brillo o primeggio.
Ha ragione De Gregori, ognuno è fabbro della sua sconfitta, ognuno merita il suo destino. E tutto quello che non farò e non sarò, in parte l'ho anche scelto. Molte cose nella maggior parte, se non totalmente.
Mi sono chiuso sulla cima di una torre ed ho buttato via la chiave, per essere sicuro di star dentro. Se arriva qualcuno con le ali, allora ringraziamo gli Dei e non stiamo a volere anche un particolare colore di penna.
Mi è stato chiesto se è attraverso queste decisioni così apparentemente autodistruttive e tragicamente difficili che si diventa adulti. Io ho risposto che in fondo, io sto cercando proprio qualcuno che non voglia crescere. Che rimanga con me a giocare.
Ma credo di essere l'ultimo dei bimbi sperduti. Gli altri prima o poi decidono di crescere.
Io mi tengo stretto alla mia armatura di stagnola ed alla mia spada di legno. Imbraccio il mio scudo di coperchio di pentola e scendo in guerra contro draghi di pelouche e cartone.
E cerco di fare ciò che sia giusto più degli adulti. Perchè solo un bambino può credere a tal punto di poter essere un cavaliere.
Non pensare di esserlo. Non cercare di esserlo.
Ma esserlo e basta.
Le ferite però sono uguali per tutti, adulti e bambini.
Oh Dei…come diventa faticoso giocare, con il tempo…….

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Piove di nuovo.
Sono appoggiato allo stipite della porta, guardando il giardino flagellato dai rovesci celesti e gli alberi scompigliati dal vento.
E' umido, quasi freddo.
Dovrei essere felice, e non lo sono.
Un attimo di lucidità riporta sempre il punto di vista ad una comprensione più ampia di quella ristretta della soggettiva umana. Se fossi li fuori, sarei bagnato, infreddolito e piuttosto incazzato.
Dovrei essere felice, e non lo sono.
Ho una casa spaziosa, asciutta.
Posso scaldarmi quando è freddo, posso stare asciutto quando diluvia. Non sono lussi da poco.
Eppure….
Tutto questo tende sempre a scomparire.Tutto ciò che sia assodato tende camaleonticamente a prendere il colore impastato dello sfondo, diventando ininfluente, ridondante e scontato.
Il mio culo all'asciutto è un lusso sfrenato, per qualsiasi organismo terrestre, ed anche per molti esseri umani come me.
E non riesco a pensare ad altro, mentre osservo le fronde scosse dal vento, se non alla mia immane ed onnipresente tristezza.
Dietro il mio culo asciutto un frigorifero pieno di ogni ben di dio ronza placido, a pochi centimetri da un altro frigorifero pieno di ogni ben di dio.
Ed io sono l'essere più infelice dell'universo.
A volte, veramente, mi consumerei i piedi a forza di prendermi a calci nel culo.
Mi parevano scontate tante altre cose, divenute poi così importanti, una volta sepolte o abbandonate. Ci sono cose che mi mancano, quasi tutte abbandonate da me, alcune delle quali assolutamente irrecuperabili.
Ormai la mia vita si divide tra la noia e fatica del lavoro e la noia e basta del mio tempo libero. La vita mi risulta insopportabilmente noiosa. Ed insensata.
Sto aspettando il Mago, qui sulla porta dle giardino, davanti alla pioggia. Il Farmacista ha figliato, la Torcia Elfica ha espulso la creatura.
Il primo dei nostri amici, della nostra compagnia, a diventare padre.
Il Mago si è sposato.
Forse che sia questo ciò che dovrebbe dare un senso alla vita? Che io non riesca a desiderare tutto questo mi condanna ad lunghissimo nastro di giorni srotolati di fronte, tutti ugualmente grigi e bidimensionali?
Che le sole cose che donerebbe biologicamente un senso di pace e utilità mi siano così invise?
Io detesto i nascituri e aborro i matrimonii.
Certo, sono felice della felicità dei miei amici, ma non a livello profondamente empatico. Non è condivisone della passione. E' solo un rallegramento.
Ma in quel piccolo, piccolo, essere appena vivo io vedo la promessa di un nuovo umano sfacelo. Come se ogni volta potessi vedere me, come ero in quel momento, ed un io del futuro mi potesse urlare quanto sarebbe stato più saggio impiccarsi con il cordone ombelicale.
Allora non lo sapevo, ma per i nuovi venuti…. perchè correre il rischio?
Tutti allegri perchè arrivato qualcuno nuovo. Io già triste per lui.
Forse io sono solo questo: un essere orribilmente triste.
Un essere completamente legato all'essenza di un concetto. A Rocco è toccato il sesso, a me, la tristezza.
Che culo…
Dovrei essere felice. Almeno un pò. Come il minimo di un motore.
Perchè ho il culo asciutto, il frigo pieno e un letto comodo.
Ho una casa piena di libri computer, matite, fogli, miniature, colori, chitarre, canzonieri…. e voglia di far niente.
Niente.
Vado a cagare il cazzo agli altri, per far finta di essere vivo. O alle altre, più spesso.
Come un mendicante che cerchi un'emozione.
Ma la verità è che sono il sottoprodotto di un mondo del cazzo, che ci ha dato tutto senza darci la gioia di averlo.
Sono ancora lo stesso bambino dell'era industriale, dopo trent'anni. Mi serve un giochino nuovo o mi annoio. Oppure tutto ciò che ho mi sembra inutile e brutto.
Parlo sempre male dei ricchi e del loro mancante senso del limite, senza spostare proporzionalmente il punto di vista.
Io non sono diverso nei confronti di qualcun altro.
Non ho pace perchè non riesco ad averla, non perchè io sia così sfortunato come mi piace sempre ricordare.
Piove. Alla pioggia non frega di niente e nessuno. Cade ugualmente su tutto.
Un giorno di quasi estate che sembra autunno, un giorno come la mia vita.
Poteva essere luminoso e caldo, invece è freddo e zuppo.
Dovrei essere felice.
Ogni tanto.
Stare tranquillo.
Piovere ugualmente su ogni cosa.
Sono troppo egocentrico per spostare il punto di vista, troppo viziato per non avere sempre un nuovo desiderio, troppo stupido per godermi l'attimo.
Domani mi annoierò e faticherò. Oggi mi sono solo annoiato.
I fine settimana non si distinguono nemmeno più dal resto della settimana. Un tempo gioivo per non aver puntato la sveglia e dormire fino a tardi. Adesso mi sveglio mezz'ora dopo, rispetto a quando l'avrei puntata se avessi lavorato.
E inizio a chiedermi cosa fare, per fare venire ora di pranzo……
Alla nuova venuta auguro solo di cuore di non affrontare la vita come ho fatto io.
O subirla…. che mi pare più corretto…..

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Forse il silenzio è l'unica cosa illuminante rimasta, sia in fase di produzione che di fruizione.
Nel silenzio sono non-presenti tutte le domande e tutte le risposte possibili, mentre nel suono solo alcune sono presenti in ogni momento. Il silenzio ha una sua completezza oscura, è un "tutto al contrario".
Non dire niente nemmeno a me stesso, su queste vecchie pagine, mi è parso più saggio che dire cazzate o lanciare strali, ultimamente.
