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Posts Tagged ‘shame’

E' un coro di oscenità e menzogne, è un coro di oscenità è menzogne.
Tutto è teatro, tutto è teatro.
Scritto male, scritto bene, assurdamente assurdo e comicamente tragico. Appoggiato ad un muro, svaccato su una panchina, seduto ad un bancone… come hai recitato bene la tua parte di pagliaccio triste!
Che intensità, che interpretazione, che immedesimazione. Hai sudato più di una rockstar sotto quel cerone bianco, e sei stato ciò che non sei, per più tempo di quanto dovesti.
Ed ora, chi sei?
Sei salito, arrampicandoti, su palcoscenici altrui. Ti sei inserito in altrui duetti, cercando un controcanto di note gravi alle quali spesso non arrivavi. Perchè la natura ti ha dato talento senza darti abilità.
Non sei destro e non riesci nemmeno ad essere sinistro.
Perchè non sei inquietante ne minaccioso.
Hai lo stesso carisma di uno scudo umano, di un pupazzo da crash test, come villain.
Ti sarebbe piaciuto…..
…che i riflettori avessero puntato su di te.
Ma non era così. Eri tu che rincorrevi il loro ovale luminoso, sbattendo contro le coppiette che limonavano nell'ombra. Un caprone sudato vestito da giullare che insegue un cerchio di luce in un teatro buio.
E ti piaceva crederlo, di avere delle carte da giocare. Mentre il gioco si svolgeva intorno, sotto , dietro e al di fuori di te.
E dall'ombra ti pervenivano le risatine soffocate, i mugolii, i sussurri dei burattinai.
Il tuo istinto sapeva tutto, come se fosse luce accecante quell'oscurità vellutata. Vedevi e non volevi vedere. Capivi e non volevi capire.
Sai che tutti mentono. Omettono, distorcono, travisano e saltellano sulle semantiche. Il passo doble delle falsità ti circonda con uno scapliccìò soffocato.
Stanno ballando intorno al capocomico, le menzogne in tutù.
Chi, mai, commediografo sano di mente, punterebbe sulla realtà il riflettore?
Tu, solo, cerchi di essere onesto su un palcoscenico. Tu vuoi diventare il pagliaccio che impersoni, mentre tutti gli altri sanno che finito il lavoro il costume cadrà e rimarrà un miserrimo umano qualsiasi.
Ma tu non lo accetti. Tu vuoi essere commedia sempre. Vuoi che il sole sia il tuo riflettore, che il mondo sia una platea intenta ad osservarti.
Ma non è così.
Non una stella guardando verso terra si accorgerà di te. Gli sguardi che hai creduto rivolti a te guardavano le quinte, le seste, i camerini, l'uscita di servizio, i gatti in amore nel vicolo dietro il teatro.
Ogni cosa tranne te.
La verità è che non sei stato scritturato. Sei un debuttante allo sbaraglio.
Perfino ora, segui le tue speranze come l'aroma di una cucina lontana. Ti brontola lo stomaco perchè non mangi da troppo. La saliva offusca la ragione, in molteplici maniere.
Speri e non percepisci, annulli così l'unica abilità che veramente tu possieda.
Il tuo istinto, il tuo intuito, sapevano benissimo quello che stava succedendo. Sapevi il copione prima che gli attori aprissero bocca.
Ma era più bello illudersi che il copione fosse stato riscritto, per permetterti un'entrata trionfale. A sorpresa.
Sorpresa sorpresa:
La realtà è esattamente come l'avevi percepita.
La tua immaginazione l'ha edulcorata. Ed è cancerogena, maligna e tentatrice come un doclificante, la tua speranza.
Ora, visto che ci sei salito a forza, su quel tavolato, o caghi o tiri su le braghe.
L'unica cosa rimasta da fare è il tuo numero migliore, l'unico che ti riesca veramente.
Perchè se osservi attentamente, ti accorgerai di non essere in un teatro.
Sei in un giardino.
Sei su un piccolo piedistallo alto una spanna.
Il tuo sangue è un'arabesco di vene ed arterie di ghiaccio vestroso e fumante.
Le tue carni sono liscia, levigata, compatta e fredda pietra.
La statua.
Il personaggio definitivo, l'eternità del protagonismo.
Il più difficile dei ruoli.
L'eco della menzogna o della scusa giunge ovattato e distorto ai tuoi timpani di sasso. La pioggia non ti raffredda o scioglie.
Il tuo numero ora è fermo, sospeso nel corso del tempo; che tu attraverserai. Silente ed immobile.
Attendi un tentacolo d'erba, che avvinghii un tuo calcagno. Attendi che salga, che ti cinga i fianchi, che ti faccia sentire stretto e portante.
Una piccola cosa viva con la quale farai l'amore con assoluta fermezza e silenzio.
Fin quando non ti sbriciolerà.
Perchè se davvero vuoi fare il cavaliere, allora devi ammettere che l'unica vera funzione del cavaliere stia nel perdere da eroe, non nel vincere.
Egocentrico come sei, vuoi solo ruoli che sfiorino l'impossibile.
Perchè attendi l'unico applauso a te diretto che non sentirai mai:
IL TUO.