Strali che sono sempre i soliti, perchè la vita è la solita, le situazioni sono le solite…. e tutto è bloccato in una fase senza tempo, una fotografia in tre dimensioni che scivola lentamente su un piano inclinato verso l'orlo di un abisso.
Tutto il quadro si muove inesorabilmente in quella direzione.
Non c'è illusione di primavere in queste vecchie ossa stanche.
C'è un inverno antico, che si nasconderà sotto le carni e striscerà sotto la pelle, con i modi discreti di un parassita travestito da simbionte. Affronterà il sole della primavera facendo finta di essere svanito, ma sussurrando continuamente il suo requiem senza pause.
Devo scrivere perchè nella settimana in cui rompi tutto, devi scrivere.
Scrivere quantomeno che l'unica pulsione rimasta sia stata quella di imbracciare un possente martello a due mani e spaccare con tutta la forza rimasta l'impalcatura che circondava l'essere.
Pulire con un fuoco inquisitorio le caselle del calendario da tavolo, togliendo tutti gli appuntamenti fissi e anche quelli saltuari.
Anche quelli più piacevoli.
Avere voglia di andarsene, unicamente, di preme un tasto e cancellare ogni cosa.
Riavviarsi come un computer impallato.
Accorgersi da soli di quanto ci si sia impiccati con i lacci delle proprie scarpe, chiedersi perchè e come si sia riusciti in un'impresa così colossale senza accorgersene…..
Viene il momento di chiedersi cosa cazzo si stia facendo. In molteplici campi della vita.
Non che debba esserci un progetto salvifico o un'impresa eroica o la vita stessa sia sprecata, ma anche continuare a reiterare il nulla nelle medesime modalità è assolutamente diabolico. Almeno si deve cambiare perdita di tempo, ad un certo punto!
Così giunti alla massa critica, l'epurazione è partita da sola. Non con cattiveria, ma con rabbia sicuramente.
Non una rabbia verso gli altri, però. Una rabbia contro me stesso, contro la mia controreazione che mi ha portato a buttare energie ai quattro venti, nella vana speranza di fare almeno un centro tirando un intero secchio di frecce.
Una rabbia per le cose che non possono essere cambiate, perchè la struttura stessa della vita le blocca. E l'odio ancora più bruciante verso ciò che sia rinunciabile, ma rimanga li, inalterato e vampirico per i miei stessi sensi di colpa.
Perchè un tempo facevo fatica ad accettare di fare le cose, ora faccio fatica a declinare l'invito.
Nella furia terrorizzante delle occasioni perdute mi sono gettato fra le braccia di tutte le possibilità limitrofe, dove il mio cavalierato ottuso e compiaciutamente martirizzante si trovavo poi incatenato, senza poterne uscire.
Non sono stato saggio a tal punto da valutare prima, cosa stessi facendo, e ancora meno saggio nel non tirarmene fuori, quando ormai ogni fibra del mio essere fosse consapevole della rottura del rapporto.
Alcune cose non posso romperle, al momento. E mi vessano ogni giorno, per quasi tutto il giorno, che sembra sempre di più un inferno da colonia penale, che cede il passo ad un ritorno mesto alla mia bara a tre piani, dove i morti contano di più dei vivi, e se la passano notevolmente meglio.
E la paura, la squallida paura del deserto. Di trovarmi nel vuoto, dopo tanta distruzione, e di scoprire che non c'è nulla da ricostruire, nulla da vedere nascere.
La morte, intesa come fine delle cose, fa paura a tutti, porta a lacrime e disperazione. Ma io non ho mai versato una lacrima per ciò che muore, come è naturale che ogni cosa faccia.
Io verso lacrime sanguigne quando mi accorgo che nulla stia più nascendo.
La non-vita è ben peggiore della morte. Tutto morirà, anche la stracazzo di galassia, un giorno.
Questo nostro correre contro il tempo non può avere vittoria, e l'illusione somma pare che stia nel futuro. Mentre dovremmo curare, e molto bene, il presente.
Il mio presente è di nuovo arrivato ad una morte-rinascita. Uno di quei cicli della vita, fatti di eventi, cambiamenti, rotture e costruzione che interessano tutti. Il mio, da ormai tre o quattro anni, è in questo periodo.
Non so per quale motivo, ne suppongo mi verrà svelato….ma comunque arriva da solo e non gli si sfugge.
Ora vorrei di nuovo mischiare le carte.
Perchè non sono triste o depresso, ma nemmeno ottimista. Sono pronto. Che è molto, ma molto differente.
Non mi faccio illusioni per il bene o per il male, ma sono reattivo, e sopratutto sono molto protettivo nei miei confronti.
Nel senso che cercherò di tagliare le gambe a qualunque situazione che si riveli una sacrosanta rottura di coglioni.
Perchè vivo immerso in rotture di coglioni tutto il santo giorno. Dal lavoro ai problemucci spiccioli della vita, come una gomma che si buca o un tubo che perde.
Vorrei che almeno il mio poco e sacrosanto tempo libero fosse affollato di cose piacevoli, o piuttosto di UN GRAN BEL CAZZO DI NIENTE.
Tanto c'è sempre qualche videogioco a salvarmi, male che vada. Che a videogiocare non mi sono mai sentito di sprecare tempo e non me ne fotte niente della realtà, se il videogioco si rivale più stimolante (non che ci voglia molto..).
Io sono fortemente convinto di essere stimolante, a quanto pare. Lo dice la legge di mercato che vede torme di persone intente a rompermi i coglioni per godere della mia compagnia.
Ma ben poche di esse si sono mai preoccupate di essere stimolanti per me. Come se io fossi un servizio celeste, uno spettacolino vivente per diluire la noia dell'esistenza.
Ma su una cosa ora devo riflettere: sul mio valore.
Perchè svendermi o regalarmi è una mia abitudine, che ho impressa nel DNA, che scorre nelle vene della mia famiglia da sempre. E che io, per indole, ho sempre coltivato.
Ma è ora di chiedersi perchè tutti mi esaltino più di quanto faccia io, tutti mi stimino più di quanto faccia io, tutti mi credano più di quanto faccia io.
In parte, mi stanno convincendo.
E se c'è un qualche dono raro in questo spirito…. beh allora come tutte le cose rare avrà un valore alto, ed un prezzo conseguente.
Ed è ora di finirla con chi lo voglia gratis, con chi l'abbia da così tanto tempo da crederlo ormai dovuto ed assicurato.
Pretendo fatica nei miei confronti, pretendo sforzo e lavoro, perchè il mio essere è tale proprio perchè è continuamente sotto sforzo.
Uno sforzo volta a capire, ad elaborare, a relazionare, e a rendere tutto questo fruibile e divertente per tutti.
Uno sforzo che tiene spesso le cose insieme e che le vede crollare appena cessi un attimo.
Pretendo qualcosa.
Perchè io non smetto mai di pretendere da me stesso, perchè trovo che sia l'unico modo di porsi con coscienza pulita e presenza stimolante.
Chi mi da per scontato mi perderà. E come molti già hanno fatto, scoprirà che la vita senza di me può essere perfino più insopportabile (n.d. Lestat).
Sono sfinito dall'essere trattato come un panchinaro, come un oggetto da dispensa utile ma solo alla bisogna, come una seconda ipotesi, come la parte mancante del proprio partner, come il pagliaccio canterino o il baby-sitter degli imbecilli, come il comico senza lacrime, come l'idiota buffo e divertente.
Mi adoperano come una chiave inglese già per tutto il giorno.
 Alla sera, chi vuole il chierico….. CHE PREGHI!

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mente

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Ci sono serate in cui l'unica cosa che paia rimanere alla fine di ogni conto, sia un nodo a metà dell'esofago.
Come l'uovo sodo che non va ne su ne giù del celeberrimo film.
Non ci si sente con il caro Frodo. Completamente distrutti, mutilati e prosciugati ma con la precisa coscienza di aver fatto tutto ciò che si fosse potuto e che ormai, in un modo o nell'altro, il male sia stato sconfitto.
Ci si sente orrbilimente umani, terribilmente reali.
Niente narrative da spettacolo cartaceo o celluloideo, niente finali lieti, niente buoni da una parte e cattivi dall'altra.
E' tutto così confuso e così aberrante che persino di se stessi, non si può avere una precisa idea di schieramento. Forse anche io stesso sono in fondo tra i cattivi.
Non si può mai essere abbastanza saggi, intelligenti o fortunati per essere preparati a tutto. A volte non esiste nemmeno una soluzione costosa ma coraggiosa da intraprendere.
Sembra di bere un bel boccale di catrame proprio ogni volta che si abbia più bisogno di una sorso di acqua fresca.
I malintesi e la malignità si scambiano di ruolo, gli uni per lenire o aggravare gli altri. Forse sarebbe meglio tacere, il più delle volte. E anche io, in questo sono un pessimo partito.
Pensando male di me in primis, mi sento sempre assolto al pensare male di ogni signola cosa sulla terra, e dirlo.
Più di ogni altra cosa, in questo momento (ma già da qualche tempo, in effetti) tutto ciò che vorrei dalla vita sarebbe avere per un attimo la mente libera.
Non dover più trovarmi nel letto con un telecomando nel culo e gli occhiali ancora in faccia nel cuore della notte, perchè il mio cervello si è spento all'improvviso, mandandomi cordialmente a fare in culo.
Vorrei non avere più incubi, sia di sonno che di veglia.
Ancora una volta il mio letto sembra il calderone al centro di un sabba demoniaco, dove demoni di ogni sorta si divertano a tormentarmi e deridermi quando mi trovo solo.
La maledizione di essere uomo, e quindi fallibile, circondato da altri uomini fallibili, non mi toglierà mai del tutto quella specie di chiodo che ho infisso al centro della mente e che fa saltare tutto il sistema di
elaborazione dati cerebrale.
Il libero arbitrio è il padre di una realtà talmente erratica ed incodificabile da non lasciare intravedere alcun orizzonte di serenità. Guido un piccola barca a remi in una tempestosa sinfonia di naufragi, e mi chiedo in fondo, che cosa
mi dia la pena di continuare.
Forse era la solitudine, il mio spazio purificante. Uno spazio che continuo a tradire, perchè cellularmente ricevo comandi diametralmente opposti. Forse non ho scelto la mia barca, ma ho scelto le acque, ed ora non c'è modo di lamentarsi.
Sono solo così orribilmente stanco da non aver più la forza di combattere, ora.
Ho fatto tutto quello che era in mio potere, o almeno che ritenessi giusto.
Ovviamente ho sbagliato anche io, qualunque fosse la mia parte e nella mia misura.
Se volete fatemi anche a pezzi, ma non fatemi fare dell'altra fatica.
La fatica è un lusso che non posso più permettermi.
Se mi vuoi morto uccidimi, ma piantala di torturarmi!
Chiunque stia facendo il male ne è conscio, e rivelerà la sua natura, prima o poi. Chi avrà lottato per il bene probabilmente verrà abbattuto, la sua unica soddisfazione non sarà nella vittoria, ma nell'aver perseguito l'ideale più alto.
I cavalieri muoiono così. I veri cavalieri sono talmente poveri che tocca loro piangersi da soli, una volta morti.
Chi non sia cavaliere ringrazi sempre il cielo di tanta fortuna, che è una vita di merda, come non ce ne sono altre. Persino i topi nelle fogne sono più sereni.
La mia mente è carica, è oppressa, è compressa è lucidamente ottenebrata dalla vita, è troppo parte in causa per arrivare alla verità, ed è troppo distaccata per godersi gli attimi piacevoli.
Ancora una volta non ho altro da dire: sono stanco.
Morirò schiumando tra le labbra queste due parole.
Ormai non mi interessano più Paradisi o Inferni.
In notti come questa mi accontenterei solo di addormentarmi per un unica e definitiva volta.
Gli incubi peggiori, lo ripeto, iniziano sempre quando riapro gli occhi.

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Tolgono il palestinese appeso per i palmi dalle aule.
Tragedia! Grida il popolo italiano, da sempre esperto nel pulirsi il culo con le proprie tradizioni ma sempre pronto a difenderle a morte da gli agenti esterni
Insomma, il palestinese, li, ce lo aveva messo il nonno del nonno del nonno del nonno del parrocco del nonno, del nonno del nonno, del nonno di mio nonno.
Contate anche le rispettive nonne e perpetue, si incazza un sacco di gente.
Io sono cresciuto con il crocifisso in aula. Il mio maestro mi faceva dire la preghiera prima di iniziare lezione ogni giorno. Si faceva il presepio in classe.
Al Sabato, per non saper leggere ne scrivere.. catechismo e messa. Così poi la replica della Domenica a gli scout me la potevo godere con tutto un altro spirito.
Che vi fosse una velleità di controllo e potere in tutto questo?
Mah….
Sono cresciuto in una cultura religiosa atta a convincermi che più avrei sofferto, più avrei patito, più mi sarei martirizzato, più sarei stato meritevole e amato da Dio.
Il palestinese appeso al muro non è un simbolo scelto a caso.
Il martirio volontario è la pietra fondante della chiesa cattolica. Cristo si è immolato per noi. Quindi siamo in debito. Subito, appena nati.
Mettiamoci anche dentro Adamo ed Eva,(presi in prestito da gli ebrei che odiamo, cerchiamo di sterminare e contenere ma di cui conserviamo il libro sacro) che hanno fatto una bella cagata al principio dei tempi e toccherà pagarla a noi; ed ecco che siamo sulla terra per espiare colpe non nostre.
Così belli carichi di senso di colpa indotto, stiamo un pò più buonini. Con l’obbiettivo poi di farci sottomettere, soverchiare, calpestare e dirigere come ovini da macello, perchè: è quella la via della salvezza!
Orbene. Tutto a posto. Il Grande Inquisitore ha inserito la propria propaganda nella cultura del paese così capillarmente, così profondamente, da non poter più essere scissa dalla cultura etnica.
Un pò come si nasce italiani perchè si ha il culo sulla penisola, allo stesso modo si nasce cattolici, perchè la penisola è crocefissa.
Ma…ma….
Sono arrivati i barbari. Ma nemmeno i vecchi barbari pagani di una volta, religiosamente tranquilli e bellamente disorganizzati.