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Io sono un un uomo completamente teorico, con una propensione  onirica, una tendenza non pratica ed una discreta mimica.
In sostanza, pur possedendo un'ippopotamica mole pachidermica, mi muovo a mio agio solo negli elementi più leggeri dell'aria stessa, quali ad esempio il pensiero..o la fantasia.
Lungi dal voler giudicare tale peculiarità quale flagello o benedizione, rimane a gli atti una problematica piuttosto concreta: la vita richiede un approccio principalmente pratico.
Questo in ogni campo. Persino nei sentimenti.
Ogni progettualità onirica avrebbe bisogno di una controparte reale, se non proprio  identica, quantomeno dignitosa per approssimazione.
La mia ghignosità nello sforzo pratico è assoluta, invece.
Sono uno di quelli che preferisce non prendere la macchina perchè è angosciante cercare parcheggio. Sono uno di quelli che fa funzionare le cose a calci e pugni, piuttosto che ripararle. Sono uno di quelli che preferisce pregare che le cose non si rompano, piuttosto che manutenerle a dovere.
Sono inqualificabile. Come uomo, sono inqualificabile.
E come ad ogni uomo afflitto da una qualsivoglia lacuna, la vita non perde tempo od occasione per calcare la mano.
Essendo che la dimensione emotiva e psicologica, pur con le sue difficoltà, la so gestire, la mia vita è una collana infinita di sfighe pratiche.
Cose che si rompono, cose che non funzionano, cose che mancano.
Ed i soldi di conseguenza. Perchè se avessi denaro, pagherei qualcuno capace di colmare la mia falla, e sarei più contento io, più contento lui e più chiusi i buchi.
Ma ovviamente no.
Troppo facile.
Situazione monetaria perennemente fissa, come la linea continua e la nota sospesa di un elettroencefalogramma piatto.
Così siamo sicuri che me li devo sbadilare io, i problemi pratici.
Come se fosse una questione karmica. La mia missione in questa vita.
Ma io mi annoio….
Trovo il rubinetto che perde estremamente noioso. Trovo l'acqua che entra nella macchina assolutamente seccante. Trovo la neve unicamente disturbante. Trovo la logistica in toto monumentalmente ostacolante….
Eppure io non sono un impedito.
Faccio anche cose, con le mie manine piuttosto egregie.
Ho fatto anche dei bei plastici, ho intrecciato migliaia di anelli per armature di maglia, disegno discretamente, sono riuscito a cavarmela in ogni tipo di lavoro.
Ma un conto è una smaronatura pratica necessaria o scelta, un conto è una seccatura dovuta al caso.
In larga sostanza, è vero si che io sia un pigro, ma è anche vero che certe cose rompono il cazzo e non hanno senso. Vengono poste sulla strada dell'uomo, costano energie e concentrazione, ed appena rimosse dal percorso lasciano il posto ad altre entità dello stesso tipo, ma nessun tipo di arricchimento personale…
Se qualcuno avesse trovato il proprio percorso animico nel riparare grondaie, sarei ben felice se gli Dei spaccassero a costui le grondaie con cadenza regolare.
Ma potrebbero anche lasciare stare le mie. Perchè a livello personale, io e le smaronature tecniche non abbiamo molto da dirci.
Persino il sesso, a livello pratico rappresenta per me un problema.
Io non posso avere rapporti occasionali. Ormai è certo.
Perchè tutto l'apparato funzioni, per riuscire ad avere cerebro, spirito e pene della stessa idea, mi serve una palestra di allineamento piuttosto estesa.
Finchè tutto rimane sul piano onirico,  gli apparati funzionano anche troppo. Appena si sposta sul piano reale, ognuna delle componenti parte un pò per i cazzi suoi, manifestando la perdita di coesione con un clamoroso calo di rigidità… e non parlo di convinzioni…
Insomma, è un casino l'approccio pratico al mondo, per quanto mi riguarda. Perchè come tutti gli organismi troppo cerebrali… sono un pò troppo poco bestiale e ancor meno empirico.
Non mi interessa nemmeno sapere come funzionino alcune cose. Voglio che funzionino e fine. Perchè dove sulle cose sulle quali mi interroghi del funzionamento, mi grattugio già tutto il cervello disponibile.
Io guardo il rubinetto che perde. Ma in realtà vedo orchi a cavallo di cinghiali da guerra.
Guardo la donna nuda di fronte a me ed il mio pene sembra leggere il Times in pantofole.
Guardo la vita che scorre, senza capirne il funzionamento. E non capisco dove sia il guasto, ovviamente, ma mi sembra sempre che non funzioni.
Dovevo firmare il contratto con l'assistenza…..