No. Questi sono stronzi come noi….stronzamente corporativi.
Stronzi nella misura in cui si possa credere che un movimento organizzato di controllo e potere sia veramente una via salvifica a livello animico e spirituale.
Così iniziano i contrasti per la simbologia religiosa nei luoghi pubblici:
Palestinese si, palestinese no, io ci voglio Ganesha con la proboscide, io ci voglio Paperino e Qui, Quo, Qua, io ci voglio il calendario di Playboy (condivisibilissimo!).
Facciamo per un attimo finta che un luogo pubblico, come una scuola, non sia il vostro salotto del cazzo.
Facciamo finta che la religione sia un fatto assolutamente personale, che sia una libertà individuale e che non ci si debba pestare le palle l’un l’altro.
Facciamo finta che la religione non debba avere alcun peso civile.
Facciamo finta di avere un pò di buon senso?
In realtà non è questione di religione. E’ questione di tradizione e presa di posizione. Li c’era il palestinese, li deve stare (se no i nonni si inacazzano…).
Eh ma i tempi cambiano. I non cattolici, ormai, sono quasi più di noi, sopratutto in età scolare.
Li abbiamo fatti entrare noi. Li abbiamo accolti noi.
Perchè noi (VOI) cattolici siamo BBBBBBBuoni. Con cinquata B maiuscole.
Poi abbiamo anche i catto-comunisti, noi (VOI), rampolli del pensiero divino:
accoglienti, fratelli universali, distributori di diritti umani…che bel che bel!
Sempre a chiacchiere ovviamente.
Perchè poi stacchi il palestinese dal muro, e quelli si incazzano. E come si incazzano!
Cioè diritti ed accoglienza si, ma nell’ottica di essere crocefissi…mica siam qui a regalar la roba!
Viene il dubbio che in realtà Dio non c’entri n cazzo. Che le religioni organizzate non siano un mezzo per avvicinarsi a Dio, ma siano loro stesse il Dio.
Sorge il pensiero che l’umano debba avere qualcosa a cui aggrapparsi. Una certezza (per quanto fittizia) che darà equilibrio alla sua psiche, ma solo se potrà rompere i coglioni a chi non la pensi come lui.
Avete bisogno di essere in tanti, di essere visibili, di vincere contro qualcun altro per sentire vero ciò che dovrebbe esserlo comunque. Fatto che si riflette in ogni comportamento sociale: Io, per aver ragione, devo trovare qualcuno che abbia torto!
Togliere i crocefissi, forse, è un modo per dire che nessuno ha ragione, nessuno ha torto. Che ognuno la pensi come gli pare, A CASA SUA.
La scuola non è luogo di culto e non è casa di nessuno. Non lo era nemmeno prima, cari cattolici.
E togliete quella cazzo di ora di religione, e mettete un’ora di congiuntivo!
Era una tradizione? Beh i tempi cambiano.
Per il crocefisso tutti schierati, ma al congiuntivo ci devo pensare da solo???
Quello era una regola…neanche una tradizione…

Inoltre…. se foste veramente cristiani dovreste porgere l’altra guancia. Dovreste dire: "toglietelo anche dalle chiese, ma questo non diminuirà la nostra fede."
Ma incazzarsi è più divertente, ammettiamolo.

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Siedo sul divano.
La mia mente è un incessante meccanismo sferragliante che non si concede mai riposo.
Eppure sento solo bisogno di quello.
Riposo.
Gli Watchman dal televisore mi rigurgitano addosso una saga di eroi caduti, di angeli cinici, di feccia intenta nel proteggere la merda. Eppure hanno potere. Alcuni di loro almeno.
Altri lo possedevano, come me.
No,sul divano nessun potere, non più.  La corsa è finita, il ciclo è concluso.
Dopo tanto sudore e fiato corto, qualcosa si è fermato, se n’è andato con l’estate, e anche il suo ricordo comincia lentamente a svaporare.
Niente più corse, niente più fame, niente più da dimostrare a me stesso.
Squassato dai brividi mi accorgo che i termometri elettronici hanno un difetto di fondo, che i buoni vecchi vetri al mercurio non possedevano. La pila.
La pila si scarica, prima o poi.
Non saprò se io abbia la febbre o meno, il bastardo resta spento.
Il bastardo che misura la temperatura è finito, come il bastardo che desidera provarsela.
Due bastardi su di un divano da tre… c’è ancora posto.
Avrei avuto cose da fare, le avrei avute.
Ma le sto ignorando. Inespressivo ed immobile come un dipinto fremo sul divano. Non so se sia il tempo.
Non so se sia ciò che ho fatto, se siano le regioni per cui l’ho fatto, ma in qualche maniera la mia anima ne è rimasta lacera. Più che se avessi ucciso un uomo.
Sono diventato un mostro stupido e ignorante, preda dei proprii appetiti. Uno di quei  mostri che ho sempre deriso.
Sarei diventato demone, se avessi potuto. Ma vestire la pelle gommosa e maleodorante di un ottuso troll è il colmo.
Che genere d’uomo posso mai essere?
Ascolto le voci pressanti di chi mi chiede preoccupato se io stia bene, se non stia impazzendo.
Un pazzo, che scrive sulla rete le bestialità teatrali con cui si droga, per non pensare alla vita.
Perché ogni singola droga serve per dimenticarsi della vita.
E visto il successo che hanno, il giudizio sulla vita non lo sto dando io.
Lo da il mondo intero.
L’unica differenza è che io non mento, anzi, dipingo.
Dipingo le frasi perché, a volte, il dipinto di un orrore è molto più incisivo di una foto dello stesso.
Quando si debba pensare a ciò che si veda, ricostruirlo all’interno, il messaggio penetra ogni barriera. C’è chi ha talento nel dipingere soli e campi di grano. C’è chi imbratta le tele solo di interiora ed ossa.
Sono un uomo preoccupante. Ma non da poco.
Da tanto, forse da sempre.
Avrei cose da fare, ma non voglio farle.
Perché fatalmente non mi importa più di nulla.
Da ormai quasi mille giorni terrestri non mi sono dato pace. Ogni attimo di solitudine, ogni momento di pausa, ogni panorama senza occasione mi sono sembrati sconfitte. Tempo perso.
Uccidi il tempo, pazzo?
Ma se è l’unica cosa che hai….
Non mi importa nemmeno di lui. E’ una stanchezza infinita, un dolore per ogni attimo di veglia.
Una richiesta d’oblio, per una volta unanime, di anima e corpo.
Hai sbagliato tutto, sapendo che niente può essere sbagliato. E questo è un pensiero ancora peggiore, perché almeno stare dalla parte del torto definirebbe una posizione.
Questo…. questo è altro.
E’ un turbine di sensi di colpa, di cose inadempiute e brandelli di cose fatte, di cose morte. E’stare sul divano, avere freddo, tanto freddo, sapendo che non è così bassa la temperatura. Mi chiedo se il meglio non sia già venuto, se abbia bevuto il calice dolce fino in fondo. Tanto dolce non è mai stato, ma quello amaro è veramente indicibile.
No, ho avuto altre pause, anche durante le corse. Le conosco.
Questa è altro. Questa non è una pausa.
E’ il segnale che il combustibile è finito, lo spirito chiama dalla sala macchine e manda cordialmente tutti a fare in culo. Il corpo si ferma, che lo voglia o meno.
Hammer, o come diavolo si chiama, è d’accordo con la mia teoria (o io con la sua, ma.. chissene..).
Il grande morbo che miete vittime e non si ferma parte all’interno di noi, da qualcosa che scava, come un tarlo rodente. Secondo i miei calcoli dovrei averne già tanti.
Poveri Watchman. I supereroi banditi dal mondo, nascosti, perseguiti da loro stessi, dall’ombra di un passato glorioso.
Io, credo che molti pensino cose del genere. Molti le scrivano meglio di me. Ma almeno a me devo scriverle io.
Per ricordarmi che una corsa non sempre porta più lontano, o in posto migliore. L’unica certezza di una corsa è il fiatone.
Striscerò nel letto, a chiedermi di nuovo quanti demoni travestiti da umani io abbia incontrato, e quanti ne abbia impersonati.
A volte le lame calano contemporaneamente, mentre affetti qualcuno altri ti affettano.
Non ho tempo per avere la febbre.
Non ho tempo per la depressione.
Non ho tempo per gettare la spugna e rimuginare.
Fanculo.
Me lo prendo.
Uccidetemi, abbandonatemi, torturatemi. Non mi alzo più da questo divano!
Anche mentre passeggio al vostro fianco, in realtà, io sono la…..

Mentre metto l’ultimo punto entra mia sorella.
Dice che alcune belle ragazze con cui è uscita mi aspettano di sotto, per salutarmi.
Le dico di salutarmele. Rimango con piagiama e Word.
E’ una scelta di campo. Anche non combattere è una scelta di campo.

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L’angoscia proviene da molte fonti.
Alcuni sono fattori esterni che fanno incazzare e basta, come due marocchini di merda che ti tagliano tre gomme su quattro della macchina e ti inculano l’autoradio, senza che tu nemmeno li conosca…
Altri sono fattori esterni non evitabili, forse necessari, ma comunque scomodi, come la caldaia che muore di colpo ribaltando l’iter dei lavori per il quale ti stavi preparando e cotringendoti a sventrare mezza casa.
O la scheda sonora del computer che emette solo rantoli di demoni e scoregge prima impallare il sistema.
Alcuni sono fattori vecchi e conosciuti, tanto da essere noiosi e zuppi della saliva di mille rimasticature, come i soldi che non bastano mai  e che non crescono di una zampa di mosca.
Molti, forse la maggior parte, sono fattori endogeni.
Sono una palla caotica e berciante senza una precisa forma di sensi di colpa, inadeguatezze e paure.
Sentirsi addosso, come un chiodo da crocifisso, la responsabilità di chi ti ami o cerchi.
I sensi di colpa ormai sono un brodo unico, un passato di tutte le carni e verdure immaginabili in cui un cucchiaio starebbe piantato come una spada.
Ne ho per me ed i miei progetti.
La ciambella di grasso ha reclamato la sua vendetta, e tempo e soldi per la forma neanche a pensarci.
I miei impegni canori si stanno azzuffando tra di loro. Qualcuno è in sospeso, qualcuno cerca di inghiottirmi con mille attività che un tempo mi avrebbero lusingato, ed ora mi sono solo scomode, e altri invece non so più che posizione ricoprano ed è doloroso dover fare questo tipo di conti.
Persino l’amore mi preoccupa, e forse è il peso più schiacciante. Perchè io non mi consiglierei mai, e penso ancora di aver ben poco da offrire, anzi, in questo particolare momento suggerirei la strategia "fuggire urlando" a qualunque compagna.
E mi divora il controsenso che mi spinge ad offrirmi ogni volta, quando in realtà vorrei tutelare il popolo femminile con mia lontananza.
Non si è ancora capito bene con quale specifico motivo, ma c’è gente che si innamora di me veramente. Fatto che, sopratutto nel mio stato attuale, trovo inconcepibile.
Sono sepolto nella merda dai problemi all’età in cui un buon uomo dovrebbe invece cominciare a sistemarsi, magari mettere in piedi un’attività o pensare alla famiglia. Sono sparso, instabile e confuso come una matricola universitaria, pur trovandomi nel mezzo del cammin di nostra vita…..
Non è che mi crucci dei discutibili gusti amorosi altrui, mi cruccio più che altro del futuro che attende i soggetti, una volta che abbia incrociato il mio, che io stesso eviterei il più delle volte….
Fa piacere sentirsi amati, tutti lo vogliamo.
Il senso di responsabilità che ne consegue, invece, è molto poco desiderabile.
Come il senso di odio e rabbia che percepisco ad onde dalle persone deluse da me nelle loro aspettative.
Forse aspettative anche da me fomentate in certi periodi ma, mi pare, senza false promesse.
E il diritto, sempre da prendere (mai è concesso), di cambiare idea, di svoltare improvvisamente su altri sentieri, di mollare qualcosa ed intraprendere altro.
Scienza spontanea per alcuni (il Bardo su tutti) e così ostica per me così tendente al radicamento.
Così al tormento di ciò che la mano non riesca a raggiungere si somma quello di ciò che la mano lasci o sbricioli. Immaturità forse, o solo un indole orribilmente sbagliata che ogni volta si chiede cosa fare con ciò che abbia per le mani.
Si potrebbe fottersene. Con il rischio però di sviluppare un’inclinazione all’insensibilità che porterebbe la vita ad un livello di insipidità veramente affossante…..
E poi non è nella mia indole fottermene. E questo è un problema. Forse il problema alla base di ogni altro problema.
Che mi rende nervoso, rabbioso, ombroso, scostante, quando non sarei così se le cose non fossero così dannatamente ostili od estenuantemente faticose.
Ma c’è anche un raggio di luce in questo calvario estivo e rovente.
Ed è sempre lo stesso raggio di luce.
Sono le persone che mi circondano e mi amano, mi aiutano e mi sostengono.
Si, in questi momenti è molto più evidente ciò che esse diano più delle pastoie che essi rappresentino per il ruolo ricoperto.
Sono amici da sempre, familiari e annessi, sono fiori di montagna e canterini casinisti.
Sono loro che stemperano questa angoscia, che in qualche modo danno la sensazione di essere li, pronti con un piccolo ombrellino nonostante lo tzunami di merda in avvicinamento.
Sono, io credo, un essere colpito perennemente da una sfiga orribile. Una sfiga che toglie la voglia di respirare.
E nel contempo un essere così fortunato da essere così tanto amato e sostenuto dalle persone che (anche saggiamente ) abbia scelto come compagni di strada.
Una dualità che lascia perplessi.
Che non cancella del tutto l’angoscia, ma almeno trasforma la sua annunciata vittoria in un più moderato pareggio.

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Lo scorso anno avevo altri impegni, per cui avevo saltato la cena aziendale.
Quest’anno ho evitato di seguire il mio istinto e alla fine mi ci sono ritrovato in mezzo (l’istinto se la ghigna di gusto, ed ha anche un pò ragione..).
Non ero di cattivo umore durante la giornata.
Anzi, lo sciopero mi aveva messo anche abbastanza tranquillo, considerando l’agitazione di un concerto corale imminente e le canne nasali completamente otturate dal muco.