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Comincio a pensare di possedere un insano potere.
Il tempo ed i fatti lo dimostrano da tanto, ma quando uno abbia una testa di marmo pieno come me, non è scontato che lo si capisca.
Il problema sta nel fatto che il mio potere, pur esistendo, è assolutamente invisibile. A me come  a gli altri.
E' un potere bastardo, perchè non ne possiedo assolutamente il controllo e, pur essendo invisibile, è di una potenza assolutamente inaudita. La sola condizione che tale potere pone è una: Se fuonziona radi tutto al suolo, se non funziona, non muovi nemmeno una piuma.
Io non so cosa sia.
Credo di essere un umano piuttosto particolare, per mille motivi. C'è chi è più sensibile a questi aspetti peculiari, c'è chi non lo è assolutamente.
E fin qui sarebbe tutto normale. Tutti dovrebbero riversare in tale condizione.
Ma quando queste peculiarità abbiano fatto breccia, mi trovo a gestire situazioni che assolutamente non sono in grado di concepire e governare.
Ho come il sospetto, ultimamente, che ci sia gente che faccia cosa in funzione di me.
Il che è sconcertante, visto che vengo da almeno sei mesi di malmostoso silenzio, in cui forse la cosa più ardita che io abbia fatto sia stato mordere le lenzula e bestemmiare mentalmente.
Eppure ci sono situazioni di cui sembra io sia, a torto o a ragione, un elemento catalizzante.
Gente in bilico sul filo cade. O peggio, si lascia cadere, come se qualcosa di me avesse assicurato di prenderla al volo. Non una dichiarazione, non un gesto. Semplicemente, sembro ispirare una fiducia naturale.
Ad ogni livello di rapporto, tranne quello lavorativo presumo (ho da far cose serie nella vita, lavorare è un cazzo di contrattempo).
Questa fiducia è piuttosto malriposta, specialmente in un momento come questo della mia vita, in cui la domanda più profonda che mi venga in mente è : "Mh…e …adesso?".
Inoltre, c'è un certo senso di responsabilità indiretta. Più o meno indiretta.
Possiamo anche giocare a nasconderella, ma il fatto che molti casini nascano da un mio intervento non è così casuale.
I miei compagni di strada non fanno questo effetto. Ispirano molte cose, credo, ma solo uno tra loro credo possa ispirare fiducia. Gli altri danno sensazioni bellissime, ognuno diversamente dall'altro, cose senza le quali la vita sarebbe ben peggiore, ma non hanno quasi mai questo potere terribile, su gli altri.
Terribile perchè ci sente come traditori di una promessa che non si sia mai fatta.
Per gente come me, essere all'altezza delle proprie aspettative (non di quelle altrui) è il vero nocciolo di una intera vita. Ed è un pò un casino sentirsi in pace con se stessi (nemmeno fieri, quella è fantascienza) di fronte alle facce deluse.
Ed è un pò strano sentirsi come me.
Il fascino o la bellezza sono poteri manifesti, ma in qualche modo non garantisti. Il fatto che un bello attragga, ma possa essere una merda di persona, è ben chiaro a tutti.
Il fatto che un coso come me attragga ( e attragga molto di più di quanto un sano di mente crederebbe) è di per se un mistero miracoloso. Ma quella forza attraente deve essere ad un livello molto più profondo, molto più criptico e immancabilmente più legante.
Alla fine un bello fa meno danni di un coso.
Con tutto che il bello magari è assolutamente abituato a fottersene, mentre magari il coso si rode pure la sacca scrotale.
E non avere mai il controllo, su un potere che leghi così fortemente, è un puttanaio senza confini.
Quando dico alla gente di evitarmi mi chiedono perchè. Io mi chiedo perchè non mi evitino. Mi chiedo perchè io sembri uno di quei famosi giochi che valgano la candela, quando io di mio non veda affato tutto questo valore.
Parlo sempre delle stesse cose, ne convengo, ma continuano a succedermi le stesse cose. In maniera anche più schiacciante.
E passare metà della vita a piagnucolare perchè qualcuno non ti voglia e l'altra metà a lamentarsi di qualcuno che ti voglia troppo è assolutamente ridicolo. Non rimane nemmeno il tempo per guardarsi un fim, nel mezzo…..

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Perdono.
Stavo, di nuovo, sognando.

Per una mente come la mia, basta veramente una scintilla per creare un incendio.
I brumosi confini del reame onirico sono un eccitante letale per la mia superbia, la quale rialza la testa e presenta il  conto, ogni volta che sogno e realtà si confondano.
Come Cyrano anche io, a volte, in una notte blu mi esalto, mi lascio trasportare, dimentico. Il cadetto avrebbe ritrovato la realtà nella sua ombra sul muro del giardino.
Io ho un enorme specchio in soggiorno.
La mia forma fisica è il metadone della mia superbia.
La mette a dormire, tranquilla come un cucciolo ben sazio.
E in qualche modo, vedo un equilibrio più saggio di ogni desiderio umano, quando questi elementi si confrontino. Se fossi stato piacevole alla vista, sarei un essere veramente insopportabile. Il mio ego macinerebbe ogni cosa sulla propria strada, in un’esplosione di anime sbrindellate, muscoli e nervi.
In realtà durante la notte pensavo di meritare ciò che mi circonda.
Pensavo che fosse corretto, che ogni cosa che mi appartenga sia rotta, vecchia, sporca, squallida… o stia facendo la muffa.
E’ bastato un fine settimana da "normale" per credere di essere normale.
Ma non lo sono. Fuori come dentro.
In realtà sono felice solo quando il mondo non risponda ai comandi. Perchè è ciò che mi aspetto, è ciò che mi ha cresciuto, ed in fondo ciò che mi competa.
Ho alzato di nuovo troppo la testa.
Sul momento sembra piacevole ma, riflettendoci a freddo, mi sento sempre un buffone.
Lo spettacolo mi usa, non sono io ad avere il controllo.
E perso nel sogno di un applauso scrosciante, mi lascio diventare bieco e meschino come un qualsiasi "collega". Mi abbasso al livello delle loro battute, mi inchino al punteggio dei goal presunti o strombazzati. Divento un camerata ubriaco e flautolento.
Perdo la dimensione del dolore. che è l’unico elemento in grado di riportarmi alla realtà.
Il dolore è l’unica droga che mi possa rendere sopportabile. Abbastanza intontito ed intorpidito da non rivelarmi fastidioso, per me stesso o per gli altri.
Cocktail di malumore stamattina. Senza zucchero.
Verso sera sarò nuovamente silenzioso e distaccato, e non romperò più le palle.
Scusate il disturbo che ho arrecato.
Cercherò di stare più attento, in futuro.

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Evviva evviva evviva! E’ giunto il di dì festa!
Voi tutti sulla piazza, coi copricapi in testa!
Venite a me  pulzelle! Vi accolgo sorridendo!
Per voi, solo per oggi, lo giuro: 
IO MI SVENDO!

Io son l’apocalittico, io sono l’occasione
avanti forza giovani, stringetevi al bancone!
Non celìo e non canzono, e’ tutto genuino:
prodotto di gran classe, del nobile suino!

Avanti il prezzo è basso, ma più non sconcertate!
Per chi non ha pecunia, mi abbasso anche alle rate.
I prezzi agevolati, vertiginosi i tassi
Che altro potrei fare, se invero non vi amassi?