Il problema però è che qualcosa dentro di me sta rotolando.
Sta cercando di riallinearsi, come se fosse andato fuori tempo e stesse accelerando per recuperare.
Sembra che corra verso la fine dell’anno.
Sembra che, in qualche modo, sappia di dovere  arrivare ad un certo livello in un preciso momento.
Non so cosa sia questo elemento che si affretta, quale sia l’appuntamento (ne se tale appuntamento esista), ma sto mutando velocemente.
Il bioritmo sta calando.
Non ho più ansia di fare le cose.
Certo, ne faccio già così tante che dovrei aver soddisfatto le mie pulsioni, ma credo che a livello più radicale…siano le pulsioni ad essere cambiate.
Insomma, mentre stavo li a tavola, nel locale con musica dal vivo, di f
ronte ai seni spianati delle colleghe tirate al burro…il mio unico pensiero erano le sfumature sui palmi delle mani del mio Brutale Troll Picchiatore.
Sfumature difficilissime con cromie composte, roba da concorso.
Di essere li, nel bagno sociale in struscio truccato non mi fregava nulla.
Nulla.
Non mi sentivo come al solito l’ometto in disparte, il buffone della situazione, non mi sentivo offeso, arrabbiato, fuori luogo, scontento, tradito da mie aspettative disilluse……semplicemente era come se non fossi stato li.
Ero lontano.
Ero in posti che ben conoscevo, un tempo.
Ero in posti che non esistono, sottopiani eterei del mio spirito accordato, intramondi immaginifici di colore e forma, ero in tensioni musicali e rimbalzi retorici, ero in immagine e sentimento.
Ero in quel posto dove un tempo stavo quasi sempre e che mai sono riuscito a spiegare agli altri umani (non che potessero capirlo, probabilente ognuno ha il proprio e deve rimanere impenetrabile al resto del mondo).
Un posto totalmente inutile a livello pratico, che non finalizza nulla.
Ma anche un luogo di riposo e ristoro dello spirito, di equilibrio dell’anima.
Intorno a me, sul piano reale, rivedevo scorrere la scena del capodanno fantozziano nello scantinato della megaditta.
Mi chiedevo a cosa servisse, in definitiva, trovarsi a cena con gente che si sia costretti a vedere quasi ogni giorno, di cui si abbia solo una conoscenza superficiale ed etichettata, gente che si sia giudicata già da una frase o un comportamento, ma di cui in definitiva non si sappia nulla….
A cosa serviva gettare sul fuoco del delirio sociale umano altra benzina?
Perchè siamo vestiti bene, truccati, pettinati e sorridenti….. tra di noi?
Tra di noi che ci vediamo ogni mattina sfatti, stanchi, incazzati ed annoiati alla macchina del caffè ogni giorno.
Perchè?
Cosa c’è di diverso in questa serata, cosa volgiamo estrarre dal cappello per stupire i nostri conoscenti-superficiali-giornalieri?
Una serata in cui potere sperare in un guizzo, un colpo di reni per dimostrare di non essere solo la forza che ogni giorno guida una chiave inglese, ma di essere anche anima e sangue, ed entità senziente?
Sorry, io dimostro ogni giorno di essere entità senziente, magari faccio anche schifo, ma non posso evitare. Non posso evitare di essere uguale a me stesso.
Quel balletto interpersonale però era stomachevole. Perchè non posso chiudere le paratie percettive.
Non posso nemmeno chiudere gli occhi, ormai, che le dinamiche umane (fossero anche solo un signolo sguardo) mi trivellano il cervello consegnando messaggi non richiesti nella buchetta delle consapevolezze.
Vedevo, sapevo, capivo.
Sapevo chi piaceva a chi, chi odiava chi, chi era indifferente a chi, chi voleva dimostrare, chi voleva scappare.
Sapevo tutti i "vorrei ma non posso", tutti i "posso ma non voglio", tutti i "speriamo che..".
Io, ad onor del vero, non ne avevo alcuno. Ero semplicemente sommerso dai delirii altrui.
Facevo battute caustiche, premevo sull’accelleratore per vedere fino a che punto il circo distorto si sarebbe potuto spingere. Ma in realtà trovavo tutto estremamente noioso e trito.
Mi sembrava di infilarmi in bocca un pasto già masticato.
In realtà, li, non c’era nulla di interessante.
Ormai non trovo interessante nulla che non abbia in se un elemento di sfida o un’apertura verso una nuova prospettiva.
Il Bardo diceva che colorare miniature  è un passatempo, perchè in fondo non è che succeda sempre qualcosa nella vita e bisogna pur tenersi occupati. Lo vedeva come un riempitivo.
Sul momento ero d’accordo.
Ma stasera alcune percezioni hanno spostato la scala di valori.
Essere a quella cena era un riempitivo. Stavo facendo passare il tempo.
La miniatura rimane comunque, nel suo piccolo, un elemento di sfida personale. Certo, non mi cambia la vita, non mi apre prospettive nuove, ma è comunque una gara con me stesso, se voglio ottenere ciò che ho in mente (stesso discorso per il canto, la chitarra, il disegno…qualsiasi attività creativa).
Devo spremere le mie capacità. Questo richiede impegno e concentrazione.
Impegno e concentrazione fagocitano il tempo (senza nemmeno masticarlo).
Ma a quel tavolo, a quella cena, il tempo ero bello grasso.
Non mi andava e non potevo nemmeno ballare (uscire sudato dal locale con questo cazzo di raffreddore significava consegnarmi nelle mani orribili dell’afonia), non mi andava di fare il coglione, e sinceramente non avevo nemmeno troppa fame.
Anche le colleghe addobbate mi facevano lo stesso effetto di una carta da parati.
Ero una lama di pura crudeltà. Non dicevo cattiverie, dicevo quello che tutti pensavano, che avevano sulla punta della lingua ma tacevano.
Qualcuno era anche un pò scandalizzato.
Chi se ne fotte. So che a te piaccio, so che a te non piaccio, so anche quello che non vi confessate da soli, …. per favore…..
smettiamola di prenderci per il culo, le scuole medie sono finite!
Ho notato qualcuno in disparte, qualcuno di cui conoscevo la sofferenza.
Mi sono dedicato a quella persona, forse solo per pochi minuti, ma è l’unica azione da me intrapresa durante la serata che contenesse un scelta di spirito anzichè uno strascicare di anima.
Gli altri vanno a ballare.
Io vado a casa.
Devo farmi passare il raffreddore. Devo scrivere cazzate sul blog.
Devo pensare alle sfumature sui palmi delle mani del mio Troll…..
Devo ripassare mentalmente il Magnificat.
Devo sognare un tramonto alpino attraversato da draghi.
Dovrei essere triste di stare rotolando verso ciò che ero.
In realtà, forse, non sempre si progredisce, nella vita.
Crediamo di avanzare, ma siamo solo persi in lunghissime deviazioni.
Forse hanno ragione i test di Facebook, il Bardo e tanti altri.
Io sono una buona persona, onesta, sincera, divertente e disponibile.
E lo prenderò sempre in culo.
Buona notte.

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Eravamo li fuori dal pub, fumando e parlando concitatamente della crisi economica.
La stavamo sviscerando con tutti i suoi perchè, i suoi modi, ognuno portando esperienze ed idee personali, con un grande show pubblico di cabaret come viene naturale a noi quando la birra sia entrata in circolo.
Stavo spiegando la mia teoria secondo la quale  gli umani di sesso maschile farebbero tutto in funzione del loro pene e che indirittamente l’indebitamento collettivo fosse coadiuvato dall’annoso problema dell’accoppiamento, sostenuto dalle bramosie socio-culturali della controparte femminile (e qui, Eva, non è più tanto metafora…).
Il maschio deve ostentare così da poter attrarre, una volta conquistata la preda l’appendice trova la bumba e smette di fracassare i maroni.
Per ostentare occorrono soldi, e da qui l’indebitamento.
I bighelloni modaioli del locale, anch’essi spippaglianti alla guazza, ci guardavano divertiti.
Uno di essi, pian piano, si avvicinia, finchè non chiede apertamente di potere ascoltare.
Rimango stupito.
La fisicità del soggetto e la divisa dell’esercito Truzzo sembravano regolamentari per l’omologazione imperante. Lo sguardo stesso non sembrava parlarmi d’altro che di acidi e playstation.
Mah….che io sia così rigido da avere sempre pregiudizi sull’apparenza?
Sono sempre uno stronzo!
Diamo una possibilità al giovine, avanti, pare così interessato….
Il discorso continua, attraverso l’analisi del mondo bancario, il sistema delle finanziarie, le oscillazioni del mercato, il tasso dei mutui, ecc……. finchè lo sconosciuto non chiede la parola.
Noi, democratici, glie la concediamo.
Per un attimo fremo, speranzoso in un punto di vista diverso ed illuminante.
"Ragazzi……. bisogna pensare di più alla FIGA!".
Ecco.
Certo….poi qualcuno aveva riso della mia teoria (ma ancora credete che le mie siano battute?).
Ed eccola li, davanti a noi, in carne ed ormoni, la dimostrazione della mia teoria….
Se avessi avuto un fucile a canne mozze non sarebbe rimasto nulla del suo ridicolo berretto, tranne una purrea rossastra assolutamente non lavabile.
Basta!
Io della FIGA ne ho il vomito.

Non di quella che sta tra le gambe delle signore, perchè quella, ahimè, mi garba assai.
Non ce la faccio più a sopportare, mi viene il vomito a pensarci, alla FIGA che sta nella testa degli uomini!
NON E’ la stessa figa!
La figa vera e propria è un buchetto difficile da raggiungere, autoumettante, titillabile, dal sapore un pò forte e contornata da peli, roba semplice ed innocua…se non la si divinizzasse sembrerebbe quasi un organo……
La figa nella testa degli uomini….Dio, non la posso descrivere….
E’ come cercare di descrivere il nulla o l’infinito. E’ come visualizzare l’eterno.
Non è nemmeno DIO, se lo inghiotte DIO!
Cicci…anche io mi disfo di pungette, e se gareggiassimo ne vedrei cadere molti con il crampo al braccio e la bava alla bocca prima di me.
I miei 500 gigabyte di porno inneggiano festanti al mio amore per la passerina.
Ma per la puttana…NON ESISTE SOLO QUELLA! CAZZO!
Non sto tutto il giorno a pensarci. E non sicuramente in quei termini.
Non è nemmeno identificabile con un essere vivente, con una  persona poi figuriamoci….
E’ il concetto del buco, ma il buco nero, quello da cui nemmeno la luce sfugge!
BASTA!
Tutto il giorno al lavoro: FIGAFIGAFIGAFIGAFIGAFIGAFIGAFIGAFIGA…
In palestra: FIGAFIGAFIGAFIGAFIGAFIGAFIGACAZZO(eh si..in palestra si…)FIGAFIGAFIGA..
Al coro:FIGAFIGAFIGAFIGAFIGAFIGAFIGA….
Con gli amici:FIGAFIGAFIGAFIGAFIGAFIGAFIGAFIGAFIGA…..
Quando torno a casa…ed il mio nuovo porno finalmente ha finito il download…..appena vedo due frame sbocco……
Ho litigato fino alla morte (sua) con padre su questo punto.
Non posso permettermi come anima immortale o come cerebro illuminato di pensare SOLO ED ESCLUSIVAMENTE alla FIGA.
C’è muscia, arte, natura, poesia, sfida, creazione, pensiero, filosofia, divertimento….
Cazzo ce n’è di roba al mondo!
Nessuno nega che senza FIGA manchi qualcosa di importantissimo (la minchia, se non lo so io!) ma non è che si possa fissare per tutta la vita il vuoto sillabando quattro lettere ed elemosinando un ciuffo di pelo.
E vorrei svelare un mistero ai maschietti.
Più la elemosinate, più fate lievitare il prezzo, branco di ciucci!
Siete proprio voi testicolopensanti che avete consengato alle bucodetentrici questo potere assoluto con cui ci burattinano. E vi burattinano carissimi, anche se vi sentite grandi conquistatori, sono sempre loro a scegliervi (male, ma son loro).
E non solo. Mentre voi pensate alla FIGA ce lo stanno sbattendo nel culo senza vaselina da mattino a sera e senza ringraziare.
Certo alla FIGA ci si deve pensare, ma ce l’abbiamo tutti un buco sul retro, magari teniamolo d’occhio….
Non abbiamo più diritti, vivamo in un paese che sembra un porcile anarchico in fiamme, l’economia è andata a puttane, se va bene ci scappa anche qualche bombetta….ma certo, PENSIAMO SOLO ALLA FIGA!
Se vi piace scopare a tutti i costi, e dopo si può anche morire, reincarnatevi in mantidi….
Non rompete i coglioni in una razza con diritto di voto!
Adesso capisco perchè non vogliono riaprire i bordelli!
Se tutti si svuotassero regolarmente e impunitamente le palle magari potrebbero anche finire con il tornare ad accorgersi del mondo circostante. Vuoi vedere che qualcuno si incazzerebbe ad un certo punto?
Si vive tranquilli anche senza scopare (se no già mi porterebbero i fiori il 2 di Novembre..) , ma vivere senza pensare porta qualche leggera controindicazione. Tipo farsi sfondare da dietro. E già pensando il rischio è altissimo!
Poi le donne si lamentano che trovano uomini mononeuronali.
Ne convengo, sono la maggior parte.
Allora perchè vi piacciono?
Allora perchè non vi sentite offese da tale imbecillità anzichè succhiare loro il cazzo?
Allora perchè quando ce n’è uno con il cervello acceso tanto vale frantumarlo o ignorarlo?
Ritiro quindi molte cose che ho detto in passato sulla razza umana.
E’ una razza perfetta, studiata nei minimi dettagli per funzionare, con mezzo neurone a testa è ovvio che vi sia attrazione.
Io ovviamente sarò ermafrodito, in quanto un neurone ce l’ho tutto intero, magari funziona male, ma è sicuramente autonomo.
Quindi stasera, per meriti di cronaca manifesta, devo riscrivere il mio tabellino delle priorità.
Gli umani di sesso maschile sono l’unica razza da sterminare prima degli umani di sesso femminile.