“Per me non è il prodotto!” Mi dice signorina?
Ma sono assai discreto, può mettermi in cantina!
“Non è di bell’aspetto…” squittisce la bimbetta?
Ma il retro è molto meglio, nessuno se lo aspetta!

“Io, non avrei bisogno..” sentenzia la maestrina?
Ma so parlar d’amore, e invento anche in cucina!
“No, tanto ne ho già uno…”  cinguetta la comare?
Ma io son quasi nuovo, è ora di svecchiare!

Avanti non temete, chi acquista avrà un omaggio!
Non fatemi sgolare, mostratemi il coraggio!
 L’invidia sarà tanta, tra i vicini più curiosi,
io già li sento dire: “Voglio uno di quei cosi!”

Ma no! Non ve ne andate! Non lasciatemi in errore!
Io so far risa e musica… se serve anche all’amore!
Non prendo troppo spazio, non puzzo non mi ammalo!
Va bene, avete vinto, per voi… io: MI REGALO!

Tornate ve ne prego, ma dove cazzo andate?
L’offerta è quasi unica, dov’altro ne trovate?
Che altro posso fare? Aggiungere contante?
…si sa il mercato è pazzo, ma così è preoccupante!

Mi dica lei ragazza, perché non è convinta?
Tutto era veritiero, io mai potrei far finta!
Che dice? Non capisco…che ragione deficiente!
Per voi non vale nulla… quel che non costa niente????!!

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Caro Niki
Credo che tu sia un coglione.
Non è propriamente un accusa, la mia, come erroneamente potrebbe sembrare.
Essere un coglione non è, nella maggior parte dei casi, una scelta. Quindi non è propriamente una colpa.
Come un handicap, volendo.
Ora, nessuno muoverebbe colpa ad un disabile della non risoluzione della propria disabilità. Se nasci storto, sei storto.
Sempre che esista un dritto…
Ovviamente sarebbe troppo dispersivo includere in ciò che voglio dirti la relatività dell’osservatore. Tutti sembrano storti a tutti, alcuni anche a se stessi.
Io credo che tu rientri in questa casistica.
In realtà tu non hai alcuna cognizione dei tuoi poteri o delle tue lacune, e spesso fai un gran casino facendo passare gli uni per gli altri. La relatività è una gran bella cosa, ma almeno un punto fermo dovrebbe esistere, altrimenti è il caos, ed il caos genera  panico. Il panico, normalmente, è il padre di tutte le cazzate.
Chi abbia studiato la psicologia delle truppe da battaglia, come te, dovrebbe sapere benissimo che il panico può far perdere una battaglia meglio di qualunque altra arma.
Il fatto che tu sia così bravo a dissimulare il panico, nascondendolo sotto le tue ironiche maschere caricaturali, non signifca che tu ne sia immune. Il tuo modo di agire lo prova ampiamente.
Principalmente hai dimostrato ancora una volta di non sapere cogliere le occasioni, nemmeno se ti venissero annunciate da una campanella e servite su un piatto d’argento.
Questa tua filosofia del "vedremo come si evolve" è piuttosto fallimentare. Non è detto che si evolva nulla.
Il pesce da un assaggio all’esca, forse due… se non si tira la lenza nel momento giusto… il pesce è perso.
Si, lo so che non sai pescare, perchè rischi di impiccarti con la lenza e i vermi ti fanno orrore. Ma sai metaforizzare.
Per una volta, permettimi di metaforizzare per te, visto che scassi il cazzo a tutti con le metafore!
Inoltre non sai aspettare. Altro grande dramma peschereccio.
Tu prenderesti a bombe a mano il laghetto, non studieresti una montatura migliore.
Il problema è che non sempre si è muniti di bombe a mano, ed inoltre otterresti solo una purrea di pesce esploso……
Senza possedere queste due capacità fondamentali, pare comunque che il tuo unico interesse da tempo siano le avventure romantiche. Le quali, per lo più, si svolgono nel brumoso mondo della tua immaginazione.
Non hai più scritto una riga da mesi (a parte le solite cagate del blog), non hai più dato un colpo di pennello, di pennarello, di colore digitale. Non hai letto un libro.
O canti, o corri dietro alle sottane.
Ora, pare che tu non sia proprio l’ultimo delgi imbecilli a cantare (le ultime quotazioni ti davano come terzultimo..), ma a correre dietro le sottane sei senza ombra di dubbio il re degli imbecilli.
Ora, ciò che io mi chiedo, con ansia crescente, è il perchè di questo flagello.
Non ne sei capace, non hai alcuna possibilità intrinseca di riuscire nella tua impresa. Tu stesso lo dimostri da mesi.
Sembri un uomo senza gambe impegnato nel salto in alto.
Ora, come dicevo, non si può accusare un handicappato, ma è veramente tragico trovarsi di fronte ad un individuo che non sia in grado di accettare il proprio handicap, o quantomeno di percepirlo.
Non sai nemmeno tu dove sbattere la testa.
Questa tua ossessione per la vita amorosa ha completamente prosciugato ogni energia negli altri campi della tua vita, e purtroppo, in molti di questi campi eri molto portato.
E’ triste, per un osservatore esterno, vedere una tale spreco di energia e lavoro.
Questa è semplicemente dispersione pura.
Anzichè incanalare le energie che ti vengono da quello spirito particolare in qualcosa di costruttivo, preferisci sputtanarle in pensieri vani ed effimeri da teenagers sbronzo.
Viene quasi da prenderti a schiaffi. C’è gente che darebbe una fetta di culo (magari non sua…sai, gli umani..) per avere un briciolo di quelle doti. Doti sulle quali tu pisci e sputi regolarmente, ma che non sono così inutili.
Ti piangi addosso perchè sei un coglione, e secondo me, questa è l’unica cosa onesta che tu stia facendo al momento.
Il buffo di questa faccenda è proprio questo, in fondo. La crudeltà degli Dei si esprime in ciò che sei, dandoci prova certa della loro maligna presenza.
Dare tante doti speciali ad un imbecille che non sia in grado di governarle o sfruttarle, è senza dubbio una beffa di raffinata qualità.
Il mio invito, quindi, è quello di lasciare perdere tutte queste stronzate inconcludenti.
Sei, nonostante tutto, un essere intelligente. A volte hai addirittura slanci di genialità, ma negli ultimi tempi stai sprecando energia e tempo.
Cerca di usare questi elementi per cose più stabili. Torna a fare quello che sai fare.
Disegna, scrivi, dipingi, leggi e masturbati.
Non ti sputtanare i pochi doni concessi dal fato per le situazioni equivoche e le paranoie mentali che ti piacciono tanto.
Piantala di pensare all’amore, o al baraccone circense in fiamme che, nella tua mente, è l’amore.
L’amore non si appende al muro, non si stampa. L’amore non viene goduto da gli altri.
L’amore come lo concepisci tu… non esiste, Niki.
Devi fartene una ragione. Hai avuto qualcosa che ci andava vicino, per tanti anni.
Stai contento; a molte persone questo non capita in tutta una vita.
Passi il fatto che tu sia un coglione a livello imprenditoriale, tecnico e sentimentale.
Non esserlo anche in campo creativo, smettendo di fare qualunque cosa perchè se non ti batte il cuoricino e non si drizza il pistolino non scendi nemmeno dal letto.
Tu sei più di ciò che vuoi essere.
Nessuno ti chiede di diventare un artista famoso. Ma almeno cerca di divertirti mentre fai ciò che ti corrisponde; e questa è la fortuna più grande che tu abbia mai perso.
Non quella donna, non quell’occasione, non quel momento.
Il fatto è che non ti diverti più a scrivere, leggere, dipingere o disegnare (masturbarti te lo concedo…non siamo ancora a livelli fantascientifici).
Stai cercando una felicità consensuale quando potevi avere una felicità autonoma e autogarantita.
Chiunque dipenda da un elemento esterno è inesorabilmente schiavo di quello stesso elemento.
Io non amo vederti in catene.
Sei un coglione, ma non così tanto da amare la schiavitù, suppongo….

Sinceramente
N.Pancaldi

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Il ragazzo innamorato mi approcciò senza chiedere nulla.
Aveva bisogno di parlare, come ogni innamorato, di quel vulcano che gli esplodeva nel petto. Perchè l’innamoramento è una specie di eruzione, un incontenibile tumulto di energie in una gabbia di carne troppo angusta.
Cominciò a blaterare di una teoria sconclusionata, che sconfinava nella cabala esoterica.
L’oggetto del suo desiderio aveva scelto un numero, che era il numero a lui caro per una ricorrenza sua familiare non ben chiara, e diceva tutto questo con un sorriso più largo della faccia, un’aria mista, di imbarazzo ed eccitazione infantile.
Il suo sogno lo rendeva elettrico, energico; in una qualche misura luminoso.
Io sapevo, quanto il suo sogno sarebbe rimasto unicamente tale.
Io ero fuori.
Fuori dal suo spirito in esultanza epica, fuori dalle sue proiezioni speranzose, fuori dalla limitata visione dei coinvolti e degli sconvolti dell’amore.
Per un attimo, persi totalmente la mia abilità empatica e lo vidi in maniera oggettiva.
Il ragazzo innamorato sembrava un idiota.
Un idiota aggrappato ad uno specchio.
Vedeva segni dove non vi era alcun segno, trovava significati dove non vi era alcun senso, scovava coincidenze dove vi era solo casualità, dissotterrava nonsense da dare in pasto al mostro della speranza. Nonsense succosi e compatti, come bruni tuberi maturi dalla pastosa consistenza.
Nemmeno lo guardavo, in realtà. Continuavo a fissare il monitor, sul quale campeggiava il mio ennesimo lavoro da scimmia ammaestrata.
Poi tornai in me, o meglio in lui; perchè i vecchi automatismi non si uccidono con un colpo, per quanto ben portato.
Non è una capacità magica o sciamanica. Non provai una sensazione sconosciuta, bensì un sentimento ben noto.
Stavo implicitamente dando dell’idiota anche a me.
Io, che sono ero sempre innamorato quel tanto che bastava per dar vita al germe di un’illusione. Io, che ero sempre così proiettato fuori dalla realtà da sfumarla nei miei delirii. Io, che vedevo segni dove non vi erano segni, significati dove non vi era senso, che scovavo coincidenze e dissotterravo tuberi gravidi di nonsense.
Rividi me stesso, in mille occasioni, in mille serate, con lo stesso sorriso idiota a raccontare le medesime stronzate ai miei amici.
E loro, come me in quel momento, ascoltavano con l’orecchio della compassione il delirio dell’innamorato. O del preteso innamorato.
Ero stato idiota molte volte, e come il ragazzo in quel momento, non potevo tacerne. Perchè la pulsione era irrefrenabile. Dovevo raccontare per l’ennesima volta il deliro pressurizzato che voleva ad ogni costo uscire. Dovevo suggellare con il suono della mia voce un’idiozia per sentirla come verità. Dovevo vederla stampata sulle altrui pupille per toccarla, per riuscire ad accarezzarla in un momento fugace come fosse un oggetto solido.
Di rimbalzo, la pena che avevo provato per un fugace istante per lui colpì me.
Saltarono tutte le impalcature della mia cattedrale onirica, e la facciata di quel mostro di pietra che era la realtà mi apparve nuda e levigata, con la statica possanza di una monumentale tomba faraonica.
Era quello, forse il mio rovello più penetrante: La perdita di controllo dalla lucidità.
La malefica pozione del sentimento aveva ogni giorno attaccato la mia capacità di discernimento, mi aveva reso scodinzolante e ridicolo come un cane vestito da pagliaccio, mi aveva piegato e reso docile.
Di fronte a quel monitor, mentre ascoltavo il ragazzo innamorato, vidi due parti di me cozzare come guerrieri medievali, calando enormi spadoni di ferro sgraziato.
Quella bugia gravida di desiderio mi spingeva senza pietà verso un incubo dal quale cercavo di sottrarmi, e si vestiva di ogni panno desiderabile per camuffarsi nella folla dei pensieri. Era così, che capitava ogni volta.
E poi, come avrebbe fatto il ragazzo innamorato, avrei raccolto i cocci ed i cadaveri.
O avrei finito per rimanere preda del sogno che stavo sognando, mi sarei slacciato dal mio corpo e dalla realtà, ed avrei finito per languire, alla deriva, nell’attesa di una spiaggia che non sarebbe mai arrivata.
Lui stava ancora parlando, e forse aveva notato che io lo ignoravo.
Guardavo il monitor, il lavoro da scimmia, e pensai che in fondo tanto valeva.
Valeva la pena di uccidere la parte più profonda del mio essere, il fondamento creativo, per proteggere la parte emotiva.
Non sarei mai stato come un animale. Non avrei mai potuto ciondolare da un divano ad una sedia, dormicchiando ed attendendo la prossima ciotola. Avrei sempre avuto bisogno di rincorrere e cacciare una nuova emozione, e sarei sempre stato un essere sconfitto e miserevole, quando avessi fallito in tale caccia. Un carnivoro energetico, un predatore sociale.
Avrei voluto essere sempre come ero in quel momento, davanti a quel monitor.
Il cervello quasi spento, entre gli automatismi della ripetizione guidavano i nervi.
Le dita della mano sinistra correvano agili sulla tastiera come un ragno ipnotizzato costretto a danzare. La mano destra impugnava un topo cibernetico, esultando di onnipotenza per il controllo ottenuto su di una piccola freccia virtuale.
Niente da cercare o da creare. Automatismo.
L’emozione rende miserevole una macchina ben concepita ed adatta.
L’emozione, rende il mio essere inadatto.
Sono sempre innamorato, e non ricordo di esserlo stato veramente mai.