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Il chierico aveva una fame tremenda.
Da anni non sentiva una morsa così violenta.
A certi livelli, la fame, diventa molto più potente di qualunque saggezza o cautela.
La fame spinge a fare cose di cui non si è normalmente capaci, a correre pericoli per i quali non si è giustamente preparati, perfino, con il tempo,  tradire se stessi.
Benchè il chierico sapesse tutto questo, la sua sapienza non era di alcun aiuto.
Il mostro che nella sua pancia si agitava stava allungando neri tentacoli verso la mente, ed una volta raggiuntala le tetre terminazioni avrebbero dato sfogo alla rabbia del digiuno devastando la sua lucidità.
Non c’è ironia nella sorte, ma una calcolata e glaciale crudeltà premeditata.
Per questo il chierico si trovava su un sentiero di periferia, sul limitare delle rovine, circondato da rigogliosi frutteti.
In quel posto l’aria non era grigiastra e ammuffita, come nel centro, anzi, l’aria sembrava limpida e calda, tanto che il chierico si sentiva soffocare nella sua armatura, e il cielo aveva un colore che poteva essere definito… una buona imitazione dell’azzurro.
Il sentiero era recintato da un steccato di legno e da entrambi i lati alberi ricchi di frutti succosi si perdevano a vista d’occhio.
Mentre camminava rapito dal desiderio e sconvolto dal bisogno, il chierico vide una piccola scimmietta pendere da uno degli alberi appena al di là dello steccato.
Stava attaccata con la lunga coda prensile e osservava sconsolata i grossi frutti dell’albero, simili ad enormi ciliegie lucide.
Il chierico si fermò a guardarla e la scimmietta si voltò. Portava sul piccolo volto rugoso un’espressione indecifrabile, in bilico tra un sorriso scaltro ed una sconvolta tristezza.
" Guarda che bei frutti…tutto sprecato….non sono i frutti più belli che tu abbia mai visto? Non ti fanno venire fame?" cominiciò la scimmietta.
"Sono stupendi" rispose il chierico sull’orlo della commozione, mentre dal suo stomaco si levavano cupi brontolii.
La scimmietta lo guardò cinica "Belli? Ma smettila….non li vuole nessuno! Ehhh… però… quanto vorrei che qualcuno li volesse….."
"Beh guarda… io ho una fame che vedo le scimmie parlare!" ribattè il chierico.
"E come mai hai tanta fame?"  chiese la scimmietta.
"Non ricordo più l’ultima volta che abbia mangiato….specialmente mangiato di gusto.." rispose il chierico.
"Per forza…si vede benissimo che sei un coglione!" disse la scimmietta additandolo.
"E ti pareva…." riprese il chierico " e perchè di grazia?"
" Stai li a crepare di fame, con dei frutti succosi che ti pendono davanti alla faccia…solo un coglione lo farebbe, quello che non prendi non avrai mai!!" lo incalzò la scimmietta dondolandosi più vicino.
La fame del chierico non attendeva altro….
Slacciò il mantello, lasciò cadere la mazza,volò oltre la staccionata ed afferrò uno dei succosi frutti purpurei.
Nella sua mente l’imperativo era assoluto, la fame, coadiuvata dalle parole della scimmia avevano definitivamente abbattuto gli argini dell’inibizione. Era frutto o morte…
Ma in quel momento successe qualcosa che il chierico non aveva calcolato.
La piccola scimmietta scattò come un fulmine e gli fu addosso, cominciando a tempestarlo di una gragnuola di pugni talmente veloci da risultare invisibili.
Il chierico barcollò all’indietro lasciando andare il frutto. La scimmietta non mollava, sembrava una pallina impazzita, un lampo di colore rimbalzante, occasionalmente saltava contro il tronco dell’albero od il terreno per lanciarsi in un nuovo mitragliante assalto.
"ma..porc..cazz..scimm..merd…" il chierico sbracciava per cacciarla, indietreggiando con occhi pesti, ma la scimmia attaccava da ogni fronte, troppo veloce per essere intercettata.
Con un’ ultima evoluzione ruotò su se stessa colpendo il chierico sotto il mento con entrambe le ginocchia, il chierico fece perno sulla staccionata, ribaltandosi all’indietro e finendo di nuovo sul sentiero scompostamente accartocciato e livido.
"Ma.. giovine?! Cazzo ci siamo messi in testa se è lecito?" chiese la scimmia per niente provata dalla propria performance.
Il chierico pesto ed arrossato si mise a sedere massaggiandosi gli zigomi torturati.
"Ma….brutta scimmia del cazzo!  Ma se mi hai incoraggiato tu!" rispose.
"Ma io parlavo in generale, come linea di principio…mica ti ho detto di prendere i miei di frutti!"
"Ma…porca troia! Stavi pure tutta sconsolata che nessuno li voleva! Io sto pure crepando di fame!"
"Appunto! Che valore ha darli ad uno che sta crepando di fame? Io voglio essere sicura che vogliano i miei e solo i miei! E poi te non vai bene!"
"Scimmia….allora, cazzo mi dai del coglione? Almeno ficcati quella linguetta tra le chiappe pelose! Se ti dico che sto crepando di fame…..mi incoraggi in generale poi non mi dai un cazzo da mangiare?"
"In linea di massima si….sei tu che hai frainteso!"
"No sei tu che dici le cose a cazzo di cane, non io che fraintendo!"
"Come ti pare, tanto io ho la frutta…..se vuoi puoi tenerti la ragione. Se riesci a mangiarla…." ridacchiò la scimmietta.
"Non sei l’unica ad avere un albero sai?"
"Nemmeno tu sei l’unico ad avere fame……anzi, sono molti di più gli affamati dei frutti…..dai, adesso non te la prendere perchè ti ho pestato.." disse la scimmia sgranando gli occhioni scuri.
"ah, non me la prendo? Oltre al fatto che ho ancora la stessa fame, che mi hai preso per il culo, che mi hai  riempito di botte e alla fine abbia preso pure io la colpa……a parte questo non me prendo!
Nemmeno quando tornerò con una tanica di benzina ed una tascata di fiammiferi me la sarò presa, tranquilla!" ringhiò il chierico sputacchiando saliva mista a sangue.
La scimmietta alzò gli occhi al cielo, con espressione di rassegnata sufficienza "ehh, non capisco perchè fare tutta questa tragedia per così poco…"
"Ah, per te è poco, tanto sono io quello con la faccia pesta ed una voragine nello stomaco….comunque fottiti simmia! Te e chi ti ha malcagato!" gridò il chierico raccogliendo i suoi averi e incamminandosi sul sentiero.
"beh…dove vai?" chiese la scimmia.
"Torno al centro delle rovine, dove l’aria è grigia, dove almeno le colonne di marmo e le pietre non mi fan venir fame….e dove non ci sono scimmie malcagate che parlano a vanvera!" rispose il chierico senza voltarsi.
"Ecco! Lo sapevo! nessuno mi vuole! Tutti mi ignorano, i miei poveri frutti sprecati!" Cominciò ad ululare la scimmia con tono lamentoso.
Il chierico non si voltò.
Si chiese solo quanto tempo avrebbe impiegato per sgranocchiare un capitello di marmo…

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