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Io non sono affatto normale.
Non che questo possa creare una qualsiasi forma di sorpresa, in me o nel mondo.
Ma a volte mi trovo preoccupante.
La vita si è fermata. In parte perchè ho frenato con entrambi i piedi, in parte perchè semplicemente le cose girano da sole, e a volte incappiamo in qualcosa. Più spesso attraversiamo un vacuo nulla per periodi interminabili.
Anche stare così tanto in casa non mi fa bene.
Certo, proprio per questo mi ero costruito una vita simile ad un tabellino di marcia, con orarii scanditi e appuntamenti fissi ai quali presentarmi.
Li , sul tabellino facevo a pezzi il tempo.
E scappavo. Scappavo dalla macina, dal tritacarne del mio cervello incessante. Alcuni dicono di avere i tarli nel cervello. Io credo che l’intero mio cervello sia un tarlo, che rode la mia vita con voracità insaziabile.
Ed eccolo qui. L’uomo che fugge. Imprigionato nelle sue mura, a guardare il mondo dalla torre.
Ma non mi sono fermato per un eccesso di masochismo.
Non ho fermato le molte cose che avevo in mano per capriccio. L’ho fatto scientemente, con cosgnizione di causa.
Perchè andavo, è vero.
Ma non sapevo dove.
Forse scappavo perchè il passato mi inseguiva per i corridoi di un albergo disabitato brandendo un’ ascia…..
Non sono più un codardo, nè un pauroso.
Ho imparato ad affrontare il dolore sfidandolo. Anche se questo è grande, e molto più forte di me.
Essendo pazzo, parlo ancora con la Druida.
A volte sono solo, davanti al computer, e mi sfreccia nel pensiero una domanda, un’affermazione, uno stimolo.
E rispondo. A voce alta.
A volte mi lancio in monologhi lunghissimi, anche discretamente interpretati, come se di fronte a me vi fosse una platea adorante.
Non c’è nessuno. Non so nemmeno se molte di queste reazioni io le abbia perchè uno spirito mi stia realmente stimolando o solamente perchè, a volte, dal tombino del subcosciente sfugge qualcosa.
Il baratro della rimozione non è assolutamente chiuso in maniera ermetica…..
Questa notte, dopo il solito monologo con la Druida, mi corico beato. E mentre sto per addormentarmi sento un casino pazzesco nello studio.
Ora, dopo aver parlato per un’ora con qualcuno che non c’è più, non è tanto rilassante una cosa del genere.
Mi alzo, con il pelo del collo bello ritto, e vado controllare.
La pila di album fotografici contenenti le foto di molti anni fa (e molte con la Druida) che stava beatamente appoggiato su una mensola da giorni, era sparso per tutto lo studio. In una casa completamente chiusa, immobile, abitata solo da me e da un coniglio in una gabbia.
Che deve fare un pazzo a questo punto?
Riprende il monologo.
Si, sarei da rinchiudere. Ma il mondo occulto di cui mi occupo da una vita è fatto così. E’ fatto di: "è vero se ci credi", un pò come la religione. Non mi è mai apparso un fantasma, e li sono andati a cercare ovunque, con determinazione e sprezzo del terrore.
Le ha ribaltate uno spirito le foto?
Chi se ne frega….
La cosa preoccupante è il tizio che fa i monologhi, da solo, in casa.
Certo è strano. Qualcuno potrebbe anche pensare che mi metta la vestaglia della nonna e mi masturbi nella Nutella.
Non ho ancora provato.
Il problema è che ho ancora tante, tante, tante, tante, domande. E non c’è più la persona che potrebbe rispondermi.
Continuo ad andare avanti, non mi fermo. Ma loro lavorano silenziose, sotto.
Ciò che rimane è una croce solo mia, che non mostro mai apertamente.
E’ una specie di sicurezza; che tutto ciò che potevo avere l’ho avuto, ed ora niente mi soddisferà più.
Quindi non ho direzione. Il futuro rimane un pannello grigio e bidimensionale.
Io lotto per non impazzire, ma il passato ha lunghissime dita dalla morsa ferrea.
Lo slancio interpretativo è forse l’unica cura. Il monologo libera cose sopite. Spesso non penso quello che dico, mi ascolto da solo e mi sorprendo. E’ come una scrittura automatica, una seduta ipnotica autogestita.
Mesmerismo autoindotto.
Io non sono abbastanza pazzo per guadagnarmi un letto al manicomio e pasti caldi gratis. Ma nemmeno tanto normale da sentirmi come il resto delle persone.
Forse è una condizione ibrida in cui quasi tutti riversiamo.
Ma non mi vergogno più di tanto.
Non mi drogo, non sono un fannullone, non picchio la gente, non rubo, non vado nemmeno con le prostitute (e questo forse sarebbe meglio farlo). Sono solo scemo.
Non è un delitto. Ma nemmeno un gran sguazzo….

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Nerding.
Solo nerding.
Perchè in fondo, a ben vedere, sono un nerd.
Sono uno di quei tipi occhialuti, e fisicamente sfatti, che sfogliano le tabelle cartacee riportanti i danni inflitti dalle spade a due mani, su manuali di gioco di ruolo.
Sono uno di quelli che studia il pentagramma; e fa più ore di prove di coro che vita sociale.
Sono uno di quelli che usa il congiuntivo, o almeno, mi sforzo di farlo.

Videogioco, dimensione ultima dell’estraneamento.Un week-end intero passato solo ed unicamente a guardare il monitor, con il mouse impalmato come un organo esterno, ma comunque appartenente. Senza fare nulla di costruttivo, ovviamente, solo videogioco online. Stavolta si chiama Aion, un ‘ambientazione di angeli e demoni, ma più o meno la stessa vita virtuale: "Mi manca un punto per craftare quello", "cazzo ho gathering basso!", "non trovo gruppo per la quest elite..", "metto questi cosini all’asta, vediamo se li comprano", "che palle la quest è dall’altro lato della mappa!", "Lag. Sono morto…".
Un pò come diversi amori, nel corso di una vita; i videogiochi. Sembrano sempre una nuova promessa, all’inizio; tutto un altro mondo…
Poi trovi il boss che non va giù, il punto in cui non capisci cosa devi fare, il punto impossibile in cui mandi tutto in culo e passi ad un altro gioco.
Sempre diversi all’inizio. Ma solo all’inizio…

Forse, se fossi nato prima dell’epoca dei computer, sarei divenuto uno scrittore od un pittore. O un drogato. Ma poco importa. Lui, il computer, mi fornisce la droga legale per fuggire dal mio letamaio personale, la mia realtà.

Mi sono reso conto, da poco, che qualunque scelta io avessi fatto in questi ultimi, cruciali, anni avrebbe comunque portato al disastro. Anzi, tra tutti i disastri, sono riuscito a scegliere quello più morbido, più infido, ed in fin dei conti letale.
Un passo avanti e due passi indietro. Questo è quello che faccio, sempre.
Perchè il nerd torna ad essere se stesso, nel lungo periodo.
Ho cambiato l’abito, per un poco, ma non sono monaco più di quanto lo fossi prima.
Solo che prima, in qualche modo ci credevo. Credevo che uscire fuori, incontrare, conoscere, movimentare, non valesse la pena. Nerdare si.
Ora sono affato sicuro che non valga la pena nessuno dei due.In realtà, e questa è la cosa più tragica, nerdo perchè è meno faticoso. E basta.
Sto in mutande, scorreggio, fumo, mi gratto lo scroto di fronte allo schermo ed aspetto di avere i bulbi oculari cotti, poi vado a letto.
Eccola qui, a cosa servirà mai tutta questa intelligenza che il prossimo sembra rilevare in me? Se possedessi l’intelligenza di un pollo d’allevamento, di una mucca in batteria, sarebbe identico. Con la differenza che produrrei merda, nella migliore delle ipotesi, non latte o uova.
In realtà, l’intelligenza è solo limitante. E’ una dote sovrastimata. Occorrerebbe essere furbi, al massimo, e scaltri.
L’intelligenza è l’habitat ideale del nerding. Impara, studia, capisci, confronta, incrocia i dati, enuclea, elabora.
E poi apri il porno e sfogati, che hai anche un corpo, benchè tu lo stia ignorando.
Poca voglia di vestirmi, di lavarmi, di parlare.
Psicologicamente sono ridotto ad un barbone. Sento i rintocchi lontani di una campana triste, una campana che suona a morto ad ogni alba, all’aprirsi delle mie palpebre.
L’ho già sentita, e solo ora capisco quanto fossi in realtà felice in quel tempo.
Quindi questo presente, che a me pare tanto inutile ed orribile, potrebbe essere comunque meglio di ciò che mi aspetta.
Un pensiero confortante.
Goditi i tuoi topi morti; perchè finiti quelli mangerai merda.

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Siedo sul divano.
La mia mente è un incessante meccanismo sferragliante che non si concede mai riposo.
Eppure sento solo bisogno di quello.
Riposo.
Gli Watchman dal televisore mi rigurgitano addosso una saga di eroi caduti, di angeli cinici, di feccia intenta nel proteggere la merda. Eppure hanno potere. Alcuni di loro almeno.
Altri lo possedevano, come me.
No,sul divano nessun potere, non più.  La corsa è finita, il ciclo è concluso.
Dopo tanto sudore e fiato corto, qualcosa si è fermato, se n’è andato con l’estate, e anche il suo ricordo comincia lentamente a svaporare.
Niente più corse, niente più fame, niente più da dimostrare a me stesso.
Squassato dai brividi mi accorgo che i termometri elettronici hanno un difetto di fondo, che i buoni vecchi vetri al mercurio non possedevano. La pila.
La pila si scarica, prima o poi.
Non saprò se io abbia la febbre o meno, il bastardo resta spento.
Il bastardo che misura la temperatura è finito, come il bastardo che desidera provarsela.
Due bastardi su di un divano da tre… c’è ancora posto.
Avrei avuto cose da fare, le avrei avute.
Ma le sto ignorando. Inespressivo ed immobile come un dipinto fremo sul divano. Non so se sia il tempo.
Non so se sia ciò che ho fatto, se siano le regioni per cui l’ho fatto, ma in qualche maniera la mia anima ne è rimasta lacera. Più che se avessi ucciso un uomo.
Sono diventato un mostro stupido e ignorante, preda dei proprii appetiti. Uno di quei  mostri che ho sempre deriso.
Sarei diventato demone, se avessi potuto. Ma vestire la pelle gommosa e maleodorante di un ottuso troll è il colmo.
Che genere d’uomo posso mai essere?
Ascolto le voci pressanti di chi mi chiede preoccupato se io stia bene, se non stia impazzendo.
Un pazzo, che scrive sulla rete le bestialità teatrali con cui si droga, per non pensare alla vita.
Perché ogni singola droga serve per dimenticarsi della vita.
E visto il successo che hanno, il giudizio sulla vita non lo sto dando io.
Lo da il mondo intero.
L’unica differenza è che io non mento, anzi, dipingo.
Dipingo le frasi perché, a volte, il dipinto di un orrore è molto più incisivo di una foto dello stesso.
Quando si debba pensare a ciò che si veda, ricostruirlo all’interno, il messaggio penetra ogni barriera. C’è chi ha talento nel dipingere soli e campi di grano. C’è chi imbratta le tele solo di interiora ed ossa.
Sono un uomo preoccupante. Ma non da poco.
Da tanto, forse da sempre.
Avrei cose da fare, ma non voglio farle.
Perché fatalmente non mi importa più di nulla.
Da ormai quasi mille giorni terrestri non mi sono dato pace. Ogni attimo di solitudine, ogni momento di pausa, ogni panorama senza occasione mi sono sembrati sconfitte. Tempo perso.
Uccidi il tempo, pazzo?
Ma se è l’unica cosa che hai….
Non mi importa nemmeno di lui. E’ una stanchezza infinita, un dolore per ogni attimo di veglia.
Una richiesta d’oblio, per una volta unanime, di anima e corpo.
Hai sbagliato tutto, sapendo che niente può essere sbagliato. E questo è un pensiero ancora peggiore, perché almeno stare dalla parte del torto definirebbe una posizione.
Questo…. questo è altro.
E’ un turbine di sensi di colpa, di cose inadempiute e brandelli di cose fatte, di cose morte. E’stare sul divano, avere freddo, tanto freddo, sapendo che non è così bassa la temperatura. Mi chiedo se il meglio non sia già venuto, se abbia bevuto il calice dolce fino in fondo. Tanto dolce non è mai stato, ma quello amaro è veramente indicibile.
No, ho avuto altre pause, anche durante le corse. Le conosco.
Questa è altro. Questa non è una pausa.
E’ il segnale che il combustibile è finito, lo spirito chiama dalla sala macchine e manda cordialmente tutti a fare in culo. Il corpo si ferma, che lo voglia o meno.
Hammer, o come diavolo si chiama, è d’accordo con la mia teoria (o io con la sua, ma.. chissene..).
Il grande morbo che miete vittime e non si ferma parte all’interno di noi, da qualcosa che scava, come un tarlo rodente. Secondo i miei calcoli dovrei averne già tanti.
Poveri Watchman. I supereroi banditi dal mondo, nascosti, perseguiti da loro stessi, dall’ombra di un passato glorioso.
Io, credo che molti pensino cose del genere. Molti le scrivano meglio di me. Ma almeno a me devo scriverle io.
Per ricordarmi che una corsa non sempre porta più lontano, o in posto migliore. L’unica certezza di una corsa è il fiatone.
Striscerò nel letto, a chiedermi di nuovo quanti demoni travestiti da umani io abbia incontrato, e quanti ne abbia impersonati.
A volte le lame calano contemporaneamente, mentre affetti qualcuno altri ti affettano.
Non ho tempo per avere la febbre.
Non ho tempo per la depressione.
Non ho tempo per gettare la spugna e rimuginare.
Fanculo.
Me lo prendo.
Uccidetemi, abbandonatemi, torturatemi. Non mi alzo più da questo divano!
Anche mentre passeggio al vostro fianco, in realtà, io sono la…..

Mentre metto l’ultimo punto entra mia sorella.
Dice che alcune belle ragazze con cui è uscita mi aspettano di sotto, per salutarmi.
Le dico di salutarmele. Rimango con piagiama e Word.
E’ una scelta di campo. Anche non combattere è una scelta di campo.

